Bloccato a Milano dall’emergenza coronavirus, impossibilitato a ripartire e anche a rischio sfratto.
E’ la surreale situazione in cui vive, da due settimane, un 19enne aquilano, Matteo D’Innocenzo, che ha avuto prima la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato e poi la disavventura di rimanere intrappolato nelle maglie della kafkiana burocrazia italiana.
E’ lui a raccontare a NewsTown la sua storia: “Sono salito a Milano i primi di marzo perché avevo trovato lavoro a tempo indeterminato in una gelateria del centro. Prima di partire, avevo sostenuto un colloquio a distanza, che era andato bene. Mi avevano detto che, dopo qualche giorno di training, avrei preso servizio e firmato il contratto il 12 marzo. Visto che la prospettiva era quella di trasferirmi lì in pianta stabile, sono salito con parecchi bagagli prendendo in affitto una stanza per un mese su Airbnb”.
Nel frattempo, però, l’emergenza deflagra in tutta la sua gravità. Arrivano i primi decreti del governo che limitano gli spostamenti, la Lombardia riventa zona rossa.
Nella notte tra il 7 e l’8 marzo, migliaia di persone prendono d’assalto la stazione centrale per tornare a casa. Non Matteo, che decide di rimanere: “Non sono ripartito subito sia per rispettare le disposizioni del governo sia perché il datore di lavoro mi aveva detto che, finita l’emergenza, cioè ad aprile, avrei iniziato a lavorare. Tornare all’Aquila avrebbe significato accollarsi di nuovo le spese del viaggio”.
Il resto lo sappiamo: man mano che passano i giorni il quadro generale si fa sempre più complicato, la Lombardia diviene la regione italiana più colpita dall’epidemia, il governo applica altre strette sugli spostamenti.
Si rifa vivo il proprietario della gelateria, che dice che, data la situazione, chissà quando potranno riaprire e allora addio anche offerta di lavoro. A quel punto, Matteo si decide a fare i bagagli ma nel frattempo scopre che abbandonare Milano è diventato praticamente impossibile, se non per comprovate e gravi necessità.
“Dopo varie telefonate a vuoto, riesco finalmente a mettermi in contatto con la Regione Lombardia” racconta “Gli spiego qual è la mia situazione e mi dicono che ho il permesso di tornare a casa”.
Tutto sta a trovare un mezzo per farlo. E lì sorge un altro problema. Le corse bus delle compagnie private sono state tutte soppresse, idem i voli aerei. Scartata l’ipotesi di far salire qualcuno dall’Aquila – i suoi familiari non possono andare a prenderlo e comunque le ordinanze e i decreti del governo glielo vieterebbero - l’unica soluzione è il treno.
“Provo a prenotare un biglietto per Roma ma ben presto mi accorgo che è impossibile. Italo ha cancellato tutte le corse, da Trenitalia mi dicono che è in atto una rimodulazione degli orari a causa della quale c’è solo un treno che parte la mattina alle 9:45. Faccio ripetuti tentativi ma poiché, per rispettare le distanze di sicurezza, hanno dovuto ridurre il numero dei posti prenotabili, i pochi biglietti a disposizione diventano introvabili e la procedura di acquisto online si blocca. L’alternativa è andare direttamente in stazione, con il rischio concreto, però, di rimanere lì in attesa chissà per quanto tempo nel caso non trovi nulla”.
Confinato nel suo appartamento, da dove può uscire solo per fare la spesa, Matteo riceve un’altra brutta notizia: “Nonostante sappia in che situazione mi trovi, il proprietario mi telefona per dirmi che se voglio continuare a rimanere anche dopo il 31 marzo devo pagare un altro mese di affitto. Richiamo allora la Regione per sapere se per quelli che sono rimasti bloccati negli alberghi o in altre strutture ricettive e sono impossibilitati a ripartire è prevista qualche forma di rimborso o di contributo ma mi dicono di no. Mi suggeriscono di rimanere dove sono, cosa che non posso fare, a meno di non finire tutti i soldi che mi sono rimasti”.
“Mi trovo in un vicolo cieco. La Regione mi dice che posso ripartire ma al tempo stesso non mi mette in condizione di farlo e mi nega qualsiasi forma di aiuto. I giorni passano e tra un po’ dovrò lasciare l’appartamento. Rischio di finire in mezzo a una strada. Non voglio soldi, solo uscire da questa situazione. Spero che qualcuno possa darmi una mano a tornare a casa”.