La Regione Abruzzo lascia a secco l’Adsu L’Aquila e 233 studenti universitari (su oltre 1200 beneficiari) rimangono senza borsa di studio.
Con una determina risalente allo scorso 9 aprile, il Dipartimento Lavoro/Sociale, che fa capo all’assessore Piero Fioretti, ha assegnato le risorse del Fondo regionale per le borse di studio, che è il fondo tramite il quale l’ente finanzia, ogni anno, le tre aziende per il diritto allo studio abruzzesi (Teramo, Chieti e L’Aquila).
La legge prevede che il diritto allo studio sia finanziato dalle regioni in quota parte con lo Stato. Un’ulteriore quota è poi finanziata dagli stessi studenti tramite le tasse universitarie.
In Abruzzo la Regione dovrebbe provvedere almeno per il 40% del Fondo integrativo statale ma è da tempo che ciò non accade. Non c’è anno che le organizzazioni e le associazioni studentesche non protestino perché, a causa delle risorse risicate che vengono iscritte a bilancio, lo scorrimento delle graduatorie si blocca e centinaia di beneficiari rimangono senza soldi.
La storia si è ripetuta anche quest’anno.
Per il 2019/2020, lo Stato aveva destinato all’Abruzzo, tramite il FIS, 7,6 milioni, per cui la Regione avrebbe dovuto corrispondere circa 3 milioni.
Lo stanziamento, però, è stato molto più basso, pari a 1,4 milioni. Soldi che avrebbero dovuto essere ripartiti tra le tre Adsu regionali, proporzionalmente al fabbisogno.
Se non fosse che la determina del 9 aprile ne ha assegnati 1,2 milioni a Chieti e 187 mila a Teramo, lasciando L’Aquila a bocca asciutta.
L’esclusione è stata motivata dicendo sostanzialmente che l’Adsu L’Aquila avrebbe potuto coprire il proprio fabbisogno (che per il 2019/2020 era stato inizialmente calcolato in 769 mila euro, anche se la stessa azienda aveva poi comunicato alla Regione che in realtà era più alto e ammontava a un milione) usando gli avanzi di amministrazione maturati nel triennio 2015-2018 (5 milioni di euro); e che ciò sarebbe potuto avvenire sulla scorta dell’articolo 5 della legge regionale n. 9 del 6 aprile 2020, che ha stabilito che, causa emergenza Covid, le aziende per il diritto allo studio potevano “utilizzare gli eventuali avanzi di amministrazione allo scopo di perseguire i propri fini istituzionali”.
Gli avanzi di amministrazione, dice però una legge dello Stato - il dl 118/2011 - possono essere usati solo per alcuni scopi, tra cui la copertura dei debiti fuori bilancio, gli investimenti, l’estinzione anticipata dei prestiti e le spese correnti non permanenti. Se si tratta delle Adsu, non possono essere impiegati a copertura delle borse di studio e degli altri servizi erogati agli studenti, essendo, queste, tutte spese correnti permanenti.
La Regione non poteva fare quello che ha fatto. Tant’è che, con una successiva delibera, la 233 del 28 aprile, la giunta ha provato a correggere il tiro, confermando la determina ma impegnandosi al contempo a trovare, a fronte di una riprogrammazione finanziaria, “le risorse necessarie ad assicurare il pagamento delle borse di studio a tutti gli studenti risultati idonei nelle graduatorie approvate dalle Adsu”.
Si tratta, però, com'è evidente, di un impegno del tutto generico e alquanto aleatorio. Tanto è bastato, però, alla giunta, per autorizzare le Adsu a procedere con gli scorrimenti integrali delle graduatorie.
Cosa che l’Adsu L’Aquila non potrà fare, a dispetto delle dichiarazioni della presidente del Cda Eliana Morgante - rilasciate abbastanza irritualmente con un comunicato inviato via mail dall'indirizzo di posta personale - non avendo soldi in cassa e non potendo usare, per le ragioni dette prima, gli avanzi di bilancio.
Risultato: 233 studenti continueranno a rimanere ancora senza borsa, in una situazione di oggettiva difficoltà, aggravata dall’emergenza sanitaria.