E dunque, la giunta regionale ha approvato la proposta di legge relativa alla “Nuova disciplina del Parco naturale regionale Sirente Velino e revisione dei confini”, che ora sarà posta all’attenzione del Consiglio regionale per la prosecuzione dell’iter.
Di fatto, con la scusa di rivedere la normativa che regola il funzionamento del parco adeguandola alle nuove esigenze, soprattutto con riferimento alla governance, il vice presidente della Giunta regionale Emanuele Imprudente ha dato il via libera alla riperimetrazione.
Sia chiaro: il procedimento era stato avviato nella passata legislatura, quella di centrosinistra, con l'allora assessore Donato Di Matteo; altrettanto chiaramente va spiegato che a sollecitare il provvedimento sono stati i sindaci, in particolare della Valle Subequana. Fatta la premessa, va detto che la Regione ha lasciato il parco commissariato dal 2015, non garantendo i dovuti finanziamenti per renderlo davvero operativo, e bisogna pure aggiungere che il piano del parco è ancora, colpevolmente, in attesa d'approvazione.
Sta di fatto che le motivazioni addotte per la riperimetrazione sono le seguenti: la prima, l'emergenza dei danni da fauna selvativa (soprattutto cinghiali); la seconda: le difficoltà connesse alla ricostruzione post terremoto che trova rallentamenti procedurali legati alla presenza dei centri abitati all'interno del perimetro del parco.
La prima motivazione è risibile: è chiaro che il problema della fauna selvatica non si risolve ridisegnando su mappa i confini del Parco, è persino banale ribadirlo; la seconda è strumentale: a 11 anni dal terremoto, con la ricostruzione dei borghi in stato avanzato - a rivendicarlo sono i sindaci - parlare ancora di rallentamenti procedurali è incomprensibile, considerato pure che si tratta di un problema puntuale, che andrebbe affrontato, e risolto, attraverso una interlocuzione tra sindaci, Usrc, Soprintendenza e Regione che potrebbero modificare le norme, se necessario. E invece, si preferisce semplicemente tirare fuori i centri abitati dal parco.
Ora, non è affatto chiaro come si intenda "trasformare il parco in una opportunità", parafransando Imprudente, considerato che, in quanto strumento di tutela dei valori ambientali e naturali, i confini dovrebbero essere definiti su basi scientifiche e non disegnati su mappa sulle esigenze squisitamente politiche dei sindaci pro tempore. Come ha giustamente sottolineato il Forum abruzzese dei movimenti per l'acqua, nella media valle dell'Aterno il fiume "entra ed esce" dal parco non sappiamo quante volte "e addirittura fa da confine in alcuni tratti, per cui una sponda è parco e l'altra no, alla faccia dell'ecologia". Pensate alle gole di San Venanzio: un po' parco regionale, un po' fuori parco (per circa 1/4 del totale!) e un po' riserva naturale. "Immaginate un turista olandese che percorre un sentiero a settembre in una gola rocciosa, cioè un ambiente unitario; tranquillo cammina nella pace. Poi ad un tratto incontra 10 cacciatori che sparano. Poi fa altri due km e, rimanendo nelle gole, rientra in una zona protetta. Che pensa? Ah, nel frattempo i territori esclusi comunque resteranno Zona di Protezione Speciale per gli uccelli a livello comunitario - chiarisce il forum H20 - per complicare ancora un po' la vita a progettisti, aziende e turisti".
Non solo.
La decisione assunta dalla Giunta regionale è antistorica e anticiclica, in un momento in cui si discute di rilancio dell'economia puntando sulla tutela ambientale, sulla sostenibilità e sulla riconversione ecologica, in cui i borghi stanno ritrovando centralità per i loro valori naturali e ambientali, in cui si registra una riscoperta del turismo lento ed esperienziale delle aree protette come risposta all'emergenza covid, e basterebbe parlare con gli operatori per comprendere appieno le opportunità che la particolare fase storica potrebbe riservare alle zone protette delle aree interne.
Ciò non significa magnificare i parchi abruzzesi, anzi: ci sono state delle disfunzioni che hanno generato un senso di rabbia e frustrazione delle popolazioni verso le aree protette che sono assolutamente comprensibili. In particolare, il Parco regionale Sirente Velino non ha mai svolto il ruolo che avrebbe dovuto, in termini di tutela e di rilancio sociale, economico e culturale del territorio. Tuttavia, è ora di guardarsi in faccia e parlare con franchezza: oltre alle richiamate responsabilità della Regione che, negli anni, ha lasciato il parco in stato d'abbandono, vanno sottolineate le mancanze dei sindaci che non hanno saputo, o voluto, gestire le risorse che, comunque, sono arrivate per lo sviluppo dell'area protetta, interpretando il parco come "strumento" politico di visibilità personale o peggio di gestione di piccoli interessi più che come una occasione di rilancio di comuni in via di spopolamento e privi di una visione di futuro.
Ci sono sindaci che governano da anni, che hanno avuto incarichi importanti nel parco e che, oggi, dinanzi al fallimento della loro gestione, chiedono che venga ridimensionato, cavalcando la rabbia delle comunità che le loro mancate scelte ha alimentato; ce ne sono altri che, approdati alla guida dei comuni di recente, si fanno promotori della riperimetrazione e, d'altra parte, ambiscono alla guida politica dell'ente per tornaconto personale.
"Si sta applicando il principio sempre raccomandato dalla UE in tutte le sue direttive in materia ambientale, cioè che le Comunità locali debbano esercitare un ruolo primario nei processi decisionali indispensabile per la funzionalità e l’efficacia delle politiche nelle aree protette", ha sottolineato Imprudente; ebbene, bisognerebbe informare le popolazioni su cosa non ha funzionato, in questi anni, su quanti fondi sono arrivati al parco e come sono stati spesi, su chi ha avuto incarichi e come li ha esercitati, e riportando quali risultati. E bisognerebbe informare le comunità sulle possibilità che un'area protetta è in grado di schiudere ai territori laddove si è in grado di coglierle.
Bisogna parlare in modo chiaro, diretto: se il parco è considerato un'opportunità, sindaci e Regione dovrebbero porre le condizioni affinché possa esprimere le sue potenzialità; altrimenti, va trovato il coraggio di cancellarlo. E' inutile nascondersi, ipocritamente, dietro riperimetrazioni che, viene spiegato, "non incidono sostanzialmente sulle peculiarità ambientali" - e chi lo ha detto? - e che invece destrutturano l'idea stessa di area unitaria protetta.
Ci si dovrebbe spiegare, però, che tipo di vocazione s'intende restituire a territori che non hanno altra opportunità che scommettere sui loro valori ambientali e naturali: non ci sono altri sviluppi possibili, non ci sono altre occasioni di rilancio economico e, dunque, sociale per borghi che, con un parco spezzatino e, per questo, nient'affatto attrattivo, sono destinati ad un inesorabile declino. Verrebbe da chiedere ai sindaci su che idea di futuro stiano lavorando. Invece di battersi per riportare i servizi nei comuni, anche attraverso scelte coraggiose e innovative, invece di puntare su una mobilità sostenibile capace di rendere attrattivi i borghi, anche attraverso politiche abitative lungimiranti, puntando sul parco come strumento di costruzione di una vocazione chiara e riconoscibile, a livello turistico e non solo, si preferisce cedere a qualche piccolo gruppo d'interesse cancellando una opportunità per il solo motivo di non averla saputa cogliere.
Una scelta che potrà pure far vincere le prossime elezioni, ma che segnerà il declino inesorabile dei territori del Sirente-Velino.
Sinistra Italiana: "Scelta scellerata, ci si mobiliti contro questo scempio"
"Le recenti notizie riguardanti l’imminente riperimetrazione del Parco Regionale Sirente-Velino ci lasciano perplessi e amareggiati. Prendiamo atto dell'indirizzo politico della giunta regionale, che ha evidentemente scelto di accantonare la dicitura di 'polmone verde d'Europa' programmando invece per la nostra regione un futuro fatto di caccia, cemento e di regresso nella tutela del patrimonio naturale abruzzese. La scelta di tagliare dal nuovo perimetro ampie porzioni di territorio del Parco adducendo tra le motivazioni principali i danni da fauna selvatica nasconde in realtà il preciso intento di dare via libera all'attività venatoria nei territori in cui ad oggi il Parco è ancora in grado di tutelare e salvaguardare habitat di specie animali e vegetali autoctone, alcune delle quali a rischio estinzione".
A dirlo è la segreteria regionale di Sinistra Italiana che ricorda come il Parco Regionale Sirente-Velino ospiti numerosi habitat e specie tutelati dalla legislazione europea: su di esso insistono la Zona a Protezione Speciale (ZPS) “Sirente-Velino”, tutelata ai sensi della Direttiva Uccelli (79/409/CEE), e i tre Siti di Importanza Comunitaria (SIC) “Monte Sirente e Monte Velino”, “Serra e Gole di Celano - Val d'Arano” e “Colle Rascito”, tutelati ai sensi della Direttiva Habitat (92/43/CEE).
"Se anche la riperimetrazione non dovesse interessare alcuna di queste aree (la cartografia allegata alla delibera di giunta regionale relativa alla riperimetrazione appare di difficile consultazione in merito a tale punto), andrebbero effettuati studi approfonditi in merito alla possibilità che il cambiamento dei confini del Parco precluda quella continuità ecologica che come ha recentemente sottolineato il professor Luigi Boitani sulle pagine di Repubblica in riferimento ad una delle specie totem della nostra Regione, l’orso bruno marsicano, dà la possibilità alle specie animali e vegetali di sostenersi, assicurando così funzionalità degli ecosistemi e i conseguenti benefici alle comunità locali e non solo", aggiunge Sinistra Italiana.
Appare pertanto quasi surreale il fatto che questa decisione venga presa a pochi mesi dalle meravigliose immagini che il Presidente della Comunità del Parco aveva condiviso con noi, quelle dell'orso bruno marsicano a passeggio in quei boschi che oggi la Regione vorrebbe consegnare nelle mani di chi, per proprio piacere, in quei boschi vuole tornare pronto a premere il grilletto.
"Ci colpisce positivamente la premura del Vicepresidente regionale Emanuele Imprudente nel dichiarare che la riperimetrazione deliberata non avrà impatti significativi sulle peculiarità ambientali delle meravigliose aree naturali del Parco, vorremmo tuttavia sapere se, e quali, studi scientifici lo stesso Vicepresidente si sia dato pena di promuovere e/o raccogliere per poter fare in piena sicurezza un'affermazione di tale importanza. Se è vero, come sostiene Imprudente, che la riperimetrazione del Parco è voluta anche da parte della popolazione dei Comuni attualmente ricadente nei confini di esso, e che la condivisione della tutela ambientale con le comunità locali è uno dei principi cardine della legislazione europea in merito alle aree protette, è anche vero che quest’ultima, così come la nostra legislazione nazionale, richiede che interventi e modifiche nel contesto di aree protette andrebbero sostenuti anche da adeguati studi di impatto ambientale".
Questa riperimetrazione, inoltre, ha un altro chiaro scopo, quello di nascondere l'incapacità del governo di questa Regione nel gestire un Ente che, se messo in condizione di funzionare, non ha nulla da invidiare agli altri Parchi d'Abruzzo. "L’obiettivo è chiaro: i danni da fauna selvatica andrebbero contrastati come nel resto dei Parchi del mondo, mediante aiuti, incentivi e risarcimenti, azioni che la giunta non ha alcuna intenzione di fare; meglio quindi riperimetrare e permettere la caccia, due piccioni con una fava, con buona pace di amanti della natura ed escursionisti che dovranno indossare l'elmetto per godere di quei meravigliosi boschi delle zone oggi soggette a riperimetrazione. La giunta regionale vuole riportarci indietro di un secolo, cioè a quando a causa della caccia indiscriminata giustificata in base ai danni da fauna selvatica alle attività zootecniche e agricole, l’Abruzzo rischiava di perdere specie autoctone come il lupo e l’orso bruno marsicano, e vedeva definitivamente scomparire dal suo territorio la lince eurasiatica. Ci auguriamo che tra gli alfieri di questo disegno di riperimetrazione non ci sia l'ariete pescarese che vuole candidarsi a Presidente del Parco".
Al contempo, Sinistra Italiana si augura che i consiglieri regionali di opposizione non sostengano questa sciagurata decisione "ed anzi si adoperino per contrastarla in Consiglio regionale; in caso contrario dovremo constatare che gli appelli alla tutela ambientale, alla sostenibilità ed alla riconversione ecologica come volano per lo sviluppo delle aree interne altro non erano che esercizi di retorica. A nulla valgono gli appelli dei popoli di tutto il mondo, a nulla valgono i moniti della comunità scientifica, alla maggioranza regionale a guida Lega non interessa la tutela ambientale, se quella tutela significa perdere l'approvazione di quella che è a tutti gli effetti una lobby, quella dei cacciatori".
Il Circolo di Sinistra Italiana L’Aquila e la Segreteria regionale di Sinistra Italiana Abruzzo, dunque, condannano questa scelta scellerata della giunta regionale e chiedono a gran voce una mobilitazione contro questo scempio. "Il futuro della regione Abruzzo, delle sue meraviglie naturali e dei suoi borghi, passa attraverso la valorizzazione e la tutela ambientale. Per questo motivo riteniamo che il Parco Regionale Sirente-Velino non vada riperimetrato ma potenziato, assicurandogli le risorse e le personalità necessarie ad una sua corretta gestione".