Giovedì, 25 Giugno 2020 08:35

Di Giulio: "I parchi sono il patrimonio che ci contraddistingue e che rende il nostro territorio unico e desiderabile"

di  Alessio Di Giulio*

Sono un operatore turistico e culturale e non voglio entrare, con questo mio contributo, nell’infinita diatriba - “parco sì o parco no” - sulla conservazione della natura e sui vincoli, più o meno condivisi, che essa comporta. Voglio piuttosto sottolineare alcune peculiarità che un parco implica sotto il profilo squisitamente economico.

Cominciamo dal considerare la maggiore o minore “vendibilità” di un territorio verso target di turisti – in costante crescita - sensibili alle bellezze della natura nelle sue più svariate accezioni: appassionati di bird-watching, di passeggiate in natura, di erbe spontanee, di fioriture, di ascolto di lupi (wolf howling) e di bramiti di cervi, di “bagni” di rilassamento e meditazione in natura, e così via. Per tutte queste innumerevoli e variegate categorie di potenziali ospiti, il fatto stesso di dichiarare un territorio “parco”, costituisce una garanzia ed una straordinaria attrattiva che – se ben organizzata, condotta e promossa - può fare la differenza verso territori consimili non protetti.

Certo è che questo genere di fruizioni turistiche richiedono - oltre a una rigorosa protezione della natura e all’assenza di attività incompatibili come quella venatoria - competenze specialistiche legate alle diverse modalità di fruizione ed anche tutte quelle infrastrutture minori che consentono a tali tipi di turismo di attuarsi (sentieri, capanni per l’avvistamento della fauna, radure erbose per lo yoga e la meditazione all’aperto, micro officine per la riparazione delle biciclette). Quindi, dichiarare un territorio “parco” è condizione indispensabile ma non sufficiente a promuovere questi tipi di turismo, in costante espansione e capaci di coprire, nella loro diversità, buona parte dell’anno solare con un costante flusso di ospiti.

Non dobbiamo andare molto lontano, del resto, per verificare quanto sto dicendo. Poco tempo fa, mi trovavo, nel primo autunno, in un ristorante del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise: allungando l’orecchio verso i tavoli vicini dove sedevano clienti di diverse nazioni, ho verificato che si parlava di bramiti, di lupi, di appostamenti per vedere l’orso… E tutto questo in autunno, quando nella nostra valle dell’Aterno e in gran parte del Parco del Sirente Velino non c’è quasi più traccia di turisti.

Quindi ribadisco: serve che il territorio sia conosciuto come area protetta ma servono anche competenze, infrastrutture di base e l’accreditamento del parco verso determinate “tribù” di appassionati di natura.

Spesso qui da noi tutto ciò è carente o non organizzato.

Altro aspetto crescente sotto il profilo economico è quello legato alla compra-vendita di “quote” dei cosiddetti “servizi eco-sistemici”, cioè di tutti quei servizi e benefici che un territorio agro-forestale come il nostro offre ai suoi abitanti ed alla popolazione esterna (fornitura di acqua, di aria pulita, di bellezza del paesaggio, “sequestro” dell’anidride carbonica nel fusto degli alberi). Oggi, un crescente numero di grandi imprese, in varie parti del mondo ed anche in Italia, per compensare l’impatto della loro attività produttiva sull’ambiente, è disposto a finanziare gli enti che gestiscono i territori e garantiscono la manutenzione dei suddetti servizi: così nell’Appennino settentrionale Barilla e Leroy Merlin hanno finanziato la manutenzione dei boschi, mentre una serie di fondazioni americane, legate a compagnie aeree, si preparano a finanziare progetti di gestione dei territori rurali del Mediterraneo, dove la maggior parte dei loro clienti si reca in vacanza.

Certo è che nessuno investe in aree dove il soggetto gestore è debole o non è conosciuto e credibile. Chi di noi lo farebbe, a rischio di averne un ritorno d’immagine negativo?

Per consentire un flusso di finanziamenti di questo tipo sul nostro territorio, è perciò necessario avere un soggetto gestore di area vasta, forte e credibile come solo un parco o un’istituzione analoga può essere.

Il fatto che un territorio sia compreso in un parco lo rende, quindi, automaticamente più garantito e certificato verso i potenziali investitori. Non così per i tanti micro-comuni del nostro territorio.

Un terzo aspetto è quello relativo al valore degli immobili. Con la ricostruzione dei nostri splendidi centri storici, ci troviamo ad avere un miriade di edifici restaurati che, non di rado, sono per i proprietari un grosso problema perché non riescono ad affittarli né a venderli mentre sono chiamati a pagare IMU, Tarsu e utenze. Se vogliamo che questi immobili recuperino valore economico – oggi ai minimi - e divengano la dimora o la seconda casa per nuovi cittadini permanenti o temporanei, dobbiamo renderli appetibili e far sì che essi vadano incontro al “sogno di felicità” che i nostri borghi rappresentano per tanti abitanti delle aree urbane.

L’essere in un parco o meno, fa la differenza e sempre per lo stesso motivo: per chi ci guarda da fuori, il parco è implicitamente garanzia di qualità dell’ambiente e contenitore tangibile di una mondo intatto e mitico che tanti abitanti delle città sognano.

Quindi, anche qui il parco è garanzia e strumento di promozione ma va da sé che, se non è affiancato da competenze di marketing immobiliare e da servizi di base (internet, ristoranti, negozi di prodotti alimentari tipici, trasporti pubblici efficienti ecc), non può fare la differenza. Di nuovo, il parco è indispensabile ma non è sufficiente.

In questi giorni della quarantena da Covid i nostri parchi sono stati l’aspirazione e la fantasia di tanti costretti in angusti appartamenti urbani. Sempre di più la magica parola “parco” può rendere un territorio più attrattivo verso le tante persone che vivono in aree compromesse sotto il profilo ambientale.

Ma forse una cosa che tanti abruzzesi non apprezzano a pieno è che la nostra regione è conosciuta in Italia e all’estero, quasi esclusivamente per i suoi parchi: anzi, per essere la “regione dei parchi”.

Quando da ragazzo vivevo a Milano e cominciavo ad impegnarmi per l’ambiente, per me il Parco Nazionale d’Abruzzo era un mito ed un luogo fatato: la prima volta che ci sono entrato, l’ho fatto con la stessa emozione e con l’ossequio con cui si entra in una antica cattedrale, ed ancora oggi è lo stesso: i parchi sono il patrimonio che ci contraddistingue e che rende il nostro territorio unico e desiderabile. Quasi nessuno viene da noi per andare solo a Fontecchio, a Fagnano o ad Acciano ma per andare nei parchi d’Abruzzo.

Negli anni abbiamo perso per strada questa consapevolezza ed i parchi sono diventati spesso – per gestioni sbagliate o carenti ma anche per l’inerzia di comunità locali al lumicino - i “nemici” ed i capri espiatori per tutti i mali: spopolamento, cinghiali, abbandono, declino economico, invecchiamento.

Non è così!

I parchi se ben sostenuti, finanziati e gestiti possono essere uno straordinario strumento di rilancio, in grado di attrarre persone nei nostri paesi e di riportare la vita. Opportuna giunge la notizia della prossima istituzione delle Zone Economiche Ambientali che andranno a finanziare i territori dei comuni compresi nei parchi (per ora solo i nazionali ma probabilmente poi anche quelli regionali come il nostro). Come pure opportuno diventa lo strumento della Strategia delle Aree Interne, alla cui stesura ho collaborato per il nostro ambito, che mira a colmare le carenze di servizi, opportunità, infrastrutture minori, trasporti che rendono spesso più difficile la vita nei nostri territori e li rende meno attrattivi.

Quindi piuttosto che ridurre la superfice protetta e creare così un’onda d’immagine negativa, verso i tanti potenziali fruitori, per il nostro parco e per l’Abruzzo, bisogna rilanciarne l’immagine con forza e – assieme ai suddetti strumenti finanziari presto disponibili - farne il motore di rilancio dei nostri borghi e delle nostre piccole straordinarie comunità, con le loro infaticabili amministrazioni.

Dopo dieci anni di sventure – fra terremoti, slavine, crisi economica e covid – ci meritiamo anche noi un sogno che sappia diventare realtà.

*Alessio di Giulio – referente del Centro di Educazione Ambientale “Torre del Cornone” di Fontecchio (AQ)

Ultima modifica il Giovedì, 25 Giugno 2020 09:07

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