Martedì, 04 Agosto 2020 22:29

Dopo le fiamme: ripensare il rapporto tra la città e le sue montagne

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Alla fine è arrivata la pioggia a spegnere (si spera definitivamente) gli incendi che hanno distrutto i boschi delle montagne di Arischia, Pettino e Cansatessa e hanno tenuto per sei giorni col fiato sospeso e il cuore gonfio di tristezza settantamila aquilani, tanto angosciati quanti increduli dinanzi all'ennesima prova di sopportazione e resistenza a cui il destino li ha messi davanti.

Il bilancio di questa settimana di emergenza è pesantissimo: secondo le prime stime sono circa 800 gli ettari di vegetazione andati in fumo, ma sono calcoli arrotondati per difetto, la portata della distruzione potrebbe essere ancora più ampia.

E' una ferita molto più profonda e dolorosa di quella inferta dall'incendio che nel 2007 incenerì S. Giuliano e il bosco di Madonna Fore. E lo è sia per la maggiore ampiezza del danno sia perché, a scatenare le fiamme, questa volta è stata la mano di qualcuno che ha agito deliberatamente, scientemente, con precisione e calcolo quasi chirurgici.

Insieme agli alberi, è andato in fumo un deposito di storia, identità e memoria. Per gli aquilani, queste montagne erano (sono) un simbolo, un fattore identitario. Lo ha spiegato bene lo storico Walter Cavalieri: "Il Passo del Dottore, la via dei Cipressi, la Rocchetta, Croce Cozza, la Madonnina, Monte Pettino, erano da sempre la palestra naturale per tenerci in allenamento e sfidare ogni tanto qualche altura più severa. Ma erano anche luoghi spirituali dove trovare pace interiore, solitarie meditazioni, solidali confidenze oppure allegro passatempo collettivo".

Ci vorrà tanto tempo per far rivivere quei boschi: dieci, quindici anni, forse anche di più. Ci vorranno tanti soldi - e speriamo che non vada a finire come per S. Giuliano, per la cui bonifica ci sono 3 milioni di euro fermi da anni - ma ci vorranno soprattutto passione, dedizione, idee e progetti nuovi, perché è chiaro che andrà ripensato profondamente e radicalmente anche il rapporto che unisce questa città alle sue montagne e al suo territorio.

La pioggia che ha spento il fuoco, dieci minuti dopo ha sommerso la città, mettendo in mostra altre sue fragilità. Ma le strade, ha osservato qualche minuto dopo il diluvio Quirino Crosta dell'associazione culturale Frazioni Fraintese "si allagano per lo stesso motivo per cui non si spengono gli incendi: perché non c’è manutenzione, né monitoraggio, né capacità di gestione. Programmazione e pianificazione farebbero la differenza".

Ultima modifica il Martedì, 04 Agosto 2020 23:04

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