"Dicono che c'è lo spopolamento. Quando perderemo il San Massimo [l'ospedale di Penne, ndr] e, definitivamente, il diritto a curarci, ci sarà l'azzeramento. I paesi abbandonati rovineranno e le campagne incolte non le vorranno più neanche i cinghiali, i tassi e gli istrici che mio padre a 83 anni contrasta con i suoi recinti. Nessuno potrà dire che non sapeva. Lo avremo voluto".
E' il monito di Donatella Di Pietrantonio, dentista pediatrica a Penne, scrittrice di successo, Premio Campiello nel 2017 col capolavoro 'L'Arminuta'.
In un editoriale pubblicato su L'Espresso, Di Pietrantonio affronta il tema dello spopolamento delle aree interne abruzzesi, parlando della prevista chiusura dell'ospedale di Penne attraverso il racconto di una esperienza personale.
Un articolo, il suo, che è un atto d'accusa verso la politica che, pur non assumendo la responsabilità di chiudere gli ospedali così detti minori, taglia posti letto, personale e reparti, fondi destinati alla manutenzione, condannando a morte le aree interne.
Di seguito, l'editoriale.
"L'altra mattina ho accompagnato mia madre in ambulanza all'ospedale di Penne. Il nostro è tra quelli che da anni sono candidati alla chiusura, nei vari piani di rientro della spesa sanitaria della Regione Abruzzo. Nessuno poi si assume la responsabilità di chiuderli veramente, sarebbe troppo impopolare. Intanto tagliano posti letto, personale e reparti, fondi destinati alla manutenzione. E' una morte lenta. L'intonaco si stacca, il pavimento in linoleum si alza qua e là, viene riparato con un nastro adesivo grosso e resistente.
Resistente come noi, che ci ostiniamo ad abitare in questi posti dell'Italia interna, così belli, dicono. Noi lo sappiamo, siamo i restanti.
Conosciamo questa bellezza minore e struggente. Restiamo attaccati ai borghi, alle colline ancora coltivate dai vecchi e da pochi giovani che combattono contro ostacoli di ogni genere - la burocrazia, soprattutto.
All'ospedale di Penne afferiscono circa 50.000 utenti, dai comuni vicini e dalla fascia pedemontana. Se non ci fosse dovrebbero recarsi a Pescara, 30 chilometri in più, su queste strade.
Dicono che cìè lo spopolamento. Quando perderemo il San Massimo e, definitivamente, il diritto a curarci, ci sarà l'azzeramento. I paesi abbandonati rovineranno e le campagne incolte non le vorranno più neanche i cinghiali, i tassi e gli istrici che mio padre a 83 anni contrasta con i suoi recinti. Nessuno potrà dire che non sapeva. Lo avremo voluto.
Per dieci chilometri ho visto mia madre sobbalzare ad ogni buca, pezza sull'asfalto, tratto dissestato per frana o smottamento del terreno. Nonostate la doppia cintura di sicurezza scivolava da un lato. L'ho tenuta abbracciata nei punti più critici.
Le infermiere della chirurgia l'hanno accolta con dolcezza. Il chirurgo che l'ha operata è venuto a salutarla prima di smontare dal turno. Le ha parlato chiamandola per nome, le ha sorriso con gli occhi".