Si allontana definitivamente la riapertura delle piste da sci, che il Governo aveva previsto per il 7 gennaio.
Il Comitato Tecnico Scientifico ha bocciato le linee guida che le regioni avevano approntato per permettere il ritorno degli appassionati sulle piste. A preoccupare particolarmente sono le funivie e la vendita di skipass che potrebbero creare code e assembramenti.
In ogni caso l’eventuale apertura degli impianti di risalita potrà avvenire solo nelle regioni in “zona gialla” e solo dopo una rivalutazione epidemiologica. In sostanza una nuova data ancora non c’è (negli ambienti circola comunque un’ipotesi di riapertura per l’inizio di febbraio) e va trovato un accordo sui biglietti.
La prima criticità messa nero su bianco riguarda gli impianti: “Una parte rilevante dei mezzi di risalita nei comprensori sciistici (in particolare cabinovie e funivie) presentano caratteristiche strutturali e di carico tali da poter essere assimilati in tutto e per tutto ai mezzi utilizzati per il trasporto pubblico locale (autobus, filobus, tram e metropolitane), rappresentando pertanto un contesto a rischio di aggregazione medio-alto, con possibilità di rischio alto nelle ore di punta in base alla classificazione del livello di rischio di contagio da SARS-CoV-2. Deve pertanto prevedersi un’efficace riorganizzazione del sistema degli impianti di risalita da affiancare a misure di prevenzione e protezione collettive e individuali che necessitano, comunque, della collaborazione attiva degli utenti che dovranno continuare a mettere in pratica i comportamenti previsti per il contrasto alla diffusione dell’epidemia”.
“Potrà essere ammessa una occupazione al 100% delle seggiovie, con obbligo di indossare la mascherina chirurgica o di comunità e il divieto di abbassare la calotta antivento ove presente”. Se invece “dovesse rendersi necessaria la chiusura della calotta (ad esempio per condizioni meteo avverse o temperature eccessivamente basse) dovrà necessariamente prevedersi la riduzione della capienza al 50% anche per le seggiovie, fermo restando l’obbligo di mantenere la mascherina durante tutto il trasporto”. Diversa la previsione “per gli impianti chiusi (cabinovie e funivie) dove va operata la riduzione della capienza al 50% a cui associare sempre l’uso obbligatorio della mascherina”.
Altra preoccupazione riguarda la vendita degli skipass che dovrebbero garantire un numero massimo di persone sulle piste. “S si sottolinea la necessità di declinare criteri chiari per la definizione di tali tetti massimi che tengano conto non solo delle quote giornaliere ma anche di quelle settimanali e stagionali – scrive il Cts – Vuol dire che “andrebbe anche previsto un sistema di prenotazione che possa consentire una gestione strutturata del numero di utenti che possono effettivamente accedere ai comprensori sciistici ed ai relativi impianti di risalita in ogni singola giornata, anche attraverso il coordinamento non solo (come già previsto) con i rappresentanti di categoria e le Autorità Sanitarie competenti, ma anche con i rappresentanti delle strutture ricettive”.
E poi si temono anche le code per l’acquisto dei pass. “Devono potersi applicare a tutti i contesti sul territorio nazionale, è necessario mettere a punto misure idonee ad evitare assembramenti ed a ridurre le occasioni di contatto in tutte le realtà in cui la verifica del titolo di viaggio nel corso dell’intera giornata non possa essere svolta con modalità contact-less, soprattutto nei prevedibili momenti di maggiore afflusso”. In ogni caso vanno “aggiornate le linee guida — equiparate al trasporto pubblico — le cui misure, comprese le eventuali deroghe, erano state delineate nel corso dello scorso mese di luglio 2020, in una fase della pandemia caratterizzata da un numero stabilmente molto basso di nuovi casi giornalieri in condizioni di bassa incidenza”.
Ma per l’Anef , l’associazione italiana esercenti impianti a fune, la situazione è critica: “Siamo consapevoli – ha detto la presidente Valeria Ghezzi – che non sarà possibile aprire il 7 gennaio, vista la situazione sanitaria sul nostro Paese e la pressione sui servizi sanitari, ma per le nostre aziende l’avvio della stagione potrebbe avere senso solamente entro gennaio, o al massimo entro i primi giorni di febbraio, perché per far partire le nostre attività non basta girare una chiavetta e non possiamo metterci in moto e garantire tutte le condizioni di sicurezza per poche settimane soltanto”.