Ci ha lasciati Salvatore Gualtieri, protagonista e memoria storica del movimento contadino e comunista di Pratola e della Valle Peligna. Aveva 97 anni.
I funerali si terranno oggi pomeriggio, alle 16, nel Santuario Madonna della Libera di Pratola Peligna.
Salvatore Gualtieri nasce il 7/04/1923 a Pratola Peligna, da Cesidio e Caterina, lavoratori della terra. Frequenta la scuola fino alla terza elementare, impossibilitato a proseguire gli studi per ragioni economiche. Lavora prima come contadino e poi come operaio, presso lo stabilimento Montecatini-Nobel di Pratola.
Chiamato per il servizio di leva il 25 luglio 1943 (aviazione a Gaeta), rientra a Pratola dopo le vicende dell’8 settembre, assistendo così, per circa dieci mesi, alle conseguenze dell’occupazione nazifascista del territorio (rastrellamenti, rappresaglie, stragi, sfollamenti, distruzioni di interi paesi e di infrastrutture, deportazioni in Germania, penuria di generi di prima necessità, razzie, requisizioni, coprifuoco, mercato nero, leggi e tribunali di guerra, ecc.). Gualtieri subisce più volte il reclutamento forzato per i “servizi di lavoro”, ossia i rastrellamenti attraverso i quali i nazifascisti reclutano manodopera servile da impiegare al servizio della Wehrmacht per i lavori di fortificazione della Linea Gustav.
Dopo la liberazione del comune (9/06/1944), Gualtieri prende parte alle riunioni per il reclutamento dei combattenti volontari che vanno ad unirsi alla Brigata partigiana Maiella.
Terminata la guerra entra nel Partito comunista. Partecipa alla campagna elettorale per le elezioni della Assemblea costituente e per il Referendum istituzionale.
Dopo le elezioni del 1948 si ritrova, come tanti altri lavoratori, disoccupato, a causa della dura linea economica liberista imposta al paese dal governo. Nel mese di ottobre emigra clandestinamente in Francia, attraversando le Alpi a piedi, e si mette in cerca di lavoro. Catturato insieme ad altri lavoratori clandestini, viene internato in un campo per immigrati e quindi rimpatriato. Emigra allora in Venezuela, dove lavora come operaio per alcuni mesi.
Rientra a Pratola, dove torna a lavorare come contadino e dove sposa, il 26/10/1950, Silvana.
Prende parte alle dure lotte di classe di quel decennio: contro la disoccupazione dilagante e contro l’emigrazione; per conquistare migliori salari e migliori condizioni di lavoro; per negoziare contratti collettivi; per conquistare forme di controllo operaio sulla produzione; per reclamare l’istituzione di cooperative di lavoratori agricoli e boschivi; per attenuare le precarie condizioni alimentari della popolazione; per il diritto alla casa; per chiedere l’avvio dei lavori per la ricostruzione di edifici, strade, ponti, acquedotti, fognature, linee ferroviarie, centrali elettriche ed altre infrastrutture distrutte dalla guerra. Subisce per questo denunce e processi.
È consigliere comunale durante la giunta del sindaco comunista Dante Di Pietro. Ha rapporti con Enrico Berlinguer, segretario della Federazione giovanile comunista, e collabora per lungo periodo con Federico Brini, Vittorio Giorgi, Alvaro Iovannitti. Nel 1971 è tra i militanti che presidiano e difendono la sede della Federazione comunista dell’Aquila, incendiata dai fascisti.
Il 22 ottobre 1972 è a Reggio Calabria, nel comitato d’ordine della grande manifestazione contro il terrorismo fascista e per il rilancio economico e occupazionale del Mezzogiorno organizzata dai metalmeccanici Cgil, Cisl e Uil insieme ai sindacati degli edili e alla Federbraccianti Cgil. Nell’ottobre 1977 è tra gli organizzatori della grande mobilitazione pratolana contro la disoccupazione, promossa dalle sezioni comuniste della Valle Peligna, dai dirigenti della Federazione comunista provinciale, dalle leghe dei disoccupati di Pratola e di Sulmona.
Altri episodi della sua vita, quasi sempre connessi alle vicende sociali, economiche e politiche del territorio, si possono leggere nel suo diario “Una vita passata fra la campagna e la politica”, ricordi raccolti e trascritti dai nipoti Salvatore e Marco Gualtieri, stampato nel 2015.
di Edoardo Puglielli