Sono iniziate, all’Aquila, le prime vaccinazioni anti Covid per gli ultraottantenni.
L’ambulatorio del S. Salvatore - che in questi giorni è impegnato con le somministrazioni dei richiami al personale medico-sanitario e ai pazienti delle Rsa nonché con gli inoculi delle prime dosi alle forze dell’ordine - ha accolto le prime 30 persone, tra quelle che si sono prenotate tramite la piattaforma regionale.
Il vaccino usato per gli ultraottantenni sarà, per il momento, quello Pfizer.
La prima vaccinata è stata la signora Italia Luzi, classe 1926, residenti nel comune di Montereale.
Almeno per le fasi iniziali, la campagna vaccinale di massa contro il Covid sarà effettuata all’interno del S. Salvatore. Nei prossimi giorni, tuttavia, dovrebbero essere allestiti altri punti vaccinali in strutture e immobili messi a disposizione dal Comune alla Asl. Uno di questi è il musp dell’ex Mariele Ventre a via Ficara, che potrebbe arrivare a ospitare 8 “linee” di somministrazione/inoculazione.
Altri spazi che l’amministrazione ha indicato sono l’ambulatorio “Tre angeli per la vita” a S. Gregorio, l’ex tribunale a Bazzano, la palestra del liceo Scientifico. A questi si aggiungono anche palazzo Del Tosto, a via Roma, e l’hub della Croce Rossa di Monticchio. Si sta ragionando anche sull’uso della palestra della scuola sotto ufficiali della Guardia di Finanza, a Coppito, e sulla caserma Campomizzi ma dipenderà, ovviamente, dalla disponibilità che dimostreranno esercito e Fiamme Gialle.
Il modello organizzativo dovrebbe essere insomma quello della campagna di screening ma l’ultima parola spetterà alla Asl. Mettere su un ambulatorio vaccinazioni contro il Covid non è una cosa che si possa fare ovunque. Oltre alle postazioni vere e proprie, servono anche zone o salette di attesa e stanze dove tenere i vaccinati in osservazione per 20/30 minuti dopo la somministrazione.
Il piano logistico/organizzativo, in buona sostanza, è ancora tutto da scrivere.
Molto dipenderà, prima di tutto, dal numero di dosi e anche dai tipi di vaccino che arriveranno. Per febbraio, per esempio, è previsto che alla provincia dell’Aquila vengano consegnate 20mila dosi tra AstraZeneca, Pfizer e Moderna. Ma considerando che tutte necessitano del richiamo e che AstraZeneca non può essere somministrato agli ultraottantenni, a conti fatti 20mila dosi significano circa 10mila persone vaccinate. Un po’ poche.
Non si sa ancora, inoltre, come ci si organizzerà nei piccoli comuni, specie quelli montani. I sindaci, ad oggi, non sono ancora stati consultati. Biondi ha proposto di usare la rete di poliambulatori della Asl presente sul territorio (nella zona dell’Aquilano, per esempio, ci sono S. Demetrio, Montereale, Navelli, Rocca di Mezzo, Castelvecchio Subequo, Pizzoli, Tornimparte e Barisciano) che potrebbero diventare dei mini hub di riferimento per i paesi. Le alternative sono quella di muoversi con unità mobili, andando praticamente a domiclio, un po' come si fa, per esempio, per le Rsa (ma lo sforzo richiesto sarebbe immenso); oppure chiedere alle persone di spostarsi e affrontare viaggi anche di diverse decine di chilometri per raggiungere le città dove ci sono gli ospedali e i punti vaccinali. Ma chi non può permetterselo o non è autonomo, come farà?.
Altra incognita è quella del personale medico-sanitario che dovrà essere giocoforza mobilitato. Le vaccinazioni contro il Covid non sono come quelle contro il morbillo: vengono fatte da un medico e avvengono alla presenza di un anestesista e di un infermiere, per una questione di sicurezza. Inoltre, le siringhe vengono preparate dai farmacisti dell’ospedale, perché le fiale sono multi dose e il numero delle dosi estraibili cambia a seconda della marca del vaccino (6 per Pfizer, 10 per Moderna, 8/10 per AstraZeneca). Si possono anche allestire decine di punti vaccinali sul territorio ma poi occorrono medici e infermieri con cui farli funzionare e (dando per scontato che l'adesione sarà su base volontaria) sono proprio quelli che scarseggiano, come si è visto anche nelle campagne di screening.
Un aiuto potrebbe arrivare dai medici e dai pediatri di famiglia. L’intenzione dello Stato è quella di coinvolgerli ma ancora non è stata firmata l’intesa con le Regioni, i sindacati e gli ordini professionali. Inoltre, all’interno della categoria, non tutti sono d’accordo, principalmente perché gli studi professionali non sono attrezzati per trasformarsi in centri vaccinali.
Il Comune dell’Aquila ha detto alla Asl che, almeno all’inizio, potrà "prestarle" alcuni farmacisti dell’Afm. Basteranno?