I Comitati cittadini per l’ambiente e il Coordinamento No Hub del Gas hanno chiesto alle Procure della Repubblica di Roma e di Sulmona di aprire una indagine sulla lunga e controversa vicenda Snam al fine di fare piena luce sui tanti aspetti poco chiari che caratterizzano l’iter autorizzativo della centrale e del metanodotto.
Il dettagliato esposto degli ambientalisti, corredato da numerosi allegati, parte dall’assunto che le motivazioni che hanno portato ad autorizzare l’opera siano prive del presupposto fondamentale, ovvero la sua necessità. Di conseguenza tutti gli atti adottati in merito ne risultano inficiati.
L’esposto è basato sui dati contenuti nei piani decennali e nei bilanci della Snam. La multinazionale, al fine di ottenere le autorizzazioni da parte dello Stato, ha sempre sostenuto che l’opera è necessaria perché la rete di trasposto del gas italiana “potrebbe in futuro risultare congestionata”. Questa tesi poteva avere una sua validità quando è stato presentato il progetto (2004) ma successivamente è stata clamorosamente smentita dalla realtà. Infatti, tutte le previsioni della Snam sulla crescita dei consumi di gas si sono rivelate sbagliate. Il picco massimo dei consumi di metano si è avuto nel 2005 con 86,265 miliardi di metri cubi; nel 2019 sono stati pari a 74,34 miliardi di mc e – secondo le previsioni della stessa Snam – nel 2030 saranno di 62,4 miliardi di mc.
Questo significa che nel nostro Paese i consumi di gas non raggiungeranno mai più il livello del 2005 e quindi che la rete nazionale non potrà risultare “congestionata” ma, al contrario, risulta già oggi sovradimensionata. Pertanto costruire nuovi inutili impianti rappresenta uno sperpero di denaro (la Rete Adriatica, centrale compresa, costa 2 miliardi e 500 milioni di euro) che verrà scaricato sulle bollette dei cittadini italiani.
Lo dice chiaramente l’ENI, di cui la Snam è una filiazione: “Trattandosi di investimenti che non sono necessari a garantire il soddisfacimento della domanda nazionale (…) si farebbero gravare interamente sui consumatori italiani i costi sostenuti (…) che verrebbero recuperati in tariffa in 40/50 anni”. Né è pensabile poter esportare metano verso altri Paesi europei perché la riduzione dei consumi di fonti fossili, gas compreso, coinvolge tutta l’Europa, impegnata a raggiungere la neutralità climatica al 2050, nel rispetto dell’Accordo di Parigi.
A fronte di questo scenario inequivocabile, la Snam avrebbe dovuto rinunciare spontaneamente al suo progetto insostenibile sul piano energetico, economico, climatico e ambientale. Ma non lo ha fatto perché conta di poter usufruire di contributi europei e italiani che una perversa legislazione gli consente di avere anche se non venderà neppure un metro cubo di metano in più.
Dal canto suo, lo Stato italiano avrebbe dovuto azzerare il progetto e ritirare le autorizzazioni già concesse, ma non lo ha fatto.
Pertanto si chiede ai Magistrati di accertare se la Snam abbia fuorviato ed indotto in errore gli organi decisionali; se la Snam con il suo comportamento abbia posto in essere una situazione tale da arrecare un danno economico ai cittadini italiani attraverso un immotivato aumento della bolletta energetica; se la Snam con il suo comportamento abbia posto in essere una situazione da cui potrebbe ottenere un indebito vantaggio economico anche attraverso finanziamenti e incentivi previsti dalla normativa europea e italiana; se gli organi dello Stato italiano abbiano agito con la necessaria diligenza nel valutare le motivazioni addotte dalla Snam per giustificare l’opera e se siano state commesse violazioni di legge nel concedere le relative autorizzazioni; se l’Autorità per l’Energia (Arera) abbia deliberato l’immissione in tariffa dei costi di opere che dovessero risultare prive della necessaria giustificazione, e se ciò si configuri come adozione di atti illegittimi; se lo Stato italiano, autorizzando tali infrastrutture fossili inutili e dannose, abbia posto e ponga in essere atti che violano gli obblighi internazionali in materia di cambiamento climatico.