"In questi sette anni, i cittadini aquilani ci hanno dato una forza incredibile, ci hanno permesso di crescere e di diventare una realtà importante. Se oggi, come musicisti jazz, siamo più forti e più capaci di resistere alle intemperie di questo difficile momento storico, è soprattutto grazie all'Aquila. Continueremo a essere qui ancora a lungo".
A dirlo è stato Paolo Fresu, presidente della Federazione nazionale il jazz italiano, dal palco della scalinata di S. Bernardino, in chiusura della settima edizione del Jazz italiano per le terre del sisma.
"Sono stati due giorni ricchi di presenze e partecipazione, nonostante il tempo a tratti inclemente", afferma soddisfatto Corrado Beldì, presidente delle associazioni I-Jazz e Jazz all'Aquila, che quest'anno si è occupata di tutta la parte logistica e organizzativa della manifestazione. "Il programma è stato davvero di alto livello e c'è stato un grande coinvolgimento della città" osserva Beldì "Penso soprattutto al progetto di Virginio Sereni e alla sua eisibizione al Maxxi, uno dei momenti più belli e rappresentativi di questa edizione".
Un'edizione il cui leit motiv è stata la contaminazione tra musica jazz e altri linguaggi artistici, dalla danza al cinema, dalle arti visive alla fotografia. Su questa commistione, secondo Beldì, bisognerà puntare in futuro per arricchire ancora di più una formula e un format ormai rodati: "Dipenderà molto dai nuovi direttori artistici, quelli di quest'anno (Paolo Damiani, Rita Marcotulli e Alessandro Fedrigo, ndc) hanno lavorato molto su questo aspetto. La presenza del Maxxi ha aiutato molto e credo che da questi incroci potranno nascere grandi opportunità per le prossime edizioni".
A proposito di direttori artistici, i tre dell'edizione 2022 saranno il pianista abruzzese Claudio Filippini, Riccardo Brazzale, fondatore dell'ensemble Lydian Sound Orchestra (protagonista, ieri sera, di un bellissimo omaggio a Giorgio Gaslini) e direttore artistico di Vicenza Jazz, e Francesco Mariotti, direttore artistico di Pisa Jazz e vincitore del premio Nuove Direzione, che ogni anno il festival assegna a un musicista emergente.
"Abbiamo posto le basi" prosegue Beldì "per rendere stabile questa manifestazione. La stabilità è data anzitutto dalla presenza della Federazione nazionale Il jazz italiano, che coinvolge ogni anno tutte le categorie del mondo del jazz. Ci sono poi i contributi della Siae e della Fondazione Carispaq, che, come ha detto in conferenza stampa il vice presidente Roberto Marotta, crescerà ancora. E poi, da quest'anno, c'è la neonata associazione Jazz all'Aquila, molto legata al comune e alla città. Vista questa grande passione e il coinvolgimento semore maggiore della città, questa manifestazione è destinata a durare, abbiamo creato i presupposti affinché contuinui a esistere ancora per molti anni mantenendo le sue due peculiarità: il legame con gli altri territori del Centro Italia colpiti dal terremoto e l'essere il festival del jazz italiano. Tanti festival sono dedicati al jazz in generale, noi invece vogliamo valorizzare le specificità locali, in tutti i sensi".
"Ricordo ancora la prima edizione, quella del 2015" ha ricordato sul palco Paolo Fresu "La notte prima non dormii, avevo paura che a sentire i concerti non ci fosse nessuno. Invece il giorno dopo arrivarono 60 mila persone, ad animare una città che era ben diversa da quella di adesso, dove la ricostruzione vera doveva ancora iniziare e dove il terremoto era ancora una ferita profonda. Secondo i piani iniziali saremmo dovuti rimanere qui 3 anni, ma siccome la ricostruzione non si fa in un giorno abbiamo deciso di restare. Non volevamo rimanere solamente perché ci chiamava l'emozione del momento. Per questo Il jazz italiano per le terre del sisma, che ormai è diventato il più grande e importante festival sul jazz italiano che sia mai esistito in Italia, non abbadonerà questa città e questa terra. Gli aquilani ci hanno dato una forza incredibile, ci hanno permesso di crescere e di diventare una realtà importante, di portare qui 4 mila musicisti in 7 anni, di guardarci negli occhi e contarci. Se oggi, come movimento jazzistico, siamo più forti e più capaci di resistere alle intemperie di questo difficile momento storico, è anche e soprattutto grazie all'Aquila".