Sabato, 03 Settembre 2022 09:04

L'Aquila è la miglior vetrina del jazz italiano

di  Roberto Ciuffini

Corrado Beldì è il presidente di I-Jazz, una delle associazioni che fanno parte della Federazione nazionale Il jazz italiano, la rete di associazioni che da anni organizza, insieme a Jazz all’Aquila e con il contributo di Siae, Comune dell’Aquila, ministero della Cultura, associazione Nuovo Imaie e Fondazione Carispaq, la maratona jazz che da oggi tornerà a riempire le piazze e i cortili del centro storico e che porterà in città, per l’ottavo anno di fila, il gotha del jazz tricolore (scarica qui il programma).

Corrado Beldì, siamo all’ottava edizione del Jazz italiano per le terre del sisma, la terza dell’era Covid. L’edizione del 2020 fu definita quella del coraggio, quella dell’anno scorso fu all’insegna delle commistioni e delle contaminazioni con le arti, soprattutto quelle visive e multimediali. Come definirebbe l’edizione di quest’anno? .

"Direi un’edizione che vuole avere una grande attenzione all’aspetto umano e alla partecipazione. C’è anzitutto una grande partecipazione da parte delle varie categorie del jazz, dalle associazioni dei musicisti a quelle dei jazz club, dalle etichette indipendenti a tutte le altre realtà che rappresentano il jazz italiano. E poi c’è una partecipazione sempre più marcata del territorio, che passa attraverso i laboratori con le scuole, le collaborazioni con il conservatorio Casella, il coinvolgimento delle maestranze locali e ovviamente del pubblico. Un aspetto che ci sta molto a cuore è il lavoro che stiamo facendo con le scuole e i bambini, che quest’anno si arricchisce di un ulteriore, importante tassello, il progetto dell’Orchestra che vorrei".

La doppia dedica a Pier Paolo Pasolini e a Charles Mingus, per omaggiarli nell’anno del centenario della nascita, ne fa anche l’edizione più politica, se non è blasfemo usare questa parola parlando di musica? .

"Senz’altro sì. Mingus e Pasolini erano due ribelli, due rivoluzionari. Ma entrambi erano anche molto legati alla tradizione. Pasolini a quella popolare, Mingus a quella espressa dalla storia del jazz. E il jazz rimane in fondo una musica rivoluzionaria, ancorata però a profonde e antichissime radici.

Una musica dalla “disperata vitalità” verrebbe da dire, parafrasando proprio il titolo di una famosa poesia di Pasolini.

Una musica nata in un contesto di segregazione razziale e odio sociale, capace però, a dispetto e per contrasto a tanta meschinità, di esprimere e regalare bellezza. Continua a essere così. Oggi più che mail il jazz è una musica di contaminazione, che trova la sua ragion d’essere nella necessità costante di rinnovarsi. Percepiamo, in questa edizione del Jazz italiano per le terre del sisma, il bisogno di tanti giovani musicisti di mettere a confronto il jazz con i linguaggi musicali contemporanei, come l’elettronica e la musica techno, senza dimenticare però le grandi tradizioni, come quelle orchestrali o corali. In questo suo essere una musica strutturalmente aperta alle novità e al rinnovamento, il jazz continua ad avere un’anima rivoluzionaria.

L’edizione di quest’anno segna anche un importante ritorno, quello di Enrico Rava, che mancava dal 2015.

Quello di Enrico Rava e Anais Drago (sabato 3 settembre, ore 21, piazza Duomo, ndc) è senz’altro uno dei concerti maggiormente rappresentativi della manifestazione di quest’anno. Enrico Rava è uno dei grandi padri spirituali del jazz italiano, è il jazzista italiano che più di tutti si è affermato all’estero. Anais Drago è una musicista che suona uno strumento non così usuale per il jazz, il violino, un’artista giovane ed estremamente innovativa. Non a caso l’abbiamo premiata qui lo scorso anno come migliore talento jazz emergente.

Ma sono tanti i concerti degni di nota di questa edizione. Segnalo, sabato 3 alle 16, il concerto dell’Orchestrino, band capitanata da Beppe Scardino, alle 99 Cannelle, un luogo magico dove arriverà il cammino solidale delle terre del sisma, che ha attraversato quattro regioni. Sempre sabato 3 è prevista una bellissima serata in piazza Chiarino, con quattro appuntamenti straordinari: Tommaso Cappellato con Collettivo Immaginario, Dinamitri Jazz Folklore, Tun, gruppo molto vicino all’elettronica e alla musica techno, e, per finire, il dj set di Raffaele Costantino.

Domenica sicuramente è da non perdere il concerto della Fonterossa Open Orchestra, diretta da Silvia Bolognesi, dedicato a Charles Mingus, che aprirà la serata a piazza Duomo. Serata che si concluderà con un altro incontro molto speciale, quello di Franco D’Andrea con Dj Rocca. D’Andrea riceverà, peraltro, anche uno dei nostri premi, quello alla carriera.

Tra due anni il festival taglierà il traguardo delle 10 edizioni. Come se lo immagina in futuro, fermo restando che avete detto più volte che la formula fin qui adottata, quella cioè che prevede che questo sia l’unico e il più grande festival dedicato esclusivamente al jazz italiano tra le decine di festival jazz che punteggiano l’Italia, rimarrà intatta?

"Penso che dovremo continuare a lavorare e a costruire sulle basi che abbiamo gettato in questi anni e a dedicare una sempre maggiore attenzione ai bambini e alle giovani generazioni, ai giovani talenti italiani. Mi immagino una decima edizione nella quale vedremo salire sul palco gruppi e musicisti che magari hanno iniziato il loro percorso nel jazz proprio qui all’Aquila e che in questi anni hanno saputo affermarsi internazionalmente. La Federazione nazionale il jazz italiano sta lavorando molto in questa direzione, per far conoscere sempre di più il nostro jazz fuori dall’Italia.

L’auspicio è che questa manifestazione sia sempre più rappresentativa del jazz italiano e che possa continuare a portare all’Aquila musicisti che sono partiti da qui ma sono stati in grado, nel frattempo, di affermarsi sul mercato europeo e internazionale".

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