Giovedì, 20 Gennaio 2022 15:28

"Avete contratto il covid? Lasciate ogni speranza...": la testimonianza di una lettrice

di 

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il racconto di una lettrice

Come circa 2 milioni di italiani, il 28 dicembre mi contagio.

Tampone antigenico in farmacia, che diventa sufficiente per aprire la sorveglianza ASL. Mi isolo. Farò riferimento alla ASL della provincia di L’Aquila.

La mattina del 29/12 mi contattano dal contact center Covid (sono tra le ultime fortunate contattate) per fissare il tampone molecolare al 30/12. Chiedo informazioni sulle modalità di gestione in termini di isolamento e burocrazia a lavoro (sono dipendente di una piccola azienda): “senta il suo medico di base, credo che le farà un certificato di malattia”. Prontamente contatto il mio medico curante che conferma.

La mattina del 31/12 arriva la conferma di positività.

Da qui l’inizio della fine: che si deve fare adesso? Chiamo il contact center Covid: “Lei è il chiamante numero 69…rimanga in attesa per non perdere la priorità acquisita, i nostri operatori sono momentaneamente impegnati”. Per 'momentaneamente' si intende un’attesa di circa un’ora e mezza. L’operatrice che risponde è gentilissima e mi prenota il nuovo tampone a 10 giorni.

Di nuovo positiva, li richiamo per prenotare il successivo a 7 giorni: “Lei è il chiamante numero 105… ecc ecc”. Stavolta si intende un’attesa di più di due ore. Fisso il nuovo tampone al 14 gennaio. Qualche giorno dopo vengo contattata dalla Asl che cerca di anticipare il tampone, lo fissiamo al 13/01 (un giorno in meno di isolamento è comunque meglio di niente). Il 14 mattina, non avendo ricevuto il risultato, chiamo di nuovo il contact center: “Lei è il chiamante numero 115”: scopro che risulta invalido.

Quindi, al 17° giorno di isolamento decido di accelerare i tempi ed andare in farmacia a fare l’antigenico: negativo. Finalmente libera.

Chiamo quindi il contact center ma il giorno di sabato 15/01 risulta impossibile parlare con qualcuno. Dopo circa due ore di attesa cade la linea dicendo che c’è troppo intasamento. Sento il datore di lavoro che mi dà tempo fino a lunedì per capire le procedure e rientrare (forse) martedì. Praticamente libera di uscire ma non di rientrare a lavoro.

Lunedi mattina 17/01 mi armo di nuovo di pazienza: “lei è il chiamante numero 94”, alle ore 9.03. Attendo il mio turno pazientemente e chiedo il certificato di guarigione covid (che il medico di base aveva preannunciato mi servisse per avere quello di cessazione malattia): “no, noi non lo rilasciamo, glielo deve fare il suo medico di base”. Dopo varie insistenze capisco che non otterrò nulla, per cui a malincuore metto giù col contact center e chiamo il mio medico.

È qui che si aprono due fronti davanti a me; il medico mi dice: “sono felice per te, ma senza certificato della Asl non faccio nulla”. Insisto ma è irremovibile: “Vai all’ufficio di igiene, da me che cosa vuoi?”. Chiamo il centralino ASL per chiedere il numero dell’ufficio di igiene, anche qui dopo varie insistenze e diversi numeri mi risponde una signora che mi dirà di inviare una mail all’indirizzo del collega che se ne occupa ma premette che ci vorrà tempo perché come me tanti altri stanno aspettando.

Invio la mail, arriva la risposta automatica: “ci spiace per il disagio, ma ci vorranno da 1 a 5 giorni”. Nel frattempo, chiamo il mio datore di lavoro, che sulla base della circolare del Ministero della Salute del 06 aprile 2021 chiede il certificato di avvenuta guarigione per farmi rientrare a lavoro ed ovviamente il certificato di chiusura malattia all’INPS da parte del mio medico curante.

Quindi sono negativa dal 15/01 (sabato), siamo al 17/01 (lunedì) e sto già perdendo 2 giorni di lavoro.

Martedì mattina 18/01 mi armo di pazienza e mi reco al centro di igiene.

Entro e chiedo info: “signora, deve aspettare!!! Siete tutti nella stessa situazione, il collega lavora le pratiche in ordine di arrivo” 

“Bene, a che punto si trova? Per regolarmi”

“Senta io questo non so dirglielo, deve aspettare che rispondiamo alla mail!”

“Va bene signora, aspetto, ma da qui non andrò via senza certificato”

Aspetto pazientemente fuori e dopo qualche minuto mi chiedono nome e cognome, mi faranno il favore di farlo dato che ormai sono li. Dopo qualche altro minuto esce l’impiegato addetto che mi dice di aver inviato il certificato, precisando di averlo rilasciato solo perché si è sentito quasi “obbligato” dato che sono andata di persona e stavo aspettando fuori.

Ho incassato, spiegato; chiaramente lui aveva le sue ragioni ed io le mie. Nel frattempo, è arrivato un papà che aveva lo stesso problema: il figlio stava perdendo giornate di scuola senza il tanto agognato certificato per rientrare.

Mentre parlo con l’impiegato mi arriva il certificato protocollato. Lo controllo immediatamente: data inizio negatività sbagliata! Vi immaginate se fosse arrivato per mail? Per correggerlo avrei dovuto aspettare altri 1-5 giorni. Comunque, la questione finalmente si è risolta. Il mio medico ha immediatamente chiuso il certificato di malattia ed il giorno 19/01 sono rientrata a lavoro. Come me tantissime altre persone sono nella stessa agghiacciante ed indecente situazione, un disastro sotto tutti i fronti.

Marsilio, in altre regioni si prenota il tampone in piattaforma e si rientra a lavoro con l’autocertificazione, noi che vogliamo fare? Non dico tanto, ma quanto meno un sistema leggermente più efficiente!

E daje.

Articoli correlati (da tag)

Chiudi