Giovedì, 10 Luglio 2014 17:02

I problemi sanitari degli immigrati, la lettera del consigliere straniero al direttore Asl

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L'incapacità degli immigrati di comunicare con le strutture ospedaliere, carenza di informazioni su malattie e vaccini, difficoltà per le famiglie straniere con un neonato senza permesso di soggiorno ad avere un pediatra di base, sono solo alcune delle problematiche suggerite dal consigliere straniero del Comune dell'Aquila e delegato del sindaco all’integrazione, Gamal Bouchaib (nella foto). in una lettera aperta al direttore della Asl 1 L'Aquila-Avezzano-Sulmona, Giancarlo Silveri.

Il testo integrale della lettera

È da tempo e con grande fatica che cerco, all’interno anche di un quadro associativo accompagnato dalla buona volontà dei presidenti di associazioni straniere, di traghettare due mondi lontani per dare a tutti un porto sicuro. Siamo 22500 anime straniere legalmente residenti nella provincia dell’Aquila di cui 5550 risiedono nella nostra città, senza contare tutti i residenti dei comuni limitrofi (Barisciano, Poggio Picenze, Lucoli, Tornimparte, San Demetrio e altri), ma i nostri richiami non sono mai stati ascoltati da chi di dovere.

Ritengo essenziale iniziare a parlare con linguaggi diversi da quelli del passato cercando di ascoltare sempre più il territorio e le sue forze rappresentative partendo dall'articolo 32 della Costituzione Italiana che, nel sancire la tutela della salute come “diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività”, di fatto obbliga lo Stato a promuovere ogni opportuna iniziativa e ad adottare precisi comportamenti finalizzati alla migliore tutela possibile della salute in termini di generalità e di globalità, atteso che il mantenimento di uno stato di completo benessere psico-fisico e sociale costituisce oltre che diritto fondamentale per l’uomo, per i valori di cui lo stesso è portatore come persona, anche preminente interesse della collettività per l’impegno ed il ruolo che l’uomo stesso è chiamato ad assolvere nel sociale per lo sviluppo e la crescita della società civile.

In questo quadro serve una promozione della salute della popolazione immigrata perché come lei ben sa, la salute degli immigrati è strettamente connessa ai sistemi di accoglienza e ai processi di inclusione sociale messi in atto nel Paese ospite: le evidenze epidemiologiche mostrano, infatti, che la maggior parte delle patologie scaturiscono dalle condizioni abitative, lavorative, dal tipo di rapporto con le istituzioni, da stili di vita rischiosi, dalle difficoltà relazionali e di socializzazione.
In questo quadro la comparsa della malattia non fa che aggravare la condizione degli immigrati, condannandoli a un ulteriore peggioramento del loro status.

Malgrado la normativa italiana preveda il diritto all’assistenza sanitaria per tutta la popolazione, italiana o immigrata, regolare o no, gli immigrati, specie quelli di recente arrivo nella provincia, hanno difficoltà nell’accesso e nella fruizione delle cure. Ciò a causa delle barriere burocratiche e culturali, della difficoltà di conoscere e districarsi nel complesso labirinto dei servizi, della rigidità che caratterizza ogni sistema e che determina l’incapacità a superare un modello di offerta standardizzato e ripetitivo, spesso inadeguato anche per gli italiani. Conoscere e approntare soluzioni di miglioramento di questi problemi obbliga il sistema ad interrogarsi e a rivedere le proprie pratiche con ricadute positive per tutti i pazienti.

Vorrei a questo punto presentare qualche perplessità e problematica che la comunità immigrata incontra, così come tanti italiani, nell’entrare in contatto con la nostra realtà ospedaliera:

1. un sistema di indicazione dei reparti poco efficiente e anche poco funzionale visto che spesso si perde la bussola anche per gli italiani e si finisce per chiedere il luogo del reparto a qualche angelo col camice bianco (si consiglia l’esempio Ospedale di Bologna un segnaletica anche in lingue);
2. le comunità straniere non hanno la possibilità nemmeno di un mediatore culturale e o linguistico e questo pone un problema non solo organizzativo ma anche di natura di accompagnamento nella diagnosi (si consiglia la straordinaria esperienza di anni dell’ospedale di Udine);
3. l’assenza di un ufficio stranieri che fornisca le indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria agli stranieri per rendere l’accesso alle cure, alle prestazioni e ai ricoveri da parte della popolazione immigrata adeguato e uniforme (si consiglia di vedere l’esempio Marche);
4. al sito dell’azienda sanitaria non c’è traccia per uno spazio per aiutare la comunità immigrata ad avere più informazioni possibile cosi da evitare l’ingorgo agli sportelli direttamente negli ospedali;
5. assenza di pubblicazioni in lingue per processi di formazione sulle vaccinazioni in infanzia e nelle adolescenze, la contraccezione, il papilloma virus, la crescita e la cura dei bimbi nel primo anno di vita (si consiglia l’esempio Emilia Romagna);
6. difficoltà dei neonati stranieri senza permesso di soggiorno ad avere un pediatra di base per il primo anno malgrado la legge Balduzzi 2012 e l’accordo stato-regioni.

Auguro che queste problematiche vengono prese in considerazione perché paradossalmente c'è il rischio che gli immigrati man mano che invecchi la storia migratoria, possano integrarsi con la società ospite condividendo la stratificazione sociale più svantaggiata, che fa più fatica a tenere il passo, e possano anche condividere il profilo di salute della disuguaglianza; questo non solo in termini di fasce estreme del fenomeno (disuguaglianza tra i più ricchi e i più poveri) ma in qualsiasi punto della scala sociale con significative differenze peggiorative degli indicatori di salute, mortalità e morbosità, oggettiva e percepita, da chi sta più in basso rispetto a chi sta più in alto.
La sfida di oggi è quella di una completa integrazione sociale di questi nuovi cittadini e, per quel che riguarda la sanità, garantire loro una reale fruibilità dei servizi e delle prestazioni. Pensare a una organizzazione adeguata, a una capacità comunicativa efficiente, a una compatibilità culturale, alla formazione specifica del personale è ancora una volta un'occasione per il nostro sistema di ripensare se stesso e renderlo più fruibile e attento anche alla popolazione italiana.

 

Ultima modifica il Giovedì, 10 Luglio 2014 17:19

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