"Quanto sono lunghi dieci anni?
Poco: se ti guardi indietro e ti sembra che siano passati in un lampo: i ricordi si sono compressi, sei distratto dalla quotidianità e costretto a pensare all’oggi, avverti una nostalgia “vicina” come se quella persona se ne fosse andata recentemente.
Tanto: se ti guardi intorno e vedi che Jacopo, Giorgia, Elena e Irene sono diventati meravigliosamente “grandi” - un orgoglio per qualsiasi nonno - noi stessi siamo invecchiati, le cose sono cambiate parecchio, il mondo è diverso da com’era tempo fa: direi più pericoloso e incerto perché il Covid, la guerra e chissà cos’altro sono minacce inaspettate che ci mettono una gran paura.
In ogni caso dieci anni sono un tempo denso, carico di storia e di tensioni, di aspettative, delusioni e speranze. Sono un tempo che avrebbe avuto bisogno di consigli e di esempi. E in quel momento pensi: perché se n’è andato proprio quando ne avevamo ancora tanto bisogno?
Il 29 aprile di dieci anni fa Alvaro Iovannitti ci lasciava. Ma in realtà, in quello stesso istante in cui chiudeva gli occhi, ci affidava una memoria bellissima, ci caricava addosso la responsabilità del suo esempio. Vivere la politica con la passione, il sacrificio e la generosità. Stare sempre dalla parte dei più deboli. Essere onesti, rigorosi e sobri. Saper condividere le fatiche e le soddisfazioni, saper soffrire e gioire insieme agli altri. Partecipare alla vita e alla storia della propria gente e della propria terra. Riuscire a restare coerenti negli ideali e nei comportamenti – lui comunista da sempre – anche quando il mondo cambia e il partito cambia con lui.
Cercare strade nuove - come ridare vita all’ANPI - per offrire alle persone democratiche e per bene un luogo giusto in cui trovarsi.
In questi dieci anni, tutte queste sfide che Alvaro ha incarnato sono diventate più urgenti e attuali. Per ritrovare la bussola in mezzo alle incertezze e ai trasformismi, per fare qualche passo avanti, ogni tanto bisognerebbe tornare con la memoria un po’ indietro, ricordare le persone migliori che ci hanno lasciato e scoprire, seguendo il loro esempio, che c’è un modo semplice e prezioso per dare senso alla nostra vita".
Fulvio Angelini, presidente dell’ANPI L'Aquila, ricorda con queste parole Alvaro Iovannitti, a dieci anni dalla morte, e nel giorno in cui la città rende omaggio ad Antonietta Centofanti, che ci ha lasciato giusto un anno fa. "Dio solo sa quanto ci manca. Antonietta: donna appassionata colta e sorridente, partigiana dei diritti, strenua combattente contro tutte le ingiustizie, pacifista e libertaria. Il destino ha voluto accomunare nello stesso giorno queste due persone speciali. Oggi, facciamoci un regalo: dedichiamo a loro i nostri pensieri, i nostri gesti, un po’ della nostra vita".
Ad Antonietta dedica un pensiero anche Stefania Pezzopane: "Ci manca tanto. Ricordo con dolore, spaesata, quelle ore concitate. Un anno fa, era ormai buio. La notizia come una coltellata. Di corsa a casa sua, a piangere con amiche e compagne di sempre, mentre Antonietta usciva da casa sua casa per sempre. Noi attonite ed in silenzio. Il vuoto è grande, lo è stato un anno fa, lo è stato il 6 aprile, lo è oggi e sempre. Antonietta Centofanti è in noi, con la sua purezza, orgoglio, dignità infinita ad insegnarci ancora. Sempre con noi".
Dopo il terremoto del 6 aprile 2009, nel quale aveva perso l'amato nipote Davide (morto nel crollo della casa dello studente), Antonietta era stata sempre in prima linea nelle battaglie che i parenti delle vittime del sisma hanno combattuto per ottenere verità e giustizia. Organizzatrice infaticabile, attivista a 360 gradi, da quel giorno di 13 anni fa si era spesa con generosità, dedizione e abnegazione totali, assolute, non solo per tenere vivo il ricordo dei morti ma anche per chiedere allo Stato, alle istituzioni, un impegno non solo di facciata, non solo formale, ma concreto, vero, fattivo - attraverso la cura e l'attenzione sui temi della sicurezza e della prevenzione - affinché quello che era avvenuto all'Aquila non si ripetesse più.
Per questo aveva tenacemente costruito e tessuto una rete di contatti, amicizie, rapporti con i comitati dei familiari delle vittime di altre calamità naturali e di stragi - come quella di Viareggio o la ThyssenKrup - dovute non alla fataltià o al destino ma alla negligenza dell'uomo e all'assenza dello Stato. Era stata sempre lei a insistere, con toni convinti ma mai gridati, sempre pacati, per far comprendere agli aquilani l'importanza di avere un luogo collettivo della memoria, uno spazio fisico in cui ricordare le vittime del 6 aprile.
Quel luogo - il Parco della memoria di piazzale Paoli - finalmente è nato. Voleva che quella piazza non fosse solo un freddo memoriale ma un luogo di vita, accessibile e aperto a tutti, uno spazio di incontri e incroci di persone. "Se tutto ciò non si riempirà di vita, di coppie, di bambini, di studenti, avremo una cattedrale nel deserto" aveva detto "La scommessa della politica è quella di creare le opportunità affinché questa città diventi attrattiva e chi ci vive non cerchi altrove la propria vita".
Newstown ricorda con commozione e tanto affetto la cara Antonietta.