Giovedì, 31 Gennaio 2013 12:43

Otto anni a Francesco Tuccia

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Otto anni di reclusione. Il Tribunale collegiale di L'Aquila, presieduto dal giudice Giuseppe Grieco, ha condannato Francesco Tuccia, l'ex militare che ha stuprato una giovane studentessa di Tivoli nel parcheggio della discoteca “Guernica” la notte tra l'11 e il 12 febbraio scorso, per lesioni personali gravissime. Modificato il capo d’accusa formulato dal Pubblico ministero, David Mancini, che nella durissima requisitoria aveva chiesto la condanna a 14 anni di reclusione per tentato omicidio.  

Lunga l’attesa per le tantissime donne accorse a L’Aquila da diverse parti d'Italia con la voglia di stringersi alla ragazza e assistere alla sentenza. Sono rimaste tutto il giorno dinanzi la porta del Tribunale, in silenzio, con la tensione che aumentava di ora in ora, ad ogni messaggio inviato dall'aula da Anna Tellini che ha potuto assistere all’udienza, svoltasi a porte chiuse, in quanto rappresentante legale del Centro Antiviolenza dell’Aquila, parte civile nel procedimento penale. Sono rimaste lì fino alle 17, quando si è riunita la Camera di Consiglio e le porte dell’aula si sono aperte.

Un’ora e mezza di silenzio irreale, rotto solo dai flash dei giornalisti che cercavano i volti dei parenti della giovane vittima e della madre dell’imputato, visibilmente scossa. Poi la sentenza: l’ex militare, di stanza a L'Aquila nel 33° reggimento Acqui -avrebbe dovuto prendere parte all'operazione “Strade Sicure” pochi giorni dopo la violenza se non fosse arrivata la denuncia del comitato 3e32 che costrinse i vertici del reggimento a esprimersi in merito ad un suo non utilizzo prima che scattasse l'arresto- è colpevole di violenza e lesioni personali gravi ma il Giudice decide di scagionarlo dall’accusa di tentato omicidio. 

E' un verdetto che naturalmente non ha soddisfatto il Pubblico Ministero e i parenti della vittima della brutale violenza. "Davanti a questa sentenza la mia vita non cambia, nel senso che 8 anni, 10 o 12 per me non sarebbero mai stati abbastanza" ha detto la giovane studentessa, protetta dai flash e dalle telecamere dalle tante donne che hanno assistito accanto a lei alla lettura della sentenza. Deluse, in particolare, dalle argomentazioni utilizzate dalla difesa che, come accade troppo spesso in casi come questo, non ha esitato ad appellarsi all’istinto maschio che avrebbe avuto il sopravvento sul giovane colpito dall’avvenenza della studentessa. Avvenenza che è considerata ancora una colpa, evidentemente. Senza alcun rispetto per chi ha rischiato di morire, abbandonata esanime in una pozza di sangue, e così intensamente segnata da una ferita che sarà impossibile rimarginare.

Ultima modifica il Mercoledì, 17 Aprile 2013 18:21

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