Martedì, 10 Febbraio 2015 09:21

Camorra, operazione "Tulipano": 61 arresti. Sequestrato bar a L'Aquila

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'Camorra capitale', vasta operazione contro la criminalità organizzata.

Alle 4 del mattino è scattata l'operazione 'Tulipano', un intervento su larga scala condotto dai carabinieri del Nucleo investigativo guidati dal colonnello Sabatino. Centinaia di agenti hanno tratto in arresto, tra Roma e Napoli, i vertici di un'organizzazione criminale di stampo camorrista ma ampiamente ramificata sul territorio romano. Primo, sulla lista degli arrestati, è Domenico Pagnozzi, chiamato negli ambienti malavitosi "ice" per via degli occhi di ghiaccio, e già condannato all'ergastolo per l'omicidio Carlino del 2001 e attualmente detenuto in regime di 41 bis. Secondo nella lista dei più pericolosi è Massimiliano Colagrande, uomo vicino agli ambienti della destra radicale e finito dentro l'inchiesta "Mafia capitale".

L'operazione ha portato a 61 ordinanze di custodia cautelare e a perquisizioni in mezza Italia: oltre a Roma, sono scattate operazioni coordinate a Frosinone, Viterbo, L'Aquila, Perugia, Ascoli Piceno, Caserta, Napoli, Bevenento, Avellino, Bari, Reggio Calabria, Catania e Nuoro. 

Non solo. Sono stati confiscati beni per 10milioni di euro. Decine i locali posti sotto sequestro: tra gli altri, un bar nel centro dell'Aquila, il "Backside" della società Federico Colagrande & C. s.a.s., che nel periodo pre-sisma animava Piazza Machilone (chiamata anche piazzetta delle tavole), nel centro storico dell'Aquila.

Le accuse mosse dalla procura a carico del clan, composto da criminali campani e romani, sono quelle di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione finalizzata allo spaccio, estorsione, usura, reati contro la persona, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita, fittizia intestazione di beni, illecita detenzione di armi, illecita concorrenza con violenza e minacce, commessi con l'aggravante delle modalità mafiose. I carabinieri hanno così disarticolato un'organizzazione di matrice camorristica operante nella zona sud-est di Roma che controllava diverse piazze di spaccio, il gioco d'azzardo e il business delle slot-machine, ed era pronta ad espandersi anche in altre zone.

"Si tratta di una organizzazione che esercitava l'attività criminale attraverso un metodo tradizionale fatto di violenze e intimidazioni", ha detto il procuratore aggiunto Michele Prestipino durante la conferenza stampa convocata a margine dell'operazione. Una organizzazione che aveva contatti con il clan di Michele Senese.

Stando alle indagini, iniziate nel 2009, tra Domenico Pagnozzi e Michele Senese ci sarebbe stato un sodalizio che non si è spezzato negli anni. Quando si dovevano compiere delitti a Roma, secondo gli inquirenti, ci sarebbe stato uno scambio di favori tra i due con la 'mano d'opera' che arrivava da Napoli e poi spariva dopo aver compiuto l'omicidio. "Senese e Pagnozzi provengono da una guerra di Camorra dei primi anni '80, il sodalizio tra loro non si spezza mai, sono molto legati: c'era un patto tra i due per compiere delitti di sangue e per avere manodopera dalla Campania - ha spiegato il comandante del Reparto operativo del comando provinciale di Roma Lorenzo Sabatino - Questa dinamica è stata ricostruita di recente. Nell'omicidio Carlino del 2001 per il quale entrambi sono stati condannati all'ergastolo: Senese come mandante e Pagnozzi come esecutore materiale. Da allora si consolidano da un lato il potere criminale di Senese e dall'altro l'avvicinamento di Pagnozzi alla realtà romana".

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Ultima modifica il Mercoledì, 11 Febbraio 2015 00:57

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