Mercoledì, 11 Febbraio 2015 14:53

'Dedalus', D'Alfonso: "Commissione permanente d'approfondimento"

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Modalità di azione non consone, pubblica amministrazione appiattita agli interessi del privato.

Rispondendo ad una interrogazione del Movimento 5 Stelle, firmata dal consigliere Domenico Pettinari, il governatore Luciano D'Alfonso non ha usato mezzi termini per scagliarsi contro il fantasma 'Dedalus', il progetto informatico che avrebbe dovuto collegare tutti i medici di famiglia con la condivisione di una enorme banca dati, costato 8milioni di euro, versati da Regione Abruzzo alla Dedalus spa, e mai entrato in funzione.

D'Alfonso non ha mancato un affondo alla Arit di Teramo, l'Azienda regionale per l'informatica e la telematica che, negli ultimi 10 anni, non ha mai inteso controllare cosa stava accadendo, anzi è stata connivente con l'imprenditore privato.

Il sistema informatico 'Dedalus' sarebbe stato provato una sola volta, al pronto soccorso di Teramo. Per poi esserre scollegato. "Mancata volontà politica di Regione Abruzzo", si è difeso il patron di 'Dedalus', Giorgio Moretti, in una intervista a PrimaDaNoi.it, quotidiano digitale che sta seguendo da anni la vicenda e che per primo ha denunciato quanto stava accadendo.

La società di Moretti, in Ati con Telecom Italia, aveva vinto nel 2005 un bando dell’Arit per costruire l'infrastruttura informatica. L’appalto venne giudicato illegittimo ma non per questo 'Dedalus' fu estromessa dalla commessa, anzi l’Arit negli anni è riuscita ad assegnarle in via diretta ulteriori commesse di 'adeguamento' del progetto per altre centinaia di migliaia di euro.

In Consiglio regionale, D'Alfonso ha ricostruito la vicenda. 'Dedalus' è nato ai tempi della 'seconda rivoluzione informatica abruzzese' voluta da Del Turco e Quarta e interrotta dagli arresti del luglio 2008. Il progetto, però, non è stato abbandonato dalla giunta di centrodestra: al contrario, Chiodi e Castiglione - protagonisti della 'terza rivoluzione informatica abruzzese' - hanno voluto assumersi l’onere di sanare le inadempienze passate, spendendo 800milioni di euro in investimenti tecnologici che non hanno avuto alcun ritorno per la Regione.

"Nella vicenda, c'è stato un colpevole vuoto contrattuale di capitolato", ha sottolineato D’Alfonso, "in sostanza, è mancata una specifica prefigurazione progettuale. Diversamente, si sarebbero prodotti i presupposti per la piena implementazione del sistema".

L'ente pubblico non ha pianificato e organizzato le attività, appiattendosi alle volontà dell'imprenditore privato. "Non mi meraviglierei se tutto fosse stato concepito nelle stanze di Dedalus", l'affondo del governatore. "In Abruzzo, ha comandato il portatore di interessi privato, il punto è che dovrebbe convincere il datore pubblico in competizione alla pari. E’ chiaro che poi all’Arit comanda Barbanera e non c’è tradizione documentale".

Dunque, la promessa: verrà insediata una Commissione permanente di approfondimento per accertare le responsabilità di una vicenda grottesca. E per fare un pò di pulizia: "E' mai possibile che Regione Abruzzo abbia quattro livelli di infrastrutturazione informatica?". Infatti, ogni 'territorio' ha il suo centro 'informatico': l’Arit a Teramo, appunto, Abruzzo Engineering a L’Aquila, gli uffici regionali della sanità a Pescara.

"La struttura dirigenziale della Regione fa acqua da tutte le parti, meno consulenze esterne più produzione intellettuale", ha auspicato D'Alfonso.
"Adesso c'è l'ennesima conferma che quanto abbiamo scritto negli ultimi 8 anni era vero, anzi di più", ha scritto su PrimaDaNoi.it il direttore responsabile, Alessandro Biancardi. "Oggi abbiamo una ulteriore conferma che non si è voluto intervenire per tempo per fermare lo scempio e sanzionare i responsabili. Si poteva fare molto ed invece la politica e le istituzioni hanno fatto finta di nulla ed in pratica coperto".

D’Alfonso ha il grande merito di dire le cose, poi però bisogna passare ai fatti "e non è più tempo degli annunci programmatici. In passato ne abbiamo sentite di tutti i colori e siamo stati costretti a riportare promesse e dichiarazioni che più che suoni vuoti di significato si sono dimostrate prese in giro per l’intelligenza degli abruzzesi. Quello che è successo dietro l’informatica è lo scandalo più grande che l’Abruzzo abbia conosciuto, dove non si salva nessuno dei governi dal 2000 ad oggi, non fosse altro per non aver vigilato. Una colpa gravissima in presenza di notizie documentate e pubblicate sulle quali si è preferito sorvolare e fare finta di nulla".

Ultima modifica il Mercoledì, 11 Febbraio 2015 15:39

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