"'Come cittadino, tutto questo mi fa cascare le braccia …': ha esordito così il vice sindaco Nicola Trifuoggi, intervenuto nello scorso Consiglio comunale per dare risposta alla nostra interrogazione sulla procedura di ripristino dell’ex cava Teges in località Pontignone a Paganica. E in effetti la situazione è veramente avvilente".
Si legge in una nota del gruppo civico di Appello per L'Aquila. Che spiega: "Come è noto, all’indomani del sisma l’amministrazione individuò il sito di Pontignone per il deposito temporaneo delle macerie, premurandosi di affidarne la gestione all’allora proprietario. Un’operazione sfumata per l’immediato polverone che si alzò sulla vicenda. Ci sarebbe da chiedersi, in realtà, che fine ha fatto il progetto di ripristino della cava, onere del concessionario, ma questa, forse, è un’altra storia. Nel 2010 e 2011 arrivarono i decreti di Bertolaso prima e di Chiodi poi per prorogare l’occupazione del sito e avviare le procedure di esproprio dei due invasi che lo costituiscono - di 700.000 e 300.000 mc ciascuno - in base a un Protocollo d’intesa (dicembre 2010) che ne prevedeva il ripristino ambientale per la realizzazione di un parco. Infine, a dicembre 2012, l’allora Soggetto attuatore per la rimozione delle macerie, Ing. Romano, autorizzava l’ASM alle operazioni di recupero delle macerie e di ripristino ambientale dei 2 invasi. A Pontignone risultano conferite oltre 495.000 tonnellate di macerie. Ne sono state trattate 183.000 con un ritmo di 1174 tonn/settimana. Per un termine di confronto, il Polo progettato (e mai realizzato) a Barisciano per il recupero degli inerti avrebbe una capacità di trattare circa 1000 tonn/giorno. Il ripristino ambientale, poi, non è stato nemmeno iniziato".
Dove sono gli intoppi? "Intanto l’impianto di frantumazione non è mai stato acquistato: il relativo bando di gara è stato sospeso perché nei passaggi di governance, i fondi previsti sembrano essere spariti. Poi non è mai stata prestata alcuna garanzia finanziaria da ASM, condizione inderogabile posta dall’autorizzazione per dare avvio all’attività. Ma soprattutto 'fino a quando non sarà disponibile l’invaso 2, tutte le attività verranno svolte all’interno dell’invaso 1, per il quale non sarà possibile avviare il ripristino'. Per questo di cronoprogramma e stati di avanzamento del ripristino ambientale, non se ne parla proprio per il momento".
Infatti, nell’invaso 2 - interessato da una contaminazione di idrocarburi e mercurio - deve essere attuata la caratterizzazione finalizzata alla bonifica ambientale, già approvata a luglio 2012. "Una situazione - denuncia Appello per L'Aquila - nota da tempo e prevista già nel Protocollo del 2010, ma anche qui sembra non esserci copertura finanziaria. Il punto è che, mentre l’iter per la bonifica dell’invaso 2 era al palo rendendo di fatto inutilizzabile quell’area, si è continuato ad accumulare materiale inerte nell’invaso 1, con il risultato che non si sa dove sistemare le macerie trattate, destinate al collocamento definitivo nello stesso invaso 1 per il suo ripristino! Quando si dice: coordinare tempi e modi delle operazioni. Ben vengano le convenzioni per le macerie degli altri comuni del cratere, allora, ma dovremmo essere prima in grado di gestire le nostre".