Martedì, 10 Marzo 2015 11:35

L'Aquila: fine del cas, ancora proteste. Le considerazioni di un cittadino

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Riceviamo e pubblichiamo una lettera scritta da un cittadino aquilano a proposito della sospensione del pagamento del contributo di autonoma sistemazione a partire dal prossimo 1° aprile. Su espressa richiesta del mittente pubblichiamo la lettera in forma anonima. 

L'ascolto dei cittadini è una cosa difficile e la rinuncia ad ogni tentativo pur in presenza di un evidente bisogno sociale è una sconfitta.

Si capisce invece che l'ascolto non è stato negato e ne plaudiamo quando assistiamo agli sforzi effettuati per il sostegno della fragilità sociale (nobile definizione) ed alla concessione di un concreto bonus economico per quelle persone.

Ma lungi dall'intenzione di creare schieramenti o scontri ma solo per una migliore comprensione di un'esigenza sociale, la domanda fatta dal sottoscritto nello scorso intervento rimane quella iniziale in rapporto alle notizie di stampa di oggi sul C.A.S. che, mi dispiace dirlo, sono viziate dall'unilateralità della fonte. Ma dalle polemiche torniamo ai fatti ripetendo la stessa domanda:

Perché non si parla del CAS dopo che il 3 scorso ne è stato celebrato il funerale. Un silenzio assordante!

I cittadini aquilani passeranno alla storia per aver vinto con la pazienza il guinness dei primati, costretti come sono a spiegare più e più volte quello che è sotto gli occhi di tutti.

Non occorre ricordare quanto si è dovuto strillare per ottenere gli stessi diritti e facoltà concessi ad altri terremotati ma negati agli aquilani, compresa la manifestazione romana e le manganellate subite nell'occasione.

Quindi, le presenti mie precisazioni, che come detto fanno seguito alla precedente lettera col semplice scopo di stimolare un dibattito sui fatti legati al C.A.S., vogliono riportare all'attenzione le questioni che pur se conosciute da tutti sono state forse dimenticate o volutamente ignorate.

La data del 31 marzo quale fine del C.A.S. è stata fissata sulla base della previsione di un complesso piano che prevedeva innanzitutto la ricostruzione, poi il rientro "...della popolazione nelle proprie abitazioni di origine tornate agibili" e quindi la "...progressiva disponibilità di alloggi nel Progetto CASE e MAP" (tra virgolette gli stralci del "Preso Atto" del verbale D.G.C. n.75 del 27/02/15).

Pertanto, il riferimento ai numeri di questo piano partendo dalle 1.086 persone beneficiarie del C.A.S. ed il calcolo del numero di più di 350 famiglie da "traghettare" nei 63 alloggi C.A.S.E. disponibili al 24/02/15 (ad oggi 9 marzo non si sa il nuovo dato), voleva essere una presa d'atto per me e per tutti sulla manifesta impossibilità per l'amministrazione di portare a termine quel piano per difficoltà di carattere oggettivo (lo stesso ufficio assistenza alla popolazione stima in conseguenza dell'abolizione del C.A.S. ed altre forme un'esigenza abitativa per 700 famiglie ma parla di una disponibilità generica di "...decine e decine di appartamenti vuoti").

In sostanza, se il piano di ricostruzione generale ha subito i noti rallentamenti (i fondi come risaputo sono stati sbloccati con gli sforzi congiunti dei nostri amministratori solo in questi ultimi giorni) e, di conseguenza, parecchie famiglie non sono potute rientrate nella loro abitazione d'origine occupando ancora i C.A.S.E., questo vuol dire che il relativo cronoprogramma è saltato, rallentando con esso anche la predetta previsione che entro marzo tutte quelle famiglie sarebbero state sistemate negli alloggi Case.

Non mi sembra così difficile prondere atto di questo stato di cose e che diventa necessario correggere il piano.

Dunque, queste analisi e considerazioni non possono essere negate dai nostri amministratori, che d'accordo non hanno certo la bacchetta magica, ma che si devono però spendere sia per far sbloccare i fondi per le imprese, sia per far prorogare i fondi del C.A.S..

Tali conseguenze del blocco dei flussi, quindi arcinoti, vanno considerati nel loro complesso unitamente a tutti gli "effetti collaterali" presenti e futuri che possono produrre:

- le imprese non ricevono i pagamenti e abbandonano gli appalti sulla ricostruzione o vanno fallite trascinando l'indotto;
- la ricostruzione si blocca con tutta la filiera e con essa anche la burocrazia legata all'esame dei progetti;
- le famiglie negli alloggi C.A.S.E. non rientrano nelle loro case d'origine e non creano disponibilità per quanti attendono;
- le famiglie col C.A.S. non trovano posto negli alloggi C.A.S.E. ma devono perdere nel contempo il contributo e sostenere a loro spese l'attuale sistemazione;
- le famiglie per le difficoltà generali oltre quelle di cui ai punti 3 e 4 decidono di lasciare la città come altre hanno già fatto.

Di conseguenza sarà necessario approntare tutte le variazioni possibili per riequilibrare le distorsioni sia economiche che sociali compresa, checché se ne dica, la proroga del C.A.S..

Proprio oggi assistiamo alla notizia di stampa sulla particolare attenzione ed impulso che sono stati dati da un altro settore dell'amministrazione ad un nuovo crono programma ed ai relativi tempi di approvazione dei progetti, compresa la soluzione di varie problematiche rimaste irrisolte ma anche delle risorse riprese e re-indirizzate senza le quali l'intero apparato e l'USRA sarebbero stati bloccati.

Ma allora, perché la questione del C.A.S. non è stata compresa nel nuovo crono programma e ne deve uscire quando questo, come detto, è stato oggi ripresentato per superare gli intoppi e gli errori che ci sono stati? D'altra parte siamo sullo stesso piano delle altre questioni perché se la soppressione del C.A.S. si è basata su una previsione normativa o contabile errata, questa va corretta come accaduto per il crono programma ripresentato.

Ricordo infine che finora abbiamo parlato di un gruppo e di una forma di assistenza collaborativa, quella del C.A.S., che per un bel po' di tempo ha tolto un sacco di castagne dal fuoco alla protezione civile e al comune, costituito da non meno di 5.000 persone che percepivano 600,00 €/mese per famiglia media (20,00 €/giorno), che tra l'altro non hanno mai smesso di pagare bollette, mentre gli stessi enti pagavano dieci volte di più agli albergatori per gli ospiti terremotati, elargendogli non meno di 6.000,00 €/mese per famiglia media (200,00 €/giorno). Il confronto è un semplice esempio contabile privo di intenzioni recriminatorie sui beneficiari nostri concittadini.

Che dire inoltre, delle difficoltà che si creerebbero in conseguenza della soppressione del C.A.S.: dalla separazione dei nuclei familiari che abitano oggi lo stesso immobile e che non troveranno collocazione se privi di un'oggettiva esigenza, alla gestione di un nuovo trasloco con ricerca del deposito e stivaggio dei mobili e delle cose non ammessi nei C.A.S.E. ed altre ed importanti difficoltà che le persone nascondono per dignità.

Ci sarebbero poi altri capitoli di questa nostra storia, tragedie a parte incancellabili, che pure meriterebbero di essere riportati alla nostra memoria come in particolare quelli sulla dubbia qualità della costruzione dei C.A.S.E. che provoca il loro malfunzionamento e una conseguente onerosissima manutenzione, sopportati e confermati dai continui disagi degli abitanti ed anche dal famoso "crollo del balcone" e dal successivo sequestro generale (oltre al resto in questi freddi giorni una giovane mamma è dovuta fuggire con il neonato figlio di un mese per il riscaldamento bloccato). Ma per il momento è necessario trovare la soluzione a questa repentina e coercitiva abolizione del C.A.S..

 

Ultima modifica il Martedì, 10 Marzo 2015 11:41

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