Mercoledì, 06 Maggio 2015 22:32

L'Aquila: cassa integrazione per i 90 dipendenti del cementificio Sacci

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Sembra davvero non avere fine il drammatico stillicidio delle crisi aziendali che sta flagellando il comprensorio aquilano. Crisi originate dalla difficile situazione congiunturale, nazionale e internazionale, e amplificate a dismisura dagli effetti e dall'onda lunga del terremoto.

Il paradosso è che a boccheggiare siano proprio quelle attività imprenditoriali che dalla ricostruzione dovrebbero trarre maggior linfa, vale a dire le imprese del settore edile e del relativo indotto.

Ieri, un'altra pesante tegola si è abbattuta sugli 88 lavoratori dello storico cementificio Sacci di Cagnano Amiterno, il piccolo comune dell'Alta Valle dell'Aterno situato a 18 km dall'Aquila: i vertici del gruppo cementifero hanno annunciato di voler mettere i dipendenti dell'impianto in cassa integrazione a zero ore per sei settimane (dal 18 maggio al 27 giugno).

La notizia è di quelle destinate a fare rumore. Un cementificio in crisi in una zona che ospita, come più volte s'è detto, quello che dovrebbe essere “il più grande cantiere d'Europa”, è come un rivenditore di bibite che non riesce a fare affari nel deserto: un'assurda anomalia.

I dipendenti sono in ferie forzate da lunedì e vantano già un mese di stipendi arretrati. Questa mattina, una delegazione di operai ha tenuto un sit-in davanti l'ingresso del Salone della Ricostruzione, a Monticchio: "Vogliamo sensibilizzare i cittadini sulla nostra situazione" hanon raccontato ai microfoni di NewsTown. "Ieri avevamo indetto uno sciopero per protestare contro il mancato pagamento degli stipendi ma lo abbiamo revocato dopo che la società ci ha garantito che entro fine mese sbloccherà tutti i pagamenti. Il 12 maggio avremo un incontro con l'azienda dove verrà chiarita tutta la situazione, comprese le modalità di erogazione della cassa integrazione".  

La Sacci, che ha aperto una procedura di concordato in continuità, ha comunicato ai lavoratori che, tra due settimane, verranno messi tutti in cassa integrazione a rotazione a zero ore. Il timore è che tutto questo sia solo il preludio a una chiusura definitiva.

La continuità aziendale della Sacci, gruppo romano proprietario anche della controllata Sicabeton, è a rischio da  qualche tempo. L'azienda, che ha un grande indebitamento e una forte esposizione con le banche, ha iniziato, l'anno scorso, un drastico piano di riorganizzazione e di cessioni, che prevede la chiusura o il ridimensionamento di diversi stabilimenti, tra cui quelli di Roma, Macerata e Pescara.

Proprio Pescara - dove, attualmente, sono occupati circa 20 lavoratori, tra impiegati e operai - rischia di cessare l’attività produttiva già dal prossimo luglio, a un anno circa dalla prima procedura di riduzione di personale che aveva determinato il licenziamento di 50 lavoratori.

La Sacci, meno di un mese fa, ha di nuovo comunicato alle organizzazioni sindacali nazionali e provinciali che è intenzionata a chiudere definitivamente. Se il disegno si attuerà, rimarranno per strada circa 80 persone, più l’indotto: complessivamente, 140 lavoratori.

Il timore dei dipendenti del cementificio di Cagnano è che lo stabilimento possa andare incontro a una sorte analoga: “Quando l'azienda, l'anno scorso, ci aveva comunicato il piano industriale” raccontano “eravamo stati tranquillizzati. Per il nostro impianto non erano stati prospettati problemi particolari, anche perché tutti avevamo pensato che, con la ricostruzione in corso, le commesse non ci sarebbero mancate”.

Invece le cose sono andate diversamente: le commesse non sono aumentate e quelle che sono state mantenute continuano a provenire in massima parte da fuori Cratere. Non c'è stato, insomma, nessun “effetto volano” generato dalla ricostruzione”. Siamo all'assurdo per cui, in una città e in un comprensorio con la più alta concentrazione nazionale di cantieri edili, un cementificio non riesce a fare affari.

"E' assurdo" commentano gli operai "dal Cratere abbiamo pochissime commesse, lavoriamo più che altro con la costa e il mercato romano. Noi vendiamo un prodotto di ottima qualità praticamente a km zero. Invece le imprese preferiscono acquistare da fornitori di fuori che applicano ribassi assurdi considerando anche i costi di trasporto che devono affrontare. E pensare che subito dopo il terremoto nel nostro stabilimento venne anche Guido Bertolaso, che ci rassicurò dicendoci che, con la ricostruzione, tutti i cantieri avrebbero usato il nostro cemento. La verità è che la maggior parte delle aziende aquilane sono escluse dagli affari legati alla ricostruzione".

 

Ultima modifica il Giovedì, 07 Maggio 2015 14:02

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