"Occorre uno sforzo poderoso e coeso per esonerare gli stanziamenti derivanti da calamità naturali dal rispetto del parametro deficit/pil e permettere che le somme necessarie alla ricostruzione non vengano conteggiate come costo sul bilancio corrente dello Stato. Questa interpretazione restrittiva della Commissione europea, che per il sisma emiliano è stata giustamente superata, non permette la contrazione di un mutuo con Cassa Depositi e Prestiti per tutte le risorse necessarie agli interventi che, ricordo, per L'Aquila continuano ad essere erogate con il contagocce dal Cipe".
Lo aveva detto l’assessore alla Ricostruzione, Pietro Di Stefano, alla vigilia della partenza per Bruxelles della delegazione aquilana, attesa in audizione. Lo ha ribadito il sindaco Massimo Cialente, nella conferenza stampa che, nel primo pomeriggio di ieri, ha preceduto l'incontro convocato per discutere delle Risposte del fondo di solidarietà dell’Unione Europea per il terremoto in Abruzzo del 2009. “E’ allucinante – ha sottolineato il primo cittadino – che la Ue, a fronte di una città distrutta da una catastrofe, ponga questo limite disumano”.
Il Sindaco lo ripete, a ragione, da tempo: la possibilità di sforare il patto di stabilità è centrale per la ricostruzione dell’Aquila. L’ultimo stanziamento da 1 miliardo e 200milioni, spalmato in sei anni, è appena sufficiente per il 2013. L’Europa, però, si è mostrata intransigente: a chiusura dell’incontro, cui hanno partecipato il primo cittadino, il presidente della Regione Chiodi, il presidente della Provincia Del Corvo, il capo della Protezione Civile e già Prefetto dell’Aquila Gabrielli, il capo dipartimento dei Vigili del fuoco Tronca, e il presidente del Consiglio regionale Pagano, la europarlamentare tedesca Ingeborg Grassle, molto vicina ad Angela Merkel, ha definito la ricostruzione del capoluogo una questione nazionale, tutta italiana. Non esiste, a quanto pare, un diritto europeo. Anche se è proprio l’Europa che impone vincoli asfissianti che bloccano i lavori.
Non solo. Da Bruxelles è arrivata conferma che l’Unione ha espresso perplessità sulla mancata restituzione delle tasse sospese: altererebbe, così, il rapporto di concorrenza tra Paesi membri. E’ per questo che il governo Letta ha elaborato un provvedimento, che andrà in discussione al Senato, che imporrebbe la restituzione dei tributi se non si dimostrerà di aver subito dei danni dal sisma.
L’unica buona notizia è che, per ora, sembra allontanarsi lo spettro di una procedura d’infrazione contro l’Italia per aver stanziato 350 milioni di euro nella costruzione degli alloggi del progetto C.a.s.e. Come noto, ed è il motivo dell’audizione organizzata a Bruxelles dall’Eurodeputato del Partito Democratico, Crescenzio Rivellini, relatore del dossier che la Corte dei conti ha assegnato al Parlamento europeo sul terremoto del 2009, la stessa Corte aveva bocciato la spesa perché violerebbe le stringenti regole comunitarie che impediscono di trarre vantaggi economici dagli aiuti di Stato.
Il sindaco Cialente ha ribadito che gli eventuali proventi derivanti dall'affitto degli alloggi, che a detta dell’Europa dovevano essere solo temporanei, serviranno a sostenere la manutenzione ordinaria e straordinaria. Nessun guadagno, insomma, per l’amministrazione. Il vero nodo, però, è proprio il contetto di provvisorietà: cosa intende l’Unione quando parla di interventi temporanei? Come definire un intervento più o meno temporaneo, in caso di emergenza? Andrebbe senza dubbio meglio definito. E’ su questa confusione che si gioca la partita: spalleggiati dalla Commissione Ue che, al contrario della Corte, giudica ben spesa la cifra stanziata per l'emergenza.
Insomma, la pratica di infrazione per il progetto C.a.s.e. si potrebbe evitare. Resta assai preoccupante, al contrario, la rigidità della burocrazia europea che non lascia molte speranze sulla possibilità di ottenere fondi certi per la ricostruzione con la Cassa depositi e prestiti, in deroga al Patto di stabilità. E’ questa la sfida da vincere. Ad oggi, non sembra possibile.