Brutta disavventura vissuta in Svezia da un uomo di origini aquilane, Giovanni Di Simone.
Di Simone - rappresentante di commercio nato a Goriano Sicoli ma residente nel paese scandinavo da più di 10 anni - è stato arrestato lo scorso 11 agosto dalla polizia di Stoccolma, che lo ha scambiato per un malvivente di origini georgiane ricercato.
L'accusa, che poi non è stata provata, era quella di ricettazione.
Ecco come si sono svolti i fatti.
Il giorno prima l'arresto, Di Simone era stato diffidato dagli agenti di polizie dal parcheggiare nelle adiacenze di un negozio della catena Ica, all'angolo tra le strade denominate Riddargatan e Banergatan, in un quartiere di Stoccolma chiamato Ostermalms. Un quartiere residenziale, situato in una zona centrale, nel quale, nei mesi scorsi, erano avvenuti alcuni furti.
De Simone si trovava in sosta all'esterno dell'edificio per usare il servizio di wi-fi gratuito di cui il complesso commerciale era fornito. La polizia lo ha subito sottoposto ad accertamenti, procedendo ad una perquisizione sia personale che del proprio automezzo, intimandogli poi, non avendo rilevato nulla, di non parcheggiare più, pena l'arresto, nei pressi del negozio. A nulla sono valse le spiegazioni fornite da De Simone sul perché si trovasse in quel posto.
"Agli abitanti del luogo" racconta l'uomo in una lettera di protesta inviata all'ambasciatore italiano in Germania (in Svezia la sede è vacante) "evidentemente non sono passato inosservato, non rientrando nei parametri della nordisk ras (razza nordica, ndr)".
Rivendicando il proprio diritto alla libera circolazione, "pienamente vigente nel regno di Svezia", Di Simone, il giorno dopo l'accaduto, è tornato nello stesso luogo per fare compere alla Ica. A quel punto, qualcuno ha avvisato la polizia e l'aquilano è stato ricercato ed arresto.
Portato nella stazione di polizia di Kungsholmen, in sede di interrogatorio da parte dell'ispettore Goran Wirbing, il rappresentante di commercio, con non poco stupore, ha saputo di essere accusato di ricettazione, non soltanto perché si era fermato nuovamente nell'area parcheggio del negozio ma anche perché, secondo chi lo aveva segnalato agli agenti, aveva la faccia da georgiano.
L'uomo - che ha parlato telefonicamente con l'Agi e ha messo nero su bianco quanto accadutogli nella lettera inviata all'ambasciatore - ha dovuto fronteggiare un pressante interrogatorio sia sulle sue eventuali connessioni con la criminalità georgiana, e poi sullo stato patrimoniale personale e di famiglia, in Italia.
Dopo l'interrogatorio, De Simone è stato rimesso in libertà, non prima, tuttavia, di aver subito il sequestro di un computer e di un telefono. Entrambi gli oggeti gli sono stati riconsegnati solo nelle scorse ore.
Giovanni Di Simone, in Svezia da oltre dieci anni, ha chiesto all'ambasciatore a Berlino Pietro Benassi "se non ritiene di dover interessare i massimi rappresentanti della politica estera del nostro Stato, affinché accertino, mediante intervento diplomatico presso le equivalenti autorità svedesi, se la loro corrispondente polizia nello svolgimento del proprio servizio conosca anche metodi meno concutenti dei più elementari diritti e delle libertà che spettano ai cittadini all'interno della Ue, e se sia condizione effettivamente sufficiente essere privati della libertà se soltanto si ha la faccia da georgiano".
La Svezia, per un caso analogo, fece parlare le cronache a fine agosto del 2011. In quell'occasione, un consigliere comunale di Canosa di Puglia fu arrestato, sempre a Stoccolma, con l'accusa di aver dato uno scappellotto al figlio 12enne che faceva i capricci poiché non voleva entrare in un ristorante con i genitori. Ad avvisare la polizia del presunto maltrattamento erano stati alcuni clienti dello stesso esercizio commerciale.