Il personale della Squadra Mobile di Napoli e del Commissariato di Sulmona ha eseguito stamane un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Francesco Mallardo, capo dell'omonimo gruppo criminale, per il delitto di cui all'art. 416 bis del Codice Penale.
Contestualmente, sono state effettuate numerose perquisizioni sia a Napoli che a Sulmona, luogo in cui il Boss era in regime di libertà vigilata.
Le indagini, condotte dal personale della Squadra Mobile di Napoli in stretta e costante collaborazione con la Squadra Mobile dell’Aquila e soprattutto con il Commissariato di Sulmona, hanno preso avvio nel momento stesso in cui Mallardo è stato ammesso alla detenzione domiciliare per motivi di salute. Gli inquirenti, infatti, con attività di intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti e servizi di osservazione, si sono mossi a seguito di alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia che hanno rivelato come Mallardo, nonostante la detenzione, continuasse a dirigere il clan.
Ed in effetti, Mallardo svolgeva a Sulmona una vita più che 'normale': conduceva automezzi (nonostante non abbia la patente), gestiva tranquillamente il clan strumentalizzando, tra l'altro, le patologie da cui è affetto (soprattutto quelle al cuore): i suoi spostamenti per le visite mediche, venivano sfruttati per organizzare incontri con i vertici degli altri clan a Napoli.
Mallardo teneva saldamente in mano le redini del clan, dando precise indicazioni agli affiliati. Uno dei primi atti compiuti, ottenuta la libertà vigilata, è stato quello di vietare agli affiliati di svolgere attività di spaccio di droga nel territorio giuglianese, pena l'adozione di severi provvedimenti. Nelle conversazioni intercettate dalla Squadra Mobile di Napoli, secondo quanto ritenuto dalla D.D.A di Napoli e dal G.I.P. del Tribunale partenopeo, Mallardo parla esplicitamente di affari del clan, estorsioni, reimpieghi, pestaggi ed attentati, di pagamento degli stipendi agli affiliati, del sovvenzionamento alle famiglie degli affiliati detenuti e delle dinamiche interne ai vari gruppi operanti all'interno del clan.
Vari gli argomenti discussi in ambientale, e tutti di chiaro contenuto camorristico: corresponsione delle spese legali per le difese degli affiliati; recupero crediti. Eclatanti, poi, i colloqui intercettati con i dirigenti di altri clan che riguardano investimenti effettuati in attività economiche, pagamento degli stipendi agli affiliati, estorsioni, riciclaggi, contrabbando di sigarette, gestione di agenzie gioco/scommesse nonché la realizzazione di progetti di edilizia residenziale.
Ciò che appare evidente dal complesso delle conversazioni intercettate e dai successivi riscontri è il ruolo assolutamente centrale ricoperto dal clan del boss Mallardo negli equilibri criminali dell'intera Regione Campania, dati i rapporti di stretta alleanza esistenti tra lo stesso e le organizzazioni criminali vincenti operanti nel Casertano e nella città di Napoli. Proprio tali rapporti, che trovano il loro antecedente storico nell'appartenenza del clan Mallardo alla "Alleanza di Secondigliano", hanno portato il boss ad assumere una posizione apicale anche sul territorio della città di Napoli.
E non è certo un caso che Mallardo abbia scelto Sulmona come luogo di dimora dopo il lungo periodo di detenzione carceraria e la successiva libertà vigilata: il centro peligno, infatti, è molto vicino a Giugliano, in Campania, è inoltre una cittadina tranquilla che avrebbe permesso l'organizzazione di incontri parentali ed affaristici. Ma la sua presenza sul territorio sulmonese non è mai sfuggita agli agenti del Commissariato di Sulmona che, già 2 anni fa, avevano segnalato alla Squadra Mobile dell’Aquila la presenza di Mallardo.