di Laura Mastracci - "Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione."
Con questo estratto della 'Dichiarazione Universale dei Diritti Umani' si è aperto l'incontro organizzato ieri, a L'Aquila, dal Soroptimist Club allo scopo di presentare e promuovere il Disegno di Legge Regionale per l'istituzione del Codice Rosa negli ospedali abruzzesi. In occasione della Giornata Internazionale dei Diritti Umani, il Palazzetto dei Nobili si è riempito di personalità più o meno note del nostro territorio per discutere di un problema sempre più visibile e, purtroppo, molto frequente nella nostra Regione che, come ci ricordano le statistiche, si trova al settimo posto in Italia nella triste classifica dei femminicidi.
Ma, come specificato dalla giornalista e moderatrice dell'incontro Daniela Senepa, "qualcosa si muove, cambia nei confronti di queste tematiche"; concetto ribadito da Vittoria Doretti, responsabile della Task Force Codice Rosa della Regione Toscana che ha voluto testimoniare la sempre maggiore sensibilità nei confronti delle vittime, non più considerate cittadini "di serie B" ma "di serie A+".
Questo "viaggio verso la civiltà", come è stato definito nel corso dell'incontro, ha guadagnato uno sprint ulteriore con le 50 squadre "Task Force" che a partire dal 2009 sono nate in tutta la penisola.
La Doretti ha raccontato la propria esperienza, risolvendo i dubbi e cercando di scacciare la disinformazione che divide il nostro Paese in due riguardo a questo argomento. Il progetto presentato a L'Aquila è stato definito da alcuni giornali "Trappola del Codice Rosa", dipinto come un percorso obbligato per le vittime di violenza che, una volta in ospedale, si trovano imbrigliate in un meccanismo che le rende non più portatrici di diritti ma oggetto di tutela, senza possibilità di scelta. "Noi non obblighiamo le persone a denunciare", ha spiegato Doretti, costretta a difendersi da una mala interpretazione del suo progetto. Lo scopo del Codice Rosa è "rendere più facili e immediati i servizi" per le persone (donne, ma anche anziani, bambini, disabili, omosessuali e immigrati) che giungono con più o meno evidenti segni di maltrattamenti e abusi al pronto soccorso, in modo da diminuire lo stress psicologico e fisico che va a pesare sulle spalle della vittima.
L'obiettivo di "Codice Rosa" è quindi creare un ambiente di empatia con un team di professionisti in grado di cogliere i segnali della vittima, un "noi" che possa aiutare chi subisce violenze a sentirsi al sicuro e ad avere un percorso speciale nel caso voglia sporgere denuncia.
"La solitudine a volte è dentro le proprie case, perciò far percepire questo noi è importantissimo" ha sostenuto l'Assessore Regionale alle Politiche Sociali e Pari Opportunità Marinella Scrocco sottolineando l'importanza dell'approvazione tempestiva di una nuova norma, in modo da "svecchiare" l'ormai datata legge 31 del 2007.
Le statistiche sempre più allarmanti sui casi di femminicidio, ma anche l'influenza che i maltrattamenti hanno sull'uso dei servizi sanitari nel corso degli anni o, ancor peggio, sui casi di suicidio, dovrebbero essere più che un campanello d'allarme per dire finalmente sì alla proposta di legge di Leandro Bracco (M5S) e, più in generale, a politiche di difesa e tutela delle fasce più deboli che, come si sono premurati di sottolineare tutti i partecipanti dell'incontro, non appartengono necessariamente ad un livello socioeconomico basso, ma interessano la società nella sua interezza.
di Laura Mastracci