"Le bambine e i bambini nei cantieri dell'immaginario", questo il nome della mostra in corso dal 29 luglio fino al 10 agosto nelle sale del Palazzetto dei Nobili, risultato del progetto "La città delle bambine e dei bambini a L'Aquila".
Si tratta del percorso di progettazione partecipata di bambini e ragazzi, dai tre ai diciotto anni, alla ricostruzione della propria città. Hanno aderito alcune classi della scuola dell'infanzia di Bagno, dell'Istituto "Maria Le Ventre", della scuola media "Mazzini-Catini", dell'Istituto Superiore Cotugno e dell' Istituto Tecnico Industriale.
Ad accompagnare gli alunni passo dopo passo nella creazione di veri e propri progetti di riqualificazione di alcune aree del capoluogo abruzzese, soprattutto quella del Parco del Sole e di Piazza D'Armi, sono stati i docenti dei vari istituti insieme ai tutor del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria e gli studenti universitari tirocinanti.
"L'apporto degli studenti è stato fondamentale - dice Alessandra De Matteis, tutor presso Scienze della Formazione e insegnante di scuola primaria, ai microfoni di StudenTown - alcuni hanno lavorato solo durante il periodo necessario per il tirocinio, altri invece si sono appassionati e hanno portato avanti il percorso con noi".
" I tirocinanti dell'Università dell'Aquila - continua De Matteis - si sono rapportati con i giovani cittadini in maniera inusuale, aprendo un dialogo attivo, soprattutto nel contesto della scuola elementare. I bambini si sono sentiti, dunque, per la prima volta liberi di poter contribuire attivamente non solo alla ricostruzione, bensì al miglioramento della propria città. "Una città per noi", scrivono con mille colori i bambini delle classi quinte dell'Istituto Maria Leverte. Questo è un messaggio molto semplice, che racchiude il bisogno di muoversi all'interno di un tessuto connettivo sociale forte e unito, che ora forse manca".
Quale valore assume tale percorso di progettazione partecipata?
Lo scopo finale del percorso è l'elaborazione di progetti di riqualificazione urbana, attraverso la percezione che i bambini hanno della città e della ricostruzione.
Quali sono stati i primi passi?
Durante la prima fase del progetto, iniziata l'anno scorso, abbiamo somministrato un questionario a tutti i bambini e i ragazzi di ogni scuola della città - da quelle dell'infanzia a alle superiori - chiedendo come avrebbero voluto vederla ricostruita. Dopo la rielaborazione dei dati estrapolati, abbiamo lavorato con i bambini. Inoltre abbiamo avuto la fortuna di collaborare con i tecnici del comune. Proprio loro dovranno provvedere alla ristrutturazione sia di Piazza D'Armi sia del Parco del Sole attenendosi ai progetti dei bambini.
Come avete lavorato con bambini e ragazzi?
Abbiamo iniziato a conoscerci partendo dal cerchio, e attraverso un brain storiming del tutto spontaneo siamo partiti con la fase didattica. Dopo i primi incontri ci siamo resi conto che loro volevano procedere da soli nella fase creativa. Cercavano gli adulti solo per un ausilio o per supervisionare qualche lavoro.
Come percepiscono i bambini delle scuole elementari i continui mutamenti del tessuto urbano e sociale in cui vivono?
Da parte di questi bambini c'è comunque la volontà di partecipare a tutti i cambiamenti che hanno intorno. Tutti hanno risposto che vogliono restare in questa città e contribuire per poterla vivere al meglio. Loro si vedono qui fino almeno fino al termine delle scuole superiori, quindi vogliono dare il proprio contributo alla ripresa e allo stesso tempo renderla anche a loro misura.
Abbiamo notato un forte bisogno di condividere. Quindi non solo di stare insieme, ma stare bene insieme. Tra di loro, e con l'adulto. Infatti nei progetti sono presenti degli spazi aggregativi che prevedono il momento con il nonno o con il genitore.
Nell'assetto urbanistico attuale dell'Aquila viene dunque a mancare la dimensione aggregativa.
Sì, e loro lo sentono fortemente. Gli unici momenti aggregativi che hanno sono la scuola e lo sport, qualora sia di gruppo. Ma comunque sono momenti "regolativi", in cui non hanno la possibilità di stare insieme e liberi.
Per raggiungere casa di un compagno di giochi, per esempio, hanno necessariamente bisogno di essere trasportati, considerando la delocalizzazione cittadina. E non sempre il genitore ha tempo o può accompagnarli.
Ma come immaginano una città a loro misura? Loro non hanno il concetto di "dov'era e com'era".
Questi bambini in particolare lo hanno chiaro, perché abbiamo fatto un lavoro di ricostruzione di memoria storica, per cercare di non decontestualizzare del tutto questa situazione. Hanno dunque trovato una loro identità. Anche ascoltando i racconti dei genitori, dei nonni, degli insegnanti, facendo ricerche su com'era prima. E vedendo come è adesso, grazie a delle uscite didattiche. Loro auspicano il ritorno alla situazione precedente al sisma, ma con modalità diverse. Perché immaginano come vorrebbero loro la città. Infatti scrivono "Una città per noi", immaginando soprattutto la possibilità di spostarsi liberamente. Propongono delle piste ciclabili, oppure dei punti di raccolta dove passino delle navette che li portino non solo a scuola, ma che li accompagnino a giocare al Parco del Sole o a Piazza D'Armi. Fanno tantissime proposte, e sono tutte realizzabili. Alcune possono sembrare troppo ricche di immaginazione, ma, con l'aiuto dei tecnici, la maggior parte di esse è attuabile.
Quindi il problema della disgregazione è percepito in maniera distinta anche da loro.
Sì, il messaggio è chiaro e molto forte. Lo stare insieme liberi, poter decidere cosa fare e come giocare è un bisogno fortissimo che loro hanno.
Il desiderio è quello dell'aggregazione e dello "stare bene insieme", ci hanno detto. E' particolarmente significativo.
Il corso di Scienze della Formazione Primaria ha iniziato a lavorare da subito a questo progetto?
Sì. Noi abbiamo lavorato al progetto per due anni. Prima con i questionari, i cui risultati sono anche stati presentati in un convegno che si è tenuto proprio nella nuova sede del Dipartimento di Scienze Umane. Poi abbiamo iniziato i laboratori. Gli studenti hanno gestito soprattutto questa fase. Prima di questa mostra, abbiamo esposto i lavori nel Dipartimento di Scienze Umane, ed erano presenti tutti coloro che sono stati coinvolti. Dai bambini della scuola dell'infanzia, agli studenti universitari. E' stata una partecipazione viva. Ora stiamo esponendo qui per mettere al corrente l'intera città di questi splendidi lavori.
Che tipo di lavoro avete svolto con i bambini della scuola dell'infanzia, nati per lo più dopo il sisma?
Con loro abbiamo fatto soprattutto un lavoro di ricostruzione storica sulla costituzione della città dell'Aquila. Attraverso la ricostruzione della vita nei castelli, quindi la crescita e lo sviluppo delle comunità dei castelli, siamo arrivati a far capire ai bambini il passaggio dal castello alla città territorio. E quindi la fondazione dell'Aquila. Hanno realizzato tutto con i loro mezzi espressivi migliori: il disegno e i giochi di movimento.
Avete ricevuto finanziamenti da parte del comune?
Finora no. Non ne abbiamo avuto bisogno, per il momento. Ma per le fasi successive sarà necessario, poiché il comune dovrà mettere a disposizione una parte del suo territorio - il Parco del Sole e Piazza d'Arti. Auspichiamo anche che l'amministrazione comunale si prenda l'impegno di modificare alcune realtà urbane, inserendo piste ciclabili e passaggi pedonali. Altra cosa molto importante sarebbe la realizzazione di aree aggregative all'interno dei Progetti c.a.s.e. Il comune pare che sia disponibile, considerando che i rappresentati istituzionali si sono presentati ai due convegni che abbiamo fatto a Scienze Umane, dall'inizio del progetto ad oggi. Ma per il momento non c'è nulla di certo. Noi comunque siamo tutti ottimisti, dopodiché ai bambini non abbiamo minimamente accennato a questi problemi. E' importantissimo far capire a un bambino o un ragazzo che il loro progetto ha la possibilità di realizzarsi, altrimenti rimane un'illusione, e non la tirano fuori. Invece sapendo che c'è davvero la volontà da parte di qualcuno di rendere concreti i loro progetti, i bambini hanno dato il massimo.
Durante tutto il percorso la domanda più frequente che i bambini ci hanno posto è stata: "Se ci siamo arrivati noi, che siamo piccoli, come è possibile che non ci siano arrivati gli adulti che dovrebbero ricostruire tutto?"