Lunedì, 25 Luglio 2016 18:18

Una vita vintage, contemporanea e futurista: l'archeologa e giornalista di moda, Anna Piaggi

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È nel momento in cui si viene a conoscenza di certi personaggi che il mondo della moda si colora di nuove sfumature a discapito dello spiacevole alone che spesso lo contorna.

Costantemente all’avanguardia, innamorata tanto del suo sapersi reiventare quanto dei suoi cappelli, Anna Piaggi è la protagonista di un docufilm della regista Alina Marazzi presentato durante l’ultima edizione del Biografilm - da poco conclusa a Bologna - a quasi quattro anni dalla scomparsa di questa fashion icon.

Ma chi è questa eccentrica e colorata signora amica dei geni della moda e contesa nelle sfilate delle fashion week di tutto il mondo? Milanese, classe 1931 – anni che per la moda in italiana si riveleranno essere fecondi di talenti – e con una famiglia immersa nel mondo del gruppo Rinascente, Anna Piaggi muove i primi passi della sua formazione professionale in Mondadori e in men che non si dica si consacra giornalista di punta e di riferimento nelle maggiori testate del tempo fino a dare vita lei stessa a riviste specializzate di moda (che per prima ha riempito di reportage nei dietro le quinte delle sfilate, tanto per dirne una) o a inserti come D.P. Doppie Pagine di Anna Piaggi nel 1988 su Vogue, diventate pagine cult del giornalismo di settore.

Oltre alla forte necessità di dare una svolta sulla carta stampata, la signora Piaggi è fenomeno di se stessa: ogni sua apparizione diventa una performance artistica condita di uno straordinario senso dello humor. Una collezione sterminata di abiti e accessori la rendono un’opera d’arte itinerante, quella stessa arte da cui lei stessa prende costantemente ispirazione. C’è chi l’ha definita un’archeologa della moda. Anna Piaggi sfida le convenzioni, esce dal confine del corpo per contaminare lo spazio accostando stili, epoche, culture, colori e forme inconsuete. Per tutta la sua vita, questa donna ha fatto della ricerca e dello studio dell’estetica la sua missione.

Karl Lagerfeld, oltre a vantare un’amicizia decennale con la giornalista, le dedica un libro Anna-cronique al quale lei collabora, e la definisce come colei che “inventava la moda e nel vestirsi sapeva automaticamente quello che noi avremmo fatto domani”.

Frase non del tutto campata in aria non solo perché uscita dalla bocca dell’attuale capo esecutivo dei disegnatori di Chanel, ma perché realmente Anna Piaggi 50 anni fa, azzarda in quello che sarebbe diventato oggi un segno di stile, una raffinata ricercatezza, un esercizio di gusto di non facile esecuzione: il vintage, quando non aveva questo nome e quando il pensiero di vestire “usato” avrebbe fatto inorridire chiunque. Lei lo porta in passerella, non da modella ma da spettatrice. Ogni sfilata che si rispettasse la vedeva seduta in prima fila.

Se volete un esempio del vero concetto di vintage sfogliate una gallery e lasciatevi trascinare dall’eccezionalità di questo catalizzatore. Forse anche prima che le protagoniste di Sex and the City fossero nate, vive il mondo con ai piedi le inconfondibili calzature del suo grande amico Manolo Blahnik, la ciocca blu davanti all’occhio destro – meraviglioso errore del suo parrucchiere – e sculture fatte cappello.

Talmente unica da essere fonte di ispirazione ma non replicabile.
Una figura illuminante. Emblema di chi la moda la segue con passione e ne riesce a cogliere soprattutto l’aspetto comunicativo più che quello esclusivo e lussuoso.

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