Sabato, 17 Settembre 2016 16:09

Capestrano svelato dai volti di chi lo abita: la storia di Simonetta

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E' una storia speciale quella di Simonetta Caruso Puglielli. Una storia che parte da lontano, e da un cognome importante: Alleva. E' la storia di un ritorno, che proviamo a raccontarvi cercando di trasmettere quello che lei trasmette a noi: entusiasmo, vita, legame con la propria terra.

Simonetta nasce a L'Aquila da una famiglia partigiana: è figlia di un impiegato di banca e della nota ostetrica Ada Alleva, sorella del più giovane dei nove martiri. Si diploma all'Istituto Europeo di Design in Fotografia Pubblicitaria, per circa vent'anni fa la libera professionista ma non si accontenta: la sua passione per la scrittura creativa la porta ad un nuovo percorso di formazione presso l'Istituto Superiore di Comunicazione di Roma, a frequentare un master in copywriting per la pubblicità, cinema e TV. Come poteva restare in una città di provincia?

Simonetta sceglie Milano, per il desiderio di confrontarsi con una realtà diversa. Da giovanissima aveva vissuto tra Palermo e Pantelleria, "il Nord mi era sconosciuto", ci racconta, "per cui mi sono detta, perché no?". Non avrebbe certo mai pensato, però, che la sua città d'origine sarebbe stata distrutta da un terremoto. Non era qui nel 2009, lavorava a Milano per una nota casa di moda. Aveva realizzato le sue ambizioni.

"Il terremoto anche se non lo vivi di persona ti arriva lo stesso. Mia madre era morta anni prima ma il mio papà era lì. Lui, i miei amici e qualche altro parente, erano tutti lì. Dopo un periodo di depressione reattiva. nella mia testa è scattato un click che mi ha fatto ricollocare tutte le priorità al posto giusto. Ho sentito l'urgenza di tornare nella mia terra, la terra d'Abruzzo. E' come quando si ha un genitore malato, come fai a stare lontano..."

A 14 anni, Simonetta ha trovato la macchina fotografica di suo padre, una vecchia Exacta completamente manuale e senza esposimetro. Ha imparato a fotografare con quella. "Se non hai l'esposimetro devi per forza capire la luce, e non puoi sbagliare, le pellicole costano! Spendevo tutta la mia paghetta settimanale per le pellicole, lo sviluppo e la stampa. Ho fotografato i miei coetanei, i compagni di scuola e delle vasche sotto i portici. Ho sempre amato fare ritratti, ho un innato bisogno di instaurare rapporti con le persone. E fotografare le persone ti permette di entrare in contatto, spesso, con l'anima della gente. E' un preciso momento che sfugge nell'attimo esatto in cui fai click, ma è magico e io vivo per questo: diventa eterno per me e per la persona che ritraggo. E' uno scambio di energia incredibile. E' amore allo stato puro."

Inizialmente il lavoro a Milano piaceva molto a Simonetta: le sfilate, le cene con persone famose, ma poi tutto cambia, viene come ridimensionato, e il terremoto  fa il resto. Ci dice che la vita e troppo breve per fare ogni giorno le sette di sera dentro un ufficio. "E poi la moda è effimera. Bisogna, ad un certo punto, iniziare a prepararsi per lasciare, leggeri, questo mondo. Siamo tutti di passaggio e vorrei, finché mi sarà possibile, capire il mondo profondamente: ce la sto mettendo tutta. La vita non può scorrerti affianco. Ci devi stare dentro, devi sentirla. In una grande città c'è troppo rumore, troppe distrazioni e troppi stimoli. Per sentire la vita si ha bisogno di silenzio e oggi è così difficile trovare il silenzio."

simonetta caruso autoritrattoEcco, Simonetta ha bisogno di concentrazione, cerca il silenzio. E nella sua terra è ancora possibile trovarlo. C'è chi è andato via con il terremoto, e chi, come lei, è tornata, trovando quello che cercava, prima all'Aquila e ora a Capestrano. Perché proprio lì, ci domandiamo, in un paese di circa 900 anime affacciato sulla valle del Tirino? Capestrano è il paese di sua nonna, della mamma di suo marito - "il secondo, di cui ero innamorata da ragazza" -, è il paese dove suo papà andava a pescare le trote e raccogliere olive nell'amato uliveto, dove Simonetta ha trascorso gran parte della sua infanzia, dove hanno casa i suoi cugini, e dove scorre lentamente il fiume Tirino.

Un vero e proprio ritorno alle origini, alle radici, in una terra aspra, ostica per molti. Eppure, arrivando a Capestrano ci accorgiamo che il posto è davvero magico. E' l'ora del tramonto, entriamo nel castello e, come in un varco spazio temporale, sembra di entrare in una favola di luci, ombre e silenzio. Infatti, "in tanti si innamorano di questo paese, del nostro borgo", ci dice Simonetta. "Quando inizi a fare le curve, subito dopo Navelli, ti sembra di entrare in uno Stargate. E' tutto un altro mondo. E la gente che lo vive è particolare."

Ed è proprio dall'incontro e le relazioni con le persone di Capestrano che nasce il progetto a cui Simonetta sta lavorando in questo periodo. "Ho provato a fotografare il borgo in tutti i modi, ma niente, non sono fatta per i paesaggi. Mi sembravano cartoline le immagini che uscivano fuori. Così ho pensato di raccontare questo luogo attraverso il ritratto delle persone che lo vivono e che hanno scelto di amarlo."

Il progetto è stato avviato da poco, con il favore del Sindaco e del Vice Sindaco, convinti che la cultura sia il punto da cui ripartire per far crescere il paese. Le prime persone ritratte sono entusiaste di far parte di questa sorta di ritratto corale. Simonetta lavorerà, prevede, fino all'inizio dell'estate prossima. Ci anticipa che a settembre le piacerebbe esporre il suo lavoro al Castello Piccolomini e magari, perché no, stampare un volume dedicato al territorio.

Scopriamo dunque, parlando con Simonetta, che Capestrano è un paese molto sensibile ai temi dell'arte e della cultura: proprio la settimana scorsa c'è stata l'inaugurazione della Casa d'Autore, uno spazio dove sarà possibile incontrare artisti contemporanei e scoprire documenti storici, foto, testi, opere d’arte di autori passati. Inoltre, per il secondo anno si sta tenendo nel borgo un corso per attori professionisti tenuto da Antonio Fava, noto maestro di teatro. Non solo. Un restauratore milanese, residente a Parigi, sta ideando qui la realizzazione di un film festival che abbia per tema proprio il territorio.

A questo punto chiediamo a Simonetta cosa pensa del processo di spopolamento al quale vanno incontro numerosi borghi del territorio aquilano e se Capestrano, come ci sembra, sia in realtà in controtendenza. "Credo che la controtendenza sia già iniziata ma, siccome è silente, non se ne ha la percezione. I nostri borghi sono pieni di persone che hanno scelto di viverne i vicoli, le vecchie case, i silenzi dell'inverno. Ma, non facendo rumore, è difficile farne una stima. A detta di tanti amici, anche nei borghi vicini è così."

Una scelta particolare dunque, di ritorno ad una vita dettata da ritmi diversi, sarebbe alla base di questa controtendenza. "Questo tipo di persone è alla ricerca di rapporti di vita autentici. Ogni tanto si ha bisogno di fermarsi e sentire la vita. Il mio progetto svelerà, in parte, questa realtà. Fatta di persone, che hanno capito che la realtà sa di pane."

Ci sentiamo bene dopo questo caffè con Simonetta. La sua energia, il suo entusiasmo, sono un interessante e contagioso punto di vista sul nostro territorio. La salutiamo, con un'ultima domanda, forse la più personale: chiediamo qual è il significato del simbolo che porta tatuato sulla fronte. "E' il terzo occhio: una volta eravamo capaci di parlare con il pensiero tra di noi, passando attraverso questo occhio che sta nel mezzo della fronte. Ho voluto segnarlo sulla mia, perché sono aperta al dialogo, sempre. Sono stata sempre attratta dall'Oriente, pur non essendoci mai stata. Pratico yoga da tempo e sto per iniziare il terzo anno di un corso quadriennale di formazione per insegnanti. Non può bastarmi vivere una sola vita. In questa, ne vivrò almeno tre. E non è detto che Capestrano sia la mia ultima sosta. Namasté, e che anche la tua, la vostra, sia una buona vita, come lo è la mia, perché sono anni che ho scelto di essere felice, nonostante tutto."

Simonetta
Simonetta
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Ultima modifica il Domenica, 18 Settembre 2016 23:42

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