Mercoledì, 11 Ottobre 2017 09:29

Santa Maria Paganica, l'intervento che fa discutere: un altro punto di vista

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Sta facendo discutere la città l'intervento di sostituzione edilizia dell'edificio accanto a Palazzo Ardinghelli in Piazza Santa Maria Paganica.

Vi proponiamo il punto di vista, assolutamente interessante, di uno studente di Ingegneria Edile – Architettura all'Università degli Studi dell'Aquila che, ve lo diciamo subito, giudica l'intervento di tutto rispetto, accademicamente almeno.

 

di LucavespAq - É il primo vero progetto d'Architettura nella ricostruzione del centro storico e nessuno sembra accorgersene. Costituisce il primo serio tentativo di misurarsi nell'odierno con l'eredità culturale di cui il centro storico costituisce una testimonianza materiale e l'opinione pubblica lo rifiuta gridando all'orrore. Una città che ha lasciato che disordine e mediocrità fagocitassero il suo territorio ora non sa più identificarsi nell'armonioso dialogo della parte con il tutto, del passato con il contemporaneo.

Ma procediamo con ordine, per priorità.

Per non smarrirci nel vasto e contraddittorio mondo dell'architettura, facciamoci guidare da Vitruvio, trattatista latino, ripreso nel Rinascimento il quale ci insegna che in tutto ciò che si fa nell’opera vanno ricercate queste tre cose: Firmitas, utilitas, venustas, ovvero solidità, funzionalità ed estetica. Penso che da aquilani non si possa che cominciare dalla firmitas, ovvero dalla sicurezza strutturale: l'edificio, con esito “E” è stato abbattuto e ricostruito in ottemperanza alle attuali norme tecniche, che garantiscono un elevato livello di sicurezza. Certamente maggiore di quello dell'edificio sostituito, tanto per dire "come prima, meglio di prima". Riguardo alla funzionalità va considerato che si tratta di un edificio privato e, pertanto, non poteva essere cambiata la destinazione d'uso né si potevano mutare la sagoma o forma, dimensione e posizione delle finestre, né tantomeno negare il diritto dei proprietari di tornare ad abitare la propria casa. Dunque dal punto di vista dell'utilitas c'era ben poco da inventare: il complesso delle norme e delle legittime pretese della proprietà non concedevano spazio di lavoro. Risulta chiaro a questo punto che per quanto riguarda l'estetica, la venustas, gli architetti non potevano che intervenire sulla sola pelle dell'edificio, e tramite questa gestite il rapporto con la piazza e soprattutto con l'attiguo Palazzo Ardinghelli, uno tra i più pregiati palazzi del settecento aquilano.

Chiarite le limitazioni dell'intervento, il tentativo è stato quello di creare un dialogo tra il contemporaneo e la storia, il moderno e l'antico: la trama degli elementi che compongono la facciata moderna riprende le proporzioni dell'antica, misura le modanature delle finestre, il coronamento alla cimasa, la linea del parapetto che poco più in là prende vita con slancio barocco nella balconata. É come se la nuova architettura interpretasse l'antica per facilitarne la lettura, indirizzare ad essa lo sguardo guidandolo con il suo ordito perfettamente razionale.

L'assenza di imbotti alle finestre, che diventano dei vuoti geometricamente sottratti al pieno, sottolinea le modanature plastiche delle finestre del Palazzo, la cui eco si rafforza, prende maggior vita. Il dialogo continua con la piazza e cambia di registro, assume il linguaggio dei materiali ed arriva a relazionarsi con la chiesa. Santa Maria Paganica, sebbene tanto mal ridotta presenta ancora una peculiarità dell'architettura medioevale dell'Aquila: l'apparecchio aquilano. Questo tipo di paramento murario è realizzato con conci ben squadrati di pietra calcarea di piccole dimensioni, allineati a formare ricorsi regolari. Era tipico soprattutto del XIII e XIV secolo ed era un paramento tanto pregevole quanto costoso. É oggi un emblema di quel periodo, di quella cultura materiale e di quella città, L'Aquila del '300 che, come nel romanzo di Calvino, vive nel corpo della città che rinasce oggi ancora una volta.

A questa immagine i progettisti hanno risposto con un emblema del nostro tempo: la facciata è realizzata come facciata ventilata (ovvero elementi sottili separati dalla struttura da un'intercapedine d'aria, utile al fine del risparmio energetico e del comfort ambientale) e gli elementi che la costituiscono sono realizzati con un particolare tipo di cemento capace di captare anidride carbonica dall'atmosfera ed altre sostanze inquinanti. Dunque questo materiale e questa modalità costruttiva assurgono ad emblema della nostra epoca, di tecnica e sviluppo scientifico, in cui la pietra è diventa sintetica e protegge l'ambiente garantendo il comfort ambientale. E il tutto mantenendo l'equilibrio cromatico con la piazza, la pietra calcarea ed i colori tenui degli intonaci dei palazzi storici.

Insomma, per quanto i giudizi e le considerazioni estetiche siano personali, dietro questo progetto c'è un universo di ragionamenti che non può essere banalizzato a qualche laconico epiteto. La città è un corpo vivo, i mutamenti sono il segno della nostra appartenenza al tempo, e il fatto che molti ne siano scandalizzati dà conto di quale sia la distanza che hanno istaurato tra loro stessi ed il mondo fuori.

LucavespAq

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