3.231 Comuni italiani, il 40% del totale, accolgono richiedenti asilo sul proprio territorio; i posti per i beneficiari degli Sprar sono aumentati di 5 mila unità a luglio e altrettanti sono in fase di valutazione: potrebbero arrivare a 35 mila entro fine anno. In Abruzzo, i Comuni che accolgono richiedenti asilo sono 59 su 305: l'1.8% sul totale delle amministrazioni ospitanti (in generale, i Comuni abruzzesi pesano per il 3.8% a livello nazionale), con una incidenza del 19.3% a livello regionale, la più bassa in Italia se si esclude la Sardegna. Altro che invasione, insomma.
Si evince sfogliando il 'Rapporto protezione Internazionale' promosso da Anci, Caritas Italiana, Fondazione Migrantes in collaborazione con Unhcr e presentato ieri a Roma.
Gli accordi tra l'Associazione nazionale comuni italiani e il Viminale per l’accoglienza diffusa dei migranti hanno portato ad un cambio di prospettiva anche nell’accoglienza gestita dal governo nei territori: più Comuni coinvolti, meno concentrazioni in poche comunità, una distribuzione più equa e controllata e strutture sempre meno ‘impattanti’, per favorire l’integrazione. Inizia così a concretizzarsi la richiesta dell'Anci di tenere insieme una duplice esigenza: superare la logica dell'emergenza, visto che le migrazioni sono un fenomeno globale stabile e strutturale, e realizzare gradualmente un sistema di accoglienza regolare ed ordinato, salvaguardando il bisogno delle comunità - manifestato dai sindaci - di garantire controllo e integrazione sostenibile.
Negli ultimi 5 anni, il numero dei migranti presenti nelle strutture di accoglienza è cresciuto costantemente, passando dalle 16.844 presenze del 2012 alle 188.084 nel 2016 (+1.017%). Per quanto riguarda la sola accoglienza negli Sprar, tra il 2012 ed il 2016 il numero di persone accolte è quintuplicato, passando dalle 7.823 del 2012 alle 34.039 del 2016. L’accoglienza Sprar brilla inoltre rispetto al tasso di integrazione delle persone ospitate, che continua ad aumentare, mentre diminuisce di conseguenza il tempo di permanenza nelle strutture di accoglienza e aumentano dunque le persone che possono beneficiare dei progetti di integrazione. Nel corso del 2016, infatti, sono uscite dall’accoglienza complessivamente 12.171 persone. Di queste il 41,3% aveva concluso il proprio percorso di integrazione e di inserimento socio-economico: nel 2015 questa percentuale si fermava al 29,5%.
E’ il segno evidente del successo nel percorso di integrazione che caratterizza l’accoglienza tramite il canale degli Sprar gestiti dai Comuni. E’ per questo motivo che gli oltre 34 mila beneficiari dei progetti Sprar non corrispondono ai posti disponibili (circa 26 mila): i beneficiari restano in accoglienza nei centri Sprar per un periodo più breve, dando così la possibilità a più persone di usufruire dei servizi erogati dai progetti.
I numeri dell’accoglienza in Italia
Dei 205 mila migranti presenti nelle strutture di accoglienza al luglio 2017, 158.607 sono ospitati dai Centri di accoglienza straordinaria (Cas) e 31.313 dagli Sprar.
Se in termini assoluti le Regioni più coinvolte nell’accoglienza sono Lombardia (13,2%) e Campania (9,3%), è in Toscana ed Emilia-Romagna che si è quasi pienamente realizzato il principio dell’accoglienza diffusa sostenuto dall’Anci e perseguito grazie agli accordi con il Viminale: in Toscana l’83% dei Comuni accoglie richiedenti asilo, in Emilia-Romagna il 78,1%.
A livello nazionale, l’accoglienza diffusa dello Sprar è presente inoltre nel 51,4% dei Comuni con meno di 5 mila abitanti. Altro apporto considerevole è quello della rete diocesana, che da sola accoglie 23.365 persone su tutto il territorio nazionale.
Minori stranieri non accompagnati: ancora criticità da risolvere
Un capitolo a parte merita il tema dei minori: al 25 ottobre 2017 sono sbarcati sulle nostre coste 14.579 minori (in tutto il 2016 erano stati 25.846); il 93,2% sono minori soli. La maggior parte di essi proviene da Guinea, Costa d’Avorio, Bangladesh.
Al 30 settembre 2017 sono 18.491 i minori stranieri non accompagnati presenti in Italia, accolti in 2.039 strutture. Rimangono ancora criticità legate soprattutto all’eccessiva durata della permanenza nei centri di prima accoglienza e all’esiguo numero di strutture dedicate e di posti nello Sprar, nonché alle difficoltà dei Comuni di attivare una presa in carico economicamente sostenibile. Nonostante ciò, anche nei confronti dell’accoglienza dei Msna è possibile misurare la sempre maggiore affermazione dell’accoglienza diffusa: se nel 2007 erano solo 36 i Comuni che si facevano carico del problema, nel 2016 si arriva a quota 500: merito anche dell’istituzione di un fondo nazionale voluto dall’Anci e dall’apertura, anch’essa ottenuta dall’Associazione, dei posti Sprar anche per i minori stranieri non accompagnati.
Il quadro generale: in Europa meno arrivi e meno domande di protezione
Nel mondo ogni giorno 28.300 persone sono costrette a fuggire dalle proprie case. La metà di costoro sono bambini, spesso soli. E il numero totale di chi scappa da guerra, fame e persecuzioni continua a salire: 65,6 milioni alla fine del 2016, 300 mila in più rispetto all’anno precedente. Di questi, 2,8 milioni sono richiedenti asilo. Il 55% viene da Siria, Afghanistan e Sud Sudan, vorrebbero rifugiarsi in Germania o negli Stati Uniti, ma il Paese in cui si ritrovano più spesso è la Turchia. Ciò nonostante, le richieste di protezione internazionale rivolte a Paesi dell’Unione europea continuano a calare.
E’ la conseguenza degli impedimenti attivati per raggiungere l’Europa, dagli accordi tra Ue e la Turchia alla chiusura del canale balcanico, alla costruzione del muro al confine con la Serbia. Se nel 2015 erano state oltre 1.800.000 le persone in fuga giunte in Europa, nel 2016 sono state poco più di 500.000.
I dati sugli sbarchi in Italia: calano del 30%, aumentano domande di protezione
Nel 2016, evidenza il rapporto, 162 mila dei 181.436 migranti sbarcati sulle coste italiane erano partiti dalla Libia. Al 30 ottobre 2017, il numero di sbarchi segna quota 111.302, ovvero il 30% in meno rispetto allo stesso periodo del 2016. Se a livello mondiale i richiedenti protezione provengono soprattutto da Siria, Afghanistan e Sud Sudan, in Italia gli sbarchi coinvolgono per la maggior parte nigeriani (14 mila persone fino a giugno scorso), bengalesi e guineani.
Altra caratteristica tutta italiana è l’aumento delle domande di protezione internazionale, a fronte del calo a livello europeo: nel 2016 sono state presentate complessivamente 123.600 domande (+47% rispetto al 2015), e i dati sulle richieste di asilo registrano un ulteriore incremento nei primi sei mesi del 2017, pari al 44% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il tasso di accoglimento delle domande invece si ferma al 43% (status di rifugiato 9%; protezione sussidiaria 9,8%; permesso per motivi umanitari 24,5%).
Sul fronte delle domande di protezione internazionale, nel 2016 l’incidenza delle decisioni positive sono risultate più elevate all’interno dell’universo femminile (58,5%) rispetto a quanto emerge dai dati relativi agli uomini, per i quali la percentuale delle decisioni positive è poco superiore al 38%. Nello specifico, alle prime è stata riconosciuta prevalentemente la protezione umanitaria (nel 30,4% dei casi), seguita dallo status di rifugiato (15,8%) e dalla protezione sussidiaria (12,3%). Anche i maschi hanno ottenuto in maggior misura la protezione umanitaria (19,7%), ma al secondo posto figura la protezione sussidiaria (14,3%) mentre lo status di rifugiato è stato concesso solo ad una quota minore di richiedenti (4,1%). Anche nel primo semestre 2017, sono soprattutto le richiedenti di sesso femminile ad ottenere una decisione positiva. Nello specifico, ad esse è stata accordata la protezione umanitaria nel 29,4% dei casi (contro il 23,7% dei maschi), lo status di rifugiato nel 26,7% (contro il 6,3%) e la protezione sussidiaria nell’8,2% (contro il 10%).
Dalla distribuzione delle decisioni per fasce d’età emerge che sono circa 8 su 10 i minori fino a 17 anni e poco più di 8 su 10 gli anziani con più di 64 anni a cui alla propria domanda di protezione corrisponde un esito positivo. Nettamente più basse le percentuali di riconoscimenti positivi delle due fasce intermedie 18-34 e 35-64 anni (rispettivamente 36,6% e 47,6%). Nello specifico, ai minori viene riconosciuta la percentuale più alta di protezione umanitaria (40,5% e 59%), la protezione sussidiaria è riconosciuta in misura maggiore ai richiedenti appartenenti alla fascia con oltre 64 anni (37,8%), mentre lo status di rifugiato è riconosciuto in prevalenza ai minori di 13 anni (27,3%). Sono infine le fasce d’età tra i 18-34 e 35-64 anni che presentano le percentuali più elevate di dinieghi (rispettivamente 59,7 e 48,9%). I dati relativi al primo semestre 2017 confermano il maggior numero di esiti positivi riconosciuti ai minorenni e agli ultra sessantacinquenni e una maggiore presenza di dinieghi nelle fasce intermedie.
Come nel 2016, anche nel primo semestre del 2017 ai migranti originari di America ed Europa nella maggioranza dei casi viene accordato un esito positivo mentre sono circa 6 su 10 le domande respinte ai migranti provenienti dal continente africano.
Domande presentate soprattutto a Milano, Bologna e Roma. Piu’ riconoscimenti a Torino, Caserta e Palermo
Nel primo semestre 2017 sono le Commissioni territoriali di Torino1, Caserta1 e Palermo ad avere espresso in misura maggiore parere positivo, per oltre 7 su 10 domande esaminate (contro una media di poco più di 4 su 10). I dinieghi sono stati emessi prevalentemente dalle Commissioni di Firenze/Perugia e Bari1 per oltre 8 casi su 10 (contro una media di poco più di 5 dinieghi su 10).
Nel 2016 è presso la Commissione territoriale di Milano che è stato depositato il numero più elevato di richieste di asilo (9.274 pari al 7,5%), in diminuzione rispetto all’anno precedente (erano il 10%). A quella di Milano seguono le commissioni di Bologna e Roma (entrambe 5,6%) e Torino (5%). Nel 2017 la commissione di Milano continua a mantenere il primato del numero di domande presentate (8,4%), a cui segue però Salerno (5,7%) e di nuovo Bologna (5,3%) e Roma (5,1%).
Dettaglio accoglienza regionale
Complessivamente, nel 2016 la maggior parte di migranti risulta ospitata nelle strutture di accoglienza della Lombardia (23.707 persone pari al 12,6%), a cui seguono quelle di Lazio (17.464, il 9,3%), Sicilia (16.555, l’8,8%), Piemonte (14.911, il 7,9%), Campania (14.789, il 7,9%) e Veneto (14.433, il 7,7%). Tra il 2014 e il 2016 il numero degli accolti nelle diverse strutture ha fatto registrare gli incrementi maggiori in Veneto (+533,9% di presenze), Toscana (+395,5%) e Trentino-Alto Adige (+364,1%).
Principali rotte
Nel 2016 sono 551.371 i migranti arrivati irregolarmente in Europa, un numero significativamente più basso rispetto al 2015 (1.822.330 ingressi).
La rotta più utilizzata è quella del Mediterraneo centrale. E’ anche la più rischiosa: 5000 morti nel 2016 nel Mediterraneo, di cui 4.500 lungo questa rotta. In tutto 181.459 persone nel 2016 hanno attraversato questa rotta, soprattutto nigeriani (37.554), eritrei (20.721) e guineani (13.550), 25.846 minori; segue la rotta del Mediterraneo Orientale: i numeri nel 2016, comunque, sono drasticamente diminuiti a seguito dell’accordo tra l’Ue e la Turchia siglato a marzo. Sono 182.277 i migranti che nel 2016 hanno percorso questa via, la maggioranza dei quali l’hanno percorsa nei primi tre mesi dell’anno; prevalentemente siriani (84.585), afghani (43.120) e iracheni (27.978). Nel 2017, tra gennaio e giugno, gli ingressi irregolari sono stati solo 13.060, in maggioranza siriani (4.600), pakistani (1.478) e iracheni (516).
Quella Balcanica è la via di terra che attraversa la Grecia verso altri Paesi dell’Unione europea: a seguito dell’accordo UE-Turchia, lungo questa rotta si è registrata una drastica riduzione, passando dai più di 700.000 attraversamenti irregolari del 2015 ai poco più di 130.261 nel corso del 2016; così, se i passaggi irregolari mensili rilevati nel mese di gennaio 2016 sono ancora intorno ai 60.000, nel mese di settembre ammontano a poco più di 2.000.