Come passare dall’Aquila alla corte dei più importanti registi e cineasti contemporanei, dalla profonda provincia italiana a Londra, dall’estrema periferia dell’impero al cuore dell’impero.
Difficile? No, se a muoverti è la passione, il desiderio di cambiamento, la pervicacia nel perseguire i tuoi obiettivi e un’irrequietezza che ti spinge a non stare mai fermo e a non porti limiti. E se, naturalmente, hai un grande talento.
La vita di Victor Perez sembra essere la sceneggiatura di uno dei tanti film a cui ha collaborato.
36 anni, spagnolo, Victor inizia come attore nel suo paese ma ben presto si trasferisce in Italia per studiare teatro e scultura.
Va a vivere a Reggio Emilia e lì conosce una ragazza, che anni dopo diventerà sua moglie. Fa la maestra ma non è emiliana: è abruzzese, dell’Aquila.
Quando Victor, mosso dalla volontà di dare una sterzata alla sua carriera (“Non potevo continuare a fare l’attore in Italia, per via dell’accento”), decide di frequentare un corso di cinematografia, sceglie proprio L’Aquila, dove c’è l’Accademia dell’Immagine fondata da Gabriele Lucci.
“All’inizio avevo pensato di andare fuori, avevo pensato a posti come l’Ucla, Los Angeles” racconta a NewsTown “Poi venni a sapere che all’Aquila c’era l’Accademia. All’inizio pensai a un errore, perché nessuno in Italia me ne aveva parlato. Andai a chiedere informazioni e decisi di iscrivermi. Mia moglie all’epoca voleva andare a vivere in Spagna ma io insistetti per trasferirmi all’Aquila. In Accademia imparai a fare tutto, la cosa bella era proprio che dovevamo fare tante cose, non limitarci a una sola tecnica o a un solo linguaggio. Questa per me è una base fondamentale per ogni regista e per qualsiasi professionista che lavori nel mondo cinema. Per me gli anni in Accademia sono stati una benedizione anche se non ho mai potuto completare per intero il corso di studi per via del terremoto. Quel periodo, però, rimarrà uno dei momenti più belli della mia vita, mi è dispiaciuto molto che l’Accademia non sia potuta sopravvivere. Sarebbe stata un’opportunità per il territorio. Certo, ora c’è il Centro di cinematografia sperimentale, che fa un lavoro bellissimo. Ma è diverso, l’Accademia era qualcosa che apparteneva all’Aquila, era un’identità del territorio, mentre il Centro è qualcosa che sta all’Aquila ma sta anche in altre città”.
All’Aquila Victor cresce sotto il magistero di docenti come Vittorio Storaro e, soprattutto, Stephen Natanson: “E’ stato l’insegnante da cui forse ho imparato di più. Steve è una persona molto pragmatica e mi ha condizionato molto a livello artistico, soprattutto nell’idea che si può fare di tutto con poco”.
Dopo il terremoto, aiutato da alcuni amici, Victor va a Londra per studiare effetti visivi. E’ un periodo duro, per risparmiare vive nella cucina di un appartamento di un’amica di un suo amico.
Ma, a differenza dell’Italia, all’estero è normale che sei hai talento si accorgano di te e ti diano fiducia: “Quando ho finito il corso in meno di tre giorni stavo lavorando, nel giro di un mese ero direttore tecnico di Danny Boyle, dopo pochi mesi ero sul set di Harry Potter".
Con gli anni, Victor è diventato uno dei più richiesti esperti di effetti visivi al mondo.
L’elenco dei film in cui ha lavorato è lunghissimo, si va dai Pirati dei Caraibi - Oltre i confini del mare al Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan - “Forse il regista che mi ha influenzato di più per come riesce a combinare l’autorialità da film maker e le grandi produzioni con grandi budget” - infine a Rogue One, lo spinoff di Star Wars.
Ll’ultima collaborazione in ordine di tempo è quella con Gabriele Salvatores per il sequel de Il ragazzo invisibile, ovvero Il ragazzo invisibile - seconda generazione, uscito in tutta Italia il 4 gennaio.
Come ha raccontato a Repubblica, per Salvatores Victor ha fatto qualcosa che nel cinema italiano nessuno prima di lui era mai riuscito a fare: ha coordinato un team di 62 artisti in diciannove mesi di lavoro lavorando con un budget contenuto, da film indipendente.
“Nel film ci sono almeno 521 inquadrature di effetti visivi, quasi un terzo del totale. Siamo riusciti in una cosa che non è mai stata fatta prima nel cinema italiano: realizzare un doppio digitale per l'attore Mikolaj Chroboczek, che interpreta lo "speciale" Roccia, ottenendo persino un primo piano completamente ricostruito al computer. Siamo stati i primi a farlo in Italia e comunque anche nelle produzioni hollywoodiane si fa raramente, quest'anno c'è riuscito Villeneuve con Blade Runner 2049 e qualcosa di simile si è visto ne I Guardiani della Galassia Vol. 2".
Gran parte del lavoro di post produzione degli effetti visivi per Il ragazzo invisibile Victor l’ha svolta all’Aquila, lavorando nello studio che ha allestito all’interno della sua casa alle 99 Cannelle, dove vive con la moglie e il figlio piccolo.
“Ho deciso di rimanere qui perché dell’Aquila sono innamorato, come di tutto l’Abruzzo” ci confida “Dell’Aquila mi piace proprio il fatto che è piccola, fatta a misura delle persone, un posto dove è facile conoscere altra gente, frequentare gli amici. A Londra tutto ruota intorno al business, non conosci nemmeno le persone che abitano nel tuo quartiere. Anche se il terremoto ha lasciato la città orfana della sua identità abbiamo la possibilità di ricostruirla meglio di com’era prima. Ogni volta che torno e vedo tutte quelle gru mi viene un colpo perché ripenso al terremoto ma al tempo stesso è un’immagine che mi dà forza perché so che alla fine la città potrà essere più bella di prima. Ma starà a noi ridarle un’identità: non sono i posti a definire la nostra identità, ma il contrario”.
A proposito di futuro, Victor ha un sogno: che l’Abruzzo possa diventare un grande set per produzioni cinematografiche, televisive e seriali, come è accaduto, ad esempio, all’Irlanda del Nord, il luogo in cui è girato Games of thrones, una delle serie tv di maggior successo degli ultimi anni.
“L’Abruzzo non ha niente da invidiare ad altre regioni europee” dice “L’unica differenza è che all’estero sono più furbi e riescono a valorizzare e sfruttare meglio quello che hanno. Ho letto che è stata appena istituita una Film Commission ma che è stata finanziata con appena 200 mila euro. E’ una cosa ridicola, in una grande produzione con quella cifra non si copre nemmeno il costo del catering. Bisogna investire, rischiare. In Irlanda sono partiti pompando 5 milioni, oggi ne hanno stanziati quasi 200 per il prossimo triennio. In questi anni sono riusciti a creare lavoro, manodopera specializzata, un polo industriale dello spettacolo secondo solo a Londra. L’Abruzzo non ha niente da invidiare all’Irlanda, ha le stesse caratteristiche con il vantaggio di essere a due passi da Roma e dal mare. Bisogna puntare alle grandi produzioni, alle serie di Netflix e Amazon perché un film è una tantum, invece le serie tv danno molto più profitto, perché durano anni e se va bene portano molta ricchezza. Dispiace che l’Abruzzo non abbia ancora capito questo potenziale”.
E’ sbagliato credere che non si possa pensare in grande anche in una regione composta per lo più da parchi e montagne. Con la tecnologia moderna si può lavorare in remoto dall’angolo più sperduto di mondo come se si fosse in un grande studio hollywodiano. Victor cita come esempio lo studio dove è stato creato il famoso Skywalker sound di George Lucas: un ranch sperduto in mezzo alle montagne californiane. “Quando andai a visitarlo ero con un’altra persona che aveva studiato all’Accademia dell’Immagine e pensammo tutti e due la stessa cosa, che sembrava di stare in Abruzzo”.
Dopo anni in cui non si è fermato un momento, Victor ha deciso di prendersi qualche mese di riposo per terminare la sceneggiatura di quello che sarà il suo primo lungometraggio da regista, un progetto a cui tiene molto: “E’ un cyberpyunk sulla musica classica ambientato nel futuro, un concept. Finalmente potrò mettere a frutto le esperienze maturate sia come regista che come esperto di effetti”.
Un altro proposito per il futuro è anche quello di passare più tempo all’Aquila: “Grazie al mio studio casalingo posso lavorare in remoto e questo mi darà sicuramente la possibilità di trascorrere qui più tempo. Non voglio smettere di viaggiare ma un po’ alla volta sto cercando di stare più tempo a casa: mi piace molto starci”.