Non si contano più, all’Aquila, gli edifici, sia pubblici che privati, nei quali, in seguito al terremoto, sono stati rinvenuti, grazie ai lavori di ristrutturazione, affreschi e reperti archeologici che stanno raccontando, in parte, una storia della città diversa da quella che conoscevamo.
Un caso interessante ma poco conosciuto è quello del vecchio Casale Sant’Antonio di Pile, un immobile privato interamente vincolato che ospita anche l’omonima chiesa parrocchiale.
In origine, il casale era un ospedale-convento la cui costruzione, secondo alcuni fonti storiche, sarebbe addirittura databile prima della fondazione della città (1254).
Lo storico Signorini, nel libro “La diocesi dell’Aquila descritta e illustrata”, afferma che l’edificio esistesse già nel 1128.
Furono i Canonici regolari di Sant'Antonio di Vienne - ordine monastico-militare medievale i cui membri erano chiamati anche “cavalieri del fuoco sacro” in quanto dediti alle cure degli ammalati del cosiddetto “fuoco di Sant'Antonio” - a costruirlo.
Il casale non era altro che una sorta di lazzaretto con annessa una chiesa risalente allo stesso periodo.
La cosa interessante è che ospedali come questo venivano costruiti sulle vie di comunicazione lungo le quali avvenivano i grandi pellegrinaggi religiosi. Oltre che come sanatori e santuari, questi luoghi funzionavano perciò anche da stazioni di posta.
“Questo vorrebbe dire” afferma Maria Grazia Lopardi, presidente dell’associazione Panta Rei e autrice di numerosi studi sulla presenza dei Templari all’Aquila e sul simbolismo dell'abbazia di S. Maria di Collemaggio “che nell’area dove poi è sorta la città doveva esserci, già molto prima della sua fondazione, qualche forma di pellegrinaggio ancor più consistente della transumanza, anche perché risulta che di ospedali come quello di Sant’Antonio, che occupava una posizione isolata a ovest sulla via di Rieti e Amatrice, ce ne fossero diversi. Nella zona est, ai piedi di Collemaggio, c’era infatti l’ospedale di S. Giovanni Campo e fuori Porta Bazzano quello di San Matteo, anch’esso antecedente al 1254. Un altro ancora sorgeva vicino l’attuale chiesa del Crocefisso, nei pressi del Forte Spagnolo, dove era collocata l’antica Porta Paganica. Quest’ultimo era stato costruito dai devoti di S. Jacopo di Altopasso, un ordine cavalleresco di Lucca i cui membri dovevano proteggere i fedeli nei pellegrinaggi verso Santiago di Compostela”.
L’ospedale cessò di funzionare verso la fine del Cinquecento, mentre il convento fu soppresso nel 1409. La chiesetta, invece, è sopravvissuta fino ai giorni nostri.
Seriamente danneggiata dal terremoto del 6 aprile 2009, la chiesa – conosciuta anche come chiesa di Sant’Antonio fuori le mura - conserva uno dei più antichi e importanti portali dell’Aquila, sul cui architrave è incisa una scritta, vergata in latino gotico, che reca l’anno in cui venne realizzato: 1308.
Tale datazione ne fa un caposaldo nella storia artistica aquilana, un punto di partenza che è servito a classificare anche altre opere della città.
Il portale, costruito in pietra bianca calcarea, estratta probabilmente dalle cave della zona di Poggio Picenze, è stato sottoposto a un consolidamento strutturale e a una ripulitura che ha eliminato lo sporco e le stratificazioni accumulatesi nei secoli.
Durante i lavori di ristrutturazione, avvenuti sotto la supervisione della storica dell’arte Biancamaria Colasacco e dell’architetto Corrado Marsili, entrambi della Sovrintendenza, sulla facciata del casale è stato riscoperto, nascosto dall’intonaco, anche il cosiddetto opus aquilanum - una tipologia costruttiva tipica del Due-Trecento consistente in conci di pietra calcarea squadrati disposti su filoni orizzontali – mentre nella chiesa, sotto uno strato di mattonelle in cotto, è riaffiorato un pavimento in pietra calcarea bianca e rosa.
Il pavimento è stato smontato per permettere la catalogazione delle pietre e l’avvio degli scavi archeologici.
A breve in una parte del casale saranno aperti due ristoranti ma la volontà della proprietà è quello di aprirlo e renderlo fruibile all’intera cittadinanza.
“Vorremmo realizzare, nella corte interna, un giardino archeologico (sul modello di quello realizzato a Palazzo Pascasi, su via Roma, ndr)” afferma Rosa Farinosi, una dei proprietari “Ci piacerebbe che tutti gli aquilani potessero fruire di questo luogo. Abbiamo già avuto dei colloqui con il comune dell’Aquila e la Sovrintendenza, che finora si sono dimostrati molto disponibili”.