Lunedì, 23 Dicembre 2013 15:11

Aria di Squilla: tra poco, Lanciano festeggia il Natale

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La Squije di Natale dure n'ora

eppure quanta bbene ti sumente!

Tè na vucetta fine, e gna li sente

pure lu lancianese che sta fore!

Ti vùsciche di botte entr'a lu core

nu monne ch'à passate, entr'à la mente

ti squaije nu penzere malamente

nche nu ndu-lin-da-li che sa d'amore.

Ve da na campanelle chiù cumune

eppure ti rifà gne nu quatrale,

ti fa pregà di core,'n ginucchiune.

Ugne matine sone ma nen vale

la voce de lu ciele, pé ugnune,

chi sa pecché! ... le té sole a Natale!

(C.Fagiani)

 

C’è un filo che lega lo svolgimento delle nostre vite alle tradizioni con le quali siamo cresciuti, vicine o lontane che siano. La straordinarietà di queste ultime consiste nella loro viralità per i forestieri… Procediamo con ordine.

Lanciano, cittadina in provincia di Chieti, a braccetto con migliaia di altre realtà, conserva durante l’anno molti e longevi momenti di condivisione tra i cittadini, alcuni naturalmente più sentiti di altri. Ma ce n’è uno in particolare che desta stupore perfino nei comuni limitrofi che sembrano non avere la minima percezione dell’aria che respirano i lancianesi il 23 dicembre di ogni anno.

Aria di Squilla. Questa prende le sue origini, come spesso accade, da un avvenimento religioso datato 23 dicembre 1589 ad opera dell’allora vescovo Paolo Tasso, particolarmente devoto e caritatevole, che iniziò un pellegrinaggio a piedi nudi verso la vicina Chiesa dell’Iconicella. Al suo ritorno il vescovo scambiò auguri e diede benedizioni ai fedeli. Lo stesso giorno di ogni anno i fedeli lancianesi compiono lo stesso cammino partendo dalla piazza e ritornandovi poco prima delle 18 quando, per un’ora, i rintocchi della campana della torre civica augurano ai lancianesi un buon Natale e tutti loro si stringono in un abbraccio con familiari e amici per poi ritirarsi nel calore delle loro case e procedere con il baciamano al capofamiglia, così detta la tradizione.

Questo è il Natale con il quale sono cresciute le generazione dei lancianesi, che seppure non sempre direttamente coinvolte nella tradizione, è bello pensare che non ne siano state mai indifferenti. Lasciando a chi di dovere le considerazioni religiose che rendono questa occasione senza dubbio ancora più densa di significati, la grandezza diffusa universalmente è il senso di appartenenza che ogni cittadino sente nel momento in cui entra in Piazza Plebiscito, aspetta con commozione il primo suono della campana e cerca il volto di coloro che riceveranno i suoi Auguri.

Anche se l’attività commerciale è in pieno fermento, le sensibilità sono assai diverse, i sentimenti dei pochi o molti che sono presenti in piazza rimangono immutati negli anni e i “nuovi” lancianesi si lasciano catturare dall’atmosfera: in questo modo i cittadini guardano con soddisfazione crescere le loro famiglie o cercano conforto quelle che si sono ridotte, vi si rifugiano e cercano assoluzione dalle incomprensioni vissute durante l’anno. Lasciato quello che è stato per pochi minuti il nucleo della città, lentamente, con due giorni d’anticipo, ci si abbandona allo spirito natalizio raccontato nei libri di favole, anche se per poche ore, e si aspetta il ripetersi dell’incanto per l’anno successivo.

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