Entro oggi, il Centro di accoglienza di Lampedusa verrà svuotato. Ad annunciarlo, il deputato del Pd Khalid Chaouki che si era barricato, due giorni fa, nel Cie: "Grazie a chi in queste ore sta sostenendo questa nostra battaglia comune e grazie al governo per averci ascoltato! Buongiorno da Lampedusa".
A qualche giorno dalle terribili immagini trasmesse dal Tg2 che testimoniavano come i profughi venissero spruzzati nudi, in giardino, con il disinfettante antiscabbia, si chiude una pagina vergognosa per il nostro paese. Altre, troppe, ne restano aperte.
"Il centro d'accoglienza di Lampedusa è un luogo indegno, ci sono ancora 7 sopravvissuti al naufragio del 3 ottobre e 6 migranti in sciopero della sete e della fame da due giorni. Resterò fino a quando non sarà trovata una soluzione", ha raccontato in questi giorni Chaouki. Il deputato di origine marocchina ha dormito in una stanza con altri sette siriani, alle 7 del mattino è andato a ritirare la colazione, come hanno fatto i 219 profughi ospiti del centro d'accoglienza di Lampedusa, e l'ha consumata nella stessa stanza in cui ha dormito, come fanno tutti gli altri. Perché mancava una sala mensa. "Siamo andati a letto non prima dell'una - ha raccontato - perché qui vanno a letto molto tardi. In piena notte sono stato svegliato dalle urla di una ragazza che correva nel cortile, avanti e indietro, gridando con tutte le sue forze. E' stata una scena straziante. Poi il medico di turno l'ha calmata e la giovane profuga è tornata a letto stremata. Mi hanno raccontato che scene come queste si ripetono spesso qui, perché queste persone sono devastate da un punto di vista psicologico. E poi sono anche molto stanche di vivere recluse qui, in questo centro, come se fossero dei detenuti, senza avere mai commesso alcun reato. Queste lunghe permanenze creano tanta frustrazione. Dovrebbero restare qui non oltre le 96 ore invece c'è gente che sta qui da tre mesi e anche più. E spesso, anzi sempre, la struttura è sovraffollata".
Chaouki ha ascoltato le storie di tanti profughi ospiti della struttura. "Hanno storie terribili. Ho parlato a lungo anche con Khalid, l'autore del video andato in onda e che ci ha sconvolti tutti. E' un ragazzo siriano di 27 anni, un avvocato, anche molto preparato. Spesso qui lo 'usano' come mediatore per calmare le acque quando ci sono diverbi. E' un ragazzo proprio in gamba". Khalid da alcuni giorni era in sciopero della fame perchè chiedeva di lasciare il Centro d'accoglienza.
Non solo Lampedusa. Il giovane deputato del Pd è riuscito a mettersi in contatto anche con i profughi reclusi nel Cie di Ponte Galeria, alle porte di Roma: "Ho parlato poco fa con i reclusi: 14 con bocche cucite, 60 in sciopero della fame. Urge intervento umanitario. Ora basta", ha scritto ieri su Twitter.
Gesti estremi che denunciano quanto sia insopportabile il trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione. Vere e proprie prigioni dove i diritti dei migranti vengono quotidianamente calpestati. "Quello che chiedono è la tutela della dignità umana, tempi di trattenimento o di espulsione più rapidi, assistenza legale e sanitaria. Diritti che sono sistematicamente violati" scrivono gli attivisti della campagna LasciateCIEntrare.
Non solo la drammatica situazione nei Centri di accoglienza. L'Italia è fuori legge anche in tema di carceri. L’ha sanzionato la Corte europea di giustizia di Strasburgo e l’ha riscontrato, finalmente, anche il Governo. La prima, condannando il nostro Paese agli inizi del gennaio 2013 per avere violato l’articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il secondo, mettendo a punto un decreto legge approvato dal consiglio dei ministri lo scorso 17 dicembre per corrispondere agli appelli del presidente della Repubblica, e cercare di evitare una pioggia di risarcimenti.
Come racconta Altreconomia, dal giugno di quest’anno - in seno al ministero della Giustizia - è al lavoro la commissione di studio in tema di interventi in materia penitenziaria. Al suo presidente, il professor Mauro Palma (ex presidente dell’associazione Antigone) è stato chiesto di reperire argomenti e strumenti per 'risolvere' parte del 'problema carceri'. Il 25 novembre 2013 la 'sua' commissione ha predisposto il documento conclusivo, inviandolo ai propri interlocutori (ministro della Giustizia e governo).
Altreconomia ne svela i contenuti e le principali indicazioni, perché il carcere italiano oggi non è soltanto sovraffollato (64.500 i detenuti), è privo dei più elementari requisiti di umanità e dignità: dalla stratificazione sociale che vi è costretta al regime di refezione, dagli orari dei colloqui alla qualità delle strutture, dalle misure alternative agli sfollamenti. Condizioni che hanno costretto i commissari a definire il modello di detenzione italiano come "caratterizzato da passività e segregazione".
Il punto di partenza del ragionamento - e delle proposte elaborate dai commissari guidati da Palma - consiste nel dare 'piena e positiva attuazione alle nuove previsioni normative', e cioè a quei provvedimenti già varati ma in attesa di un riscontro da parte dell’Amministrazione penitenziaria. Secondo la commissione, infatti, quest’ultima avrebbe l’onere di agevolare - assumendo un “ruolo proponente” fin qui poco adottato - l’accesso alle misure alternative per chi è in carcere, consentendo alla magistratura di sorveglianza di valutare per tempo le istanze in materia. Inoltre, è sottolineata l’importanza strategica delle “convenzioni per lavori volontari di pubblica utilità a tempo definito” (manutenzione del territorio, ad esempio) la cui definizione spetterebbe ai Provveditorati dell’amministrazione penitenziaria. “Soltanto pochi - scrivono i commissari - si sono attivati in forme documentabili e soprattutto produttive”.
Il secondo aspetto riguarda il 'potenziamento dell’accesso alle misure alternative', considerate 'lo strumento giuridico esterno per la realizzazione del reinserimento del condannato e uno dei sistemi attraverso i quali si realizza il migliore effetto deflativo'. Il fatto è che tra amministrazione penitenziaria e magistratura di sorveglianza il dialogo è complicato e la conseguenza diretta di questi inciampi si traduce nell’attuale 'lentezza delle istruttorie'. Capita, infatti, che la cartella di ciascun detenuto non risulti 'ordinata' o non venga trasmessa per via telematica, incidendo così sulle 'lunghe attese del compimento dell’istruttoria'. Secondo la commissione, poi, il 'documento sull’attività di osservazione', e cioè il documento chiave per l’istruttoria che possa poi condurre alle misure alternative, è redatto oggi perlopiù in maniera superficiale, come una 'mera narrazione descrittiva del vissuto” e non come un quadro preciso “al fine della concessione delle misure'. Il problema ricorrente resta il tempo di valutazione di ogni richiesta, sul quale la commissione ha suggerito un limite (“massimo un mese”).
Anche il campo dell’affidamento terapeutico per dipendenze necessita di interventi strutturali. Su 8mila detenuti 'definitivi' tossicodipendenti o alcool dipendenti, sono oggi solo 2.400 i soggetti in affidamento terapeutico. Un terzo dei 'potenziali beneficiari'. Un sotto utilizzo verso il quale 'intervenire urgentemente', scrive la commissione, predisponendo tavoli stabili tra Regioni, Asl, magistratura sorvegliante e amministrazione penitenziaria.
In materia di permessi per motivi di salute l’attuale prassi è del tutto priva di criteri oggettivi e omogenei. Occorre perciò 'specificare tutti i casi in cui la patologia non possa essere curata dalla detenzione', metabolizzando il fatto che 'le malattie spesso non possono essere curate in carcere', prosegue la commissione, coinvolgendo chi ancora non ha avuto grande ascolto o parola: l’Ordine dei medici.
Il terzo e fondamentale aspetto risponde al titolo 'necessari interventi normativi', che è centrale proprio per le iniziative governative in questi ultimi giorni. L’esempio più immediato è quello del ricorso alla custodia cautelare. Parlano i numeri: al 4 novembre 2013, i detenuti in custodia erano 24.744, a fronte dei 38.625 definitivi 1.195 internati. Degli oltre 24mila in custodia, 12.348 erano in attesa del primo grado di giudizio, 6.355 erano gli appellanti e 4.387 i ricorrenti. Oltre a suggerire, com’è ovvio, la “riduzione della custodia cautelare in carcere”, i commissari individuano in un “termine massimo di presenza negli Istituti circondariali delle grandi città” - dove peraltro si registrano il massimo affollamento e le peggiori condizioni detentive - un valido aiuto.
In materia di sostanze stupefacenti, poi, si incontra l’ostacolo più ingombrante: l’articolo 73 del Dpr 309/1990 (lo stesso contestato a Stefano Cucchi all'atto dell'arresto), riformato e inacidito dalla legge Fini-Giovanardi. I detenuti “ristretti” per la violazione di quell’articolo a novembre erano 24.326. Di questi, quelli senz’alcun altro reato contestato erano 19.119. Su questo, il Consiglio dei ministri ha seguito l’indicazione della commissione, visto che è stato reso autonomo il passato “comma 5” trasformandolo in reato a sé di “spaccio lieve” (per entità) che riguardava oltre 3mila detenuti.
(dati Dipartimento amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato - sezione statistiche)
(dati Dipartimento amministrazione penitenziaria - ministero della Giustizia)
Dopo le sostanze, l’altro capitolo drammatico delle carceri italiane riguarda la categoria di chi è 'straniero'. Al 17 ottobre 2013 gli stranieri erano 22.812, di cui 18mila non comunitari. Due le strade principali: abolizione dell’articolo 10-bis del Testo unico sull'immigrazione ('Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato'), introdotto dal pacchetto sicurezza dell’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni, e facilitazione del percorso di allontanamento volontario del soggetto, riducendo il limite di pena 'ai fini dell’espulsione'.
Un’altra proposta riguardava anche l’istituzione della figura del Garante nazionale dei detenuti, prevista dal Protocollo opzionale della Convenzione Onu contro la tortura ratificato dall’Italia il 3 maggio 2013 e introdotta (seppur in chiave più simbolica che pratica) dal decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri il 17 dicembre 2013.
Il quarto 'avamposto' dell’operato della commissione ha riguardato la 'ridefinizione della quotidianità carceraria realizzabili nel breve periodo'. Perché il problema non è soltanto il sovraffollamento, ma anche e soprattutto la vita trascorsa all’interno delle strutture. Per questo la commissione è tornata a suggerire l’implementazione del sistema di vigilanza dinamica, incrementando il movimento 'autonomo' dei detenuti all’interno degli istituti, ed il progressivo abbandono del sistema di accompagnamento, potenziando inoltre ('da subito') l’accesso in carcere degli operatori del trattamento.
Da rivedersi è poi anche il sistema delle 'celle aperte', secondo il parametro standard delle otto ore quotidiane. Anche in questo caso sono i numeri a restituire la gravità della situazione attuale: dei 53.524 'beneficiari' dell’apertura ampliata (che rappresentano però l’80% della popolazione complessiva, determinando quindi già l’esclusione di un quinto dei detenuti), sono solo 14mila coloro a cui è riconosciuta l’opzione (il 27,89%). Livello minimo che si spalma diversamente Regione per Regione. In Piemonte il tasso è del 56%, in Basilicata è zero. Chi non riuscisse ad aprire le celle, sostiene la commissione, dovrà fornirne una motivazione credibile, tenendo presente il principio fondamentale alla base delle Regole penitenziarie europee (Raccomandazione n. 2 del 2006 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa) secondo il quale 'la mancanza di risorse non può giustificare condizioni di detenzione che violino i diritti umani'.
Diritti che stanno alla base anche della relazione con il mondo esterno: i propri cari e il proprio avvocato in primo luogo. Esprime 'disappunto' la commissione presieduta da Mauro Palma per la 'mancata pianificazione delle strutture edilizie in relazione al fondamentale criterio della territorialità della pena' che comporta il fatto che molti detenuti si ritrovino ristretti 'in luoghi lontani dalla propria famiglia, a detrimento di tali rapporti affettivi'. Tema sul quale è obbligatoria una 'radicale revisione', proseguono i commissari. Perché già oggi gli spazi per i colloqui delle carceri italiane sono insufficienti. Non solo per il tempo esiguo mensile (sei ore) ma anche per l’organizzazione e arredo delle sale -inadatte per minori- e per i tempi biblici di attesa. Per gli istituti più grandi, dove il tempo di attesa sfora abitualmente i 120 minuti, è stata proposta una “prenotazione delle visite”.
Il quinto ambito è ritagliato sulla 'ridefinizione strutturale e/o manutenzione realizzabili nel breve periodo'. Interventi urgenti prevedono infatti la rimozione dei “banconi” che separano detenuti e familiari, della schermatura che limiti l’accesso della luce naturale, o la sistemazione del gabinetto nelle celle (che attualmente è direttamente visibile dall’esterno in almeno 138 istituti).
Ma è nel campo del vitto - all’inizio della sesta parte - che la fotografia torna sconcertante. 'La prassi operativa - scrive la commissione - prevede l’esternalizzazione del servizio di fornitura dei generi alimentari e la gestione diretta per il confezionamento dei pasti'. È prevista la redazione dei capitolati in sede centrale e l’espletamento delle gare in sede regionale (con gara a ribasso). “Attualmente -prosegue la commissione- il servizio di fornitura all’amministrazione di generi alimentari per i pasti (vitto) e di vendita ai detenuti di prodotti alimentari e non (sopravitto) vengono appaltati congiuntamente. In tutto il Paese sono 4 - 5 le imprese a cui viene aggiudicato, per quattro anni, l’appalto unificato. Le cosiddette “imprese mantenimento” gestiscono, in tutti gli Istituti, tanto la fornitura del vitto che il sopravvitto, nonché il servizio spesa. L’appalto è unico perché, dando la possibilità di comprare i generi del sopravvitto all’ingrosso e venderli al dettaglio l’impresa rientra nei costi per la fornitura del vitto (considerata la base d’asta molto esigua, pari 3,90 euro al giorno, per detenuto, per tre pasti)”. Meno di quattro euro, per poi ritrovarsi con “molte lamentele” circa il controllo del rispetto del capitolato o la mancata rotazione, ad esempio, della frutta e verdura di stagione, e di conseguenza un sistema di distribuzione nelle stanze “contrario ai più elementari principi di igiene”.
È necessaria inoltre una 'generale riconsiderazione' dei criteri adottati per trasferimenti e sfollamenti, che rischiano ad oggi di 'interrompere' i percorsi di reinserimento dei detenuti. Sugli sfollamenti l’esempio è riferito alle case circondariali delle maggiori città italiane (Napoli, Roma e Milano), 'gravate da significativi flussi di ingresso [...], sono oggetto di periodici interventi di cosiddetto sfollamento, poiché le presenze superano di molto la capienza regolamentare. Spesso, nel disporre gli sfollamenti è materialmente impossibile rispettare i criteri previsti dalla normativa e i detenuti vengono trasferiti anche a molti chilometri di distanza dalla residenza dei familiari'.
La situazione della Casa Circondariale dell'Aquila. Il 19 dicembre 'Antigone' ha presentato il 10° rapporto sulla detenzione in Italia. Tra le strutture censite, anche la Casa Circondariale dell'Aquila. Alcuni dati.
Nodi identificativi e problematici. I corsi scolastici e le attività (culturali, ricreative, sportive) organizzate nell’istituto sono molto poche. L’ingresso di detenuti sottoposti al regime del 41 bis sembra aver determinato uno spostamento di attenzione dal trattamento penitenziario a istanze di sicurezza.
Il personale dell’area educativa è scarso numericamente, non molto impegnato con i detenuti comuni. La presenza della società esterna tramite attività di volontariato nell’istituto è quasi inesistente. Alcune aree dell’istituto sono male utilizzate oppure addirittura in disuso (ad esempio, l’area verde per i colloqui). Nel maggio del 2003, il nuovo regolamento interno non era ancora stato approvato. Ancora non si sa quando sarà effettuato l'adeguamento dell'istituto alla norma del nuovo regolamento penitenziario, nonostante l’Amministrazione abbia stanziato risorse per adeguare alla normativa vigente le celle destinate ai detenuti in 41 bis, anche perché alcuni problemi strutturali vengono considerati insuperabili.
Struttura. L'istituto è collocato fuori dal centro abitato. É raggiungibile tramite un apposito servizio di autobus, che però non funziona in maniera soddisfacente a causa della bassa frequenza delle corse. I parenti dei detenuti si recano ai colloqui principalmente per mezzo di taxi. La consegna della struttura edilizia risale al 1986, ma l'istituto è entrato in funzione solo nel 1993. Dall'esterno, l'edificio appare in discrete condizioni. La facciata esterna che da’ verso l'ingresso dell'istituto è tuttavia più curata delle altre facciate e degli spazi verdi che non si vedono dal vialetto di arrivo. L’interno non da’ un’impressione di sufficiente igiene, anche per la cattiva qualità del linoleum sui pavimenti. Le celle dell’istituto sono tutte strutturalmente doppie, ma nella maggior parte ci alloggia un solo detenuto. Ciascuna cella misura circa 10 mq. scarsi (bagno incluso, collocato in un vano separato). La luminosità è buona (la finestra è di ca. 120 x 120 cm. e non ha la grata). I muri sono scrostati. L'arredamento è composto di un tavolino a muro, uno sgabello, un armadietto, un letto a castello e la televisione a colori. Ciascuna sezione è dotata di due docce. La sezione per i detenuti comuni è dotata di 2 piccole (ca. 20 mq.) salette per la socialità, scarsamente arredate. Per i detenuti in 41 bis, vi è un'unica saletta per la socialità nell'intero istituto. L'edificio è dotato di 4 grandi passeggi (ca. 20 x 20 m.) e 4 piccoli (circa 6 x 20 m.), tutti destinati ai detenuti in 41 bis. I primi sono dotati di canestri e biliardino, bagnetto e tettoia. Per i detenuti comuni c'è un unico passeggio, piccolissimo e senza alcun arredamento, con una tettoia anch'essa molto piccola. Hanno inoltre a disposizione un campo sportivo e una grande palestra, dotata di varie macchine e attrezzature, nonché di un tavolo da ping-pong. La cappella dell’istituto è ricavata da una grande stanza di circa 20 metri per lato. Vi è una sala teatro, con una capienza di ca. 50 posti a sedere. Ci sono 3 aule scolastiche, 2 piccole e 1 grande, nella quale - oltre a banchi e lavagna, comuni a tutte - si trovano 2 computer e una televisione con videoregistratore.
Detenuti. L'istituto non ospita tuttavia mai più di 39 detenuti comuni, a causa dei servizi limitati e dei piccoli passeggi. I detenuti in 41 bis sono circa 80; 67 detenuti definitivi, 6 ricorrenti, 22 appellanti, 19 giudicabili. Detenuti presenti: 125 al 31 dicembre 2004. Capienza regolamentare: 205 al 31 dicembre 2004. Stranieri:15, di cui 6 in art. 21. 17 detenuti tossicodipendenti, 1 sieropositivo.
L’istituto è nato originariamente con una capienza regolamentare di 150 detenuti comuni. La capienza tollerabile è stata fissata a 300 detenuti comuni. Intorno al 1996, con l'arrivo di detenuti sottoposti al regime del 41 bis, la capienza tollerabile è diventata di 50 detenuti comuni e 100 detenuti in 41 bis (i quali dovrebbero teoricamente alloggiare in celle singole).
Staff. Direttore: 1. Polizia penitenziaria: 220 agenti effettivi; ca. 45 agenti GOM (in passato erano in media 60). Educatori: 3 - lavorano prevalentemente con i detenuti in 41 bis. Personale sanitario: 1 medico professionista esterno parcellizzato, presente 24 h al giorno; medici specialisti esterni (alcuni con convenzione ASL) delle aree di: psichiatria, oculistica, cardiologia, infettivologia, chirurgia, ortopedia; un infermiere effettivo, che copre 12 ore di guardia infermieristica e un infermiere (presente un'ora al giorno), una psicologa per le tossicodipendenze.
Volontari. Nell'istituto operano due anziani volontari, che sono in parte integrati nelle attività trattamentali e in parte si coordinano invece per proprio conto. Il cappellano del carcere segue tutti i detenuti. Entra inoltre nell'istituto con regolarità il referente di zona dei Testimoni di Geova. Non ci sono autorità religiose musulmane autorizzate alle visite e mai ne hanno fatto richiesta.
Condizioni materiali. Orari. I detenuti comuni hanno 7 ore giornaliere fuori dalla cella: tre al mattino e due al pomeriggio vengono trascorse al campo sportivo, e le rimanenti due ore vengono trascorse al passeggio, durante l'estate, e nelle salette apposite o in palestra, durante l'inverno. Alle ore 18.00 vengono chiuse le attività. Una sezione dell’istituto ospita detenuti comuni, quattro sezioni ospitano detenuti in regime di 41 bis, e un’ultima, la vecchia sezione femminile, è stata trasformata in una sezione speciale che ospita di norma collaboratori di giustizia ‘eccellenti’.
La cucina dell’istituto lascia a desiderare quanto a igiene ma pare nel complesso efficiente e fornisce all’occorrenza diete specifiche per detenuti che ne abbiano l’esigenza per motivi religiosi o medici. Per il sopravitto, i prezzi vengono controllati dall'amministrazione sulla base di quelli dei vicini supermercati. I detenuti possono richiedere udienze con i vari operatori; l'amministrazione dichiara di rispondere a ogni richiesta e di motivarne eventualmente le risposte negative. Nell’istituto è presente un servizio di lavanderia.
Contatti con l'esterno. Colloqui e telefonate, a norma. Il controllo dei colloqui è solo visivo e mai auditivo. Nel giardino c'è una piccola area verde per i colloqui, che però è in disuso da quando i detenuti comuni sono rimasti in pochi. Circa la metà dei detenuti stranieri non effettua colloqui.
Le telefonate seguono la procedura regolare. Vengono registrate, come da norma, per i detenuti in art. 4 bis O.P., primo comma. Nel caso di detenuti stranieri, se l'amministrazione è nella necessità di registrare la telefonata tenta di operarne la traduzione.
I pacchi vengono controllati ai raggi X. E' permesso l'ingresso di tutto ciò che è facilmente controllabile e perquisibile. Per motivi igienici, non sono permessi cibi crudi, salvo qualche affettato. La posta viene distribuita quotidianamente. Per i detenuti sottoposti al regime del 41 bis c'è un apposito ufficio censura.
Eventi critici. Nel 2001 si è registrato un caso di morte per autolesionismo. Si trattava di un collaboratore di giustizia che, per attirare l'attenzione delle autorità giudiziarie sulle sue istanze, aveva ingerito corpi estranei, ed è poi morto sotto i ferri durante la conseguente operazione. Nel 2002 F. M.., 66 anni, muore per collasso cardiocircolatorio.
Sanità. Guardia medica h 24
Attrezzature.L'infermeria è dotata delle attrezzature mediche di un'infermeria ordinaria. Nell’apposito reparto si trovano anche un ambulatorio di emergenza (dotato di un defibrillatore, un macchinario per l'ossigenoterapia, un elettrocardiografo, alcuni farmaci di primo soccorso), un gabinetto odontoiatrico (antiquato e insoddisfacente nell’igiene), l'ambulatorio ordinario e la farmacia. Nel reparto infermeria si trovano dieci celle per la degenza, ma non sono quasi mai utilizzate. A causa dei tagli ministeriali ai fondi destinati alla sanità penitenziaria, vi è stata una riduzione dei farmaci distribuiti. I farmaci di fascia C, che l’ospedale non fornisce, vengono acquistati dagli stessi detenuti. Nei casi di reale necessità, il direttore autorizza un sussidio. I farmaci di fascia A sono invece forniti dalla ASL. Per le visite specialistiche l'attesa media è di circa una settimana mentre per gli esami clinici i prelievi vengono effettuati ogni mercoledì e i risultati si hanno dopo circa una settimana (in casi urgenti anche meno).
Tossicodipendenti. Non c'è nell'istituto una sezione apposita per il trattamento delle tossicodipendenze. Entrano nell'istituto un medico, un infermiere e una psicologa del Ser.T. Viene prevalentemente distribuito il metadone a scalare.
Attività. Un particolare vanto dell'Amministrazione dell'istituto è costituito dalle attività teatrali che sono state negli anni organizzate presso la Casa Circondariale dell'Aquila. L'istituto è dotato di una sala nata come sala cinema, trasformata in sala teatro che attualmente è poco utilizzata, ma dove in passato sono venuti a recitare anche ospiti noti del mondo teatrale italiano, con spettacoli in programmazione a L'Aquila.
In passato è stata portata avanti per circa un anno un'attività di mediazione culturale. L'ufficio matricola e gli educatori fungono da sportello informativo interno. Le attività sportive si risolvono nel gioco del calcio e nelle attività di palestra. La biblioteca dell'istituto non è frequentabile direttamente. Viene presentato un elenco di libri dei quali i detenuti possono fare richiesta. Gli insegnanti organizzano cineforum nell’aula scolastica principale.
Lavoro. I detenuti comuni lavorano quasi tutti (ci sono più di 30 lavoranti). I lavori gestiti dall'amministrazione sono i soliti lavori domestici più quelli di manutenzione delle strutture (ad esempio degli spazi verdi, con lavori di giardinaggio, eseguiti in prevalenza da detenuti in art. 21).
Non ci sono lavori appaltati a privati esterni all'istituto.
Formazione professionale. I fondi per i corsi di formazione professionale da Regione e Ministero sono quasi inesistenti.
Fino al 1996 circa, si sono organizzati corsi di idrotermica sanitaria e di elettricista. La sala dove si svolgevano, oggi inutilizzata, è molto grande e dotata di buone attrezzature, adesso completamente in disuso. Nel 2003 era attivo soltanto un corso di giardinaggio, seguito da circa 10 detenuti. Fino al 2001 c'era inoltre un corso di informatica, rivolto a detenuti tossicodipendenti. Non si è tuttavia avuto mai alcun riscontro di tipo lavorativo.
Istruzione. La commissione didattica organizza un corso di scuola elementare per circa 10 detenuti comuni. Non si hanno corsi di scuola media.
Per quanto riguarda i detenuti sottoposti al regime del 41 bis, non sono previsti corsi scolastici ma solamente il sostegno se qualcuno sceglie di studiare da privatista.