Domenica, 29 Dicembre 2013 11:43

Praticamente innocua - Viaggio semiserio nell'Aquila post-sisma / 16: la fiera della Befana

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Sedicesimo appuntamento con Praticamente Innocua, la guida turistica semiseria di Ford Prefect. In questi giorni, l'argomento vien da sé. La fiera dell'epifania è da sempre un appuntamento fisso per aquilani e turisti. Clicca qui per leggere tutte le puntate del viaggio semiserio nell'Aquila post-sisma

 

C'era una volta una giornata nella quale una placida cittadina del centro Italia dismetteva per qualche ora i sussiegosi panni di Capoluogo di Regione per trasformarsi in un allegro paesone in festa, con le strade piene di gente infagottata per proteggersi dal freddo ferma a bocca aperta davanti a bancarelle stracolme di chincaglierie d'ogni fatta.
Era un giorno allegro in cui gli schemi saltavano, con impellicciate dame altoborghesi pronte a contendersi uno scampolo di cotone grezzo da un ambulante che nei rimanenti 364 giorni dell'anno non avrebbero minimamente preso in considerazione come fornitore, o con tatuati metallari in pausa dall'headbanging davanti a un gruppo di peruviani impegnati in un'improbabile cover andina di Yesterday.

Un giorno in cui ci si poteva aprire allo stupore, perchè era il giorno magico che precedeva l'arrivo della Befana e L'Aquila, con le strade invase da una fiera rumorosa e colorata, per un attimo non era più un'anziana signora maldicente e sospettosa, ma una bambina sorridente con gli occhi grandi per la meraviglia.
La fiera della Befana, nell'epoca dei centri commerciali, era una parentesi démodé che proprio per questo era in grado di slatentizzare pulsioni all'acquisto o forse, in senso più ampio, alla partecipazione al momento commerciale che nel mondo ovattato dei cartellini coi prezzi non trovava più spazio per esprimersi. Il piacere di aggirarsi tra le bancarelle, scovare un oggetto interessante e unico che tu, e solo tu, avevi visto, e infine intraprendere quel tira e molla col venditore che più che a ottenere due lire di sconto serviva a completare un vero e proprio rituale di passaggio di mano, tutto ciò costituiva un qualcosa di impagabile, un modo semplice, umano e ormai altrimenti perso di intendere l'acquisto.

La fiera era funestata, con puntualità svizzera, da un freddo polare accompagnato in alcune fortunate occasioni da abbondanti nevicate, ma ci voleva ben altro per tenere la gente al caldo nelle case, quindi già di buon'ora una folla di intirizziti potenziali compratori si riversava per i vicoli del centro alla ricerca del colpaccio. Sull'orario di uscita si erano sviluppati con gli anni complessi algoritmi, che cercavano di tenere in conto parametri impredicibili quali i flussi di folla, il meteo, le possibilità di parcheggio.
Quasi tutti concordavano sul fatto che il momento migliore di uscita fosse la contr'ora del pranzo. La tecnica funzionò per un anno, poi tutti la raccontarono agli amici e l'anno dopo, all'una, stavamo tutti lì, immobili, stretti nella calca a chiederci chi fosse l'infame che aveva parlato.

Quanto al parcheggio, nonostante le navette messe a disposizione, il nostro popolo di guidatori indefessi, gente che non prenderebbe l'autobus nemmeno per andare nella Terra Promessa, si riversava in un ingorgo laocoontico che snodandosi dal centro avviluppava la città fino alle periferie in una coltre di gas di scarico. A quel punto la definizione di parcheggio mutava da “zona opportunamente segnalata per la sosta” a “qualsiasi metro quadrato non occupato da immobili”.
Nonostante l'area occupata dalle bancarelle coincidesse praticamente con le strade principali del centro storico, l'offerta merceologica era molto meno ampia di quanto si potesse immaginare, e nel seguito andremo a ripercorrere la mappa degli acquisti cult.

Innanzitutto, i piatti. Bancarelle caciarone e colorate nelle quali imbonitori d'altri tempi, microfonati alla bell'e meglio come armonicisti blues, intrattenevano il vasto parterre sull'indistruttibilità della loro merce. A sostegno delle loro tesi, lanciavano senza pietà sui ripiani di metallo leccarde e salsiere, che rimbalzavano incolumi tra i fiati sospesi degli astanti. Quando la tensione aveva raggiunto la soglia di guardia, i venditori guardavano il loro pubblico, sceglievano la vittima predestinata, ed esordivano con un "Signora, per lei e solo per lei..." a cui faceva seguito un'offerta obiettivamente fantasmagorica, davanti alla quale la malcapitata soccombeva regolarmente.
Tornata a casa fiera del suo acquisto, l'indomani ne andava ad illustrare le meraviglie alle vicine, e prendendo un piatto fondo lo lanciava a terra dicendo: "Guardate qua!". Poi, era solo stupore e raccolta di cocci.

La compera probabilmente meno spiegabile di tutti era senz'altro quella delle piume di pavone. Oggetto di palese inutilità e di dubbissimo valore ornamentale, che evidentemente funzionava da extrema ratio per chi, non avendo trovato nulla di interessante, non poteva rassegnarsi a tornare a casa a mani vuote. Questa, almeno, è l'unica ragionevole spiegazione che sia mai riuscito a darmi, seguita da scenari di ipnosi e controllo mentale.

L'acquisto che forse metteva d'accordo la coppia classica più di ogni altro era invece quello delle scope telescopiche, agghiaccianti oggetti per pulizie oversize. A meno che non si possegga un castello in Transilvania, è difficile che possa tornare utile un tool in grado di togliere una ragnatela a sette metri di altezza. Però la fascinazione di uno strumento di igiene tanto potente faceva breccia come una droga nelle menti di un certo tipo di massaia, e del resto l'aggirarsi tra la folla con questo spropositato totem fallico era in grado di trasmettere una vibrazione indicibile nel maschio accompagnatore, per cui tutti contenti e affare fatto.

Il cappello andino era un altro must, rivolto ad un pubblico lievemente più fricchettone o dedito al culto del colore sgargiante. Un vero refugium peccatorum per una soluzione last minute, che ha svoltato una buona dozzina di mie personali situazioni di stallo da scelta da regalo.

Ma veniamo al vero motivo per cui noi, maschi urbani tecnologici che tra le bancarelle della Befana non avremmo trovato nulla di confacente ai nostri bisogni profondi, ci sottoponevamo alla fatica di questa giornata di freddo, parcheggi impossibili e lunghe scarpinate tra bancarelle di scampoli e ricambi per stufe a gas: la piadina romagnola.
Ne riconoscevi l'odore già dalla fila per il parcheggio. Le zaffate di peperoni, salsiccia, cipolla e olio di frittura che aveva abbondantemente già dato il meglio di sé ti raggiungeva con la dolcezza di un ricordo di infanzia e l'urgenza dell'astinenza da crack. Quando finalmente avevi sistemato il tuo bolide davanti ad un passo carrabile, ti aggiravi qualche minuto ostentando falso interesse per i CD di musica andina e le borse contraffatte, poi come per caso ti ritrovavi davanti al piadinaro dell'anno precedente e di quello prima ancora (perchè il piadinaro non si cambia mai) e dicevi a chi era con te: "Ah, guarda, la piadina. Quasi quasi...". E poi era un tripudio di grassi saturi e unto che ti serviva da dose per un anno intero.

Ho, un po' provocatoriamente, scritto finora al passato. Perchè è vero che "C'era una volta", ma c'è ancora la fiera della Befana. E anche se i percorsi sono un po' cambiati, anche se i foulard di griffe sospette stanno esposti appesi ai puntelli, anche se i sederi pesanti di alcuni di voi non si muovono più dai MAP e dalle CASE il 5 gennaio "perchè tanto, ormai...", anche se tutto questo è vero la fiera resiste, e si insinua come un fiume di vita nel corpo martoriato del nostro centro.

Quest'anno, grazie al progetto "L'Aquila sono anch'io" la Befana dell'Aquila sarà un po' più 'aperta' del solito, perchè tra il 4 e il 6 gennaio ci saranno una serie di iniziative sul tema dell'accoglienza (concerti, proiezioni di film e stands) di cui NewsTown vi darà notizie sicuramente più dettagliate delle mie. In particolare durante la fiera ci saranno momenti bellissimi, come quello dei “libri parlanti”, ragazzi stranieri neo-aquilani che raccontano le loro storie. Quando passate con le vostre piume di pavone, fermatevi e ascoltateli. E' meraviglioso e gratis. Un'altra iniziativa imperdibile si terrà in Piazza Duomo, dove potrete letteralmente portarvi a casa un “pezzo” di città, e non vi dico di più. Andate e fate il vostro dovere.

Beh ragazzi auguri, ci si vede l'anno nuovo. Intanto domenica prossima ci sarà la fiera, ci incontriamo lì.

Sarò quello con la piadina.

Ultima modifica il Domenica, 04 Gennaio 2015 23:58

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