Lunedì, 29 Ottobre 2018 23:49

L'Aquila del futuro: al GSSI, un convegno per immaginare la città del domani

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Un primo momento di confronto, una sorta di antipasto del 'decennale' o, meglio, di ciò che dovrà essere, una riflessione su ciò che si è fatto in questi anni per immaginare, però, L’Aquila di domani, lo sviluppo economico, sociale e culturale della città. D’altra parte, siamo ad un punto di svolta, assolutamente critico, delicato: la città che sta progressivamente, e ancora con fatica, rimarginando le sue ferite, è alla ricerca di una rinnovata identità che deve coinvolgete tutti gli attori locali, ai vari livelli. E’ necessario uno sforzo corale per definire in maniera condivisa nuovi sentieri di sviluppo, incrociando in maniera virtuosa la ‘vocazione’ della città con i nuovi paradigmi economico-produttivi che caratterizzano i centri urbani italiani più innovativi: ripartire dal patrimonio di competenze che storicamente è il punto di forza dell’Aquila e puntare decisamente verso l’innovazione, proiettandosi oltre i confini locali.

Con questa impostazione, il presidente vicario di Regione Abruzzo Giovanni Lolli ha promosso un incontro al GSSI: attorno al tavolo, il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi, la rettrice dell’Università Paola Inverardi, il rettore del Gran Sasso Science Institute Eugenio Coccia, Gianni Letta e Giovanni Legnini, già sottosegretari di Stato con delega alla ricostruzione ai tempi dei governi Berlusconi, Letta e Renzi. A moderare il confronto, il consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci. In platea, la classe dirigente della città: politici, alti rappresentanti delle imprese e degli istituti di ricerca del territorio, sindacalisti ed esponenti delle associazioni di categoria, oltre a tanti cittadini.

E proprio Giovanni Lolli ha disegnato la cornice entro cui immaginare il disegno dell’Aquila che verrà: “le medie città europee sono in declino, stanno perdendo il loro ruolo, la loro funzione e la loro identità”, ha sottolineato il presidente vicario; “la rivoluzione tecnologica non sta distribuendo, anzi concentra energie, competenze e intelligenze laddove si fa innovazione. E le medie città che pure storicamente hanno segnato lo sviluppo europeo e italiano, a partire dal ‘200, troppo spesso rispondono al declino individuando un colpevole - per noi, la ‘mitica’ costa adriatica – assumendo atteggiamenti di chiusura che, in alcuni casi, vengono cavalcati dalle classi dirigenti e persino alimentati. In questi anni, ho assistito – qui come altrove - ad un accanimento violento dell’opinione pubblica avverso lo spostamento di alcuni uffici, nel silenzio generale intorno a fenomeni ben più vistosi e preoccupanti. Tuttavia, ci sono medie città in controtendenza: restando in Italia, mi vengono in mente Trento, Ivrea, Lecce, Matera che non hanno giocato sulla pretesa di saper far tutto, ma hanno puntato, al contrario, all’eccellenza in alcuni campi, rendendosi nodo di una rete ben più ampia”.

In questo scenario, L’Aquila è stata descritta in modo impietoso dall’Ocse, all’indomani del terremoto: prima del sisma, “la città poteva suddividersi in un 25% di pensionati, un 25% di impiegati pubblici, un 25% di percettori di reddito da immobili e, per il resto, il tessuto economico era fatto di industrie, servizi, commercio e artigianato, oltre all'Università, poco collegata, però, al sistema produttivo. Ebbene, in questi anni – stante il numero di pensionati, che forse è cresciuto - il pubblico impiego è andato restringendosi, la rendita immobiliare è crollata, il commercio, l’artigianato e i servizi hanno vissuto difficoltà terribili, ha retto l’industria, sebbene tra tante difficoltà, e al problema occupazionale ha dato una risposta il settore dei call center, che occupa circa 2mila persone”.

Da cosa ripartire, dunque? “Abbiamo una serie di condizioni particolari che, se sapremo lavorare, potranno determinare una svolta”. La prima, il capitale umano: “l’Università ha puntato con decisione sulla qualità formativa e della ricerca, collegandosi al sistema industriale regionale. Si è aggiunto il Gran Sasso Science Institute, che non si è sovrapposto bensì integrato con l’Ateneo, si è aggiunta, altresì, la Scuola Internazionale, un fiore all’occhiello della città, che oggi vede 200 nostri ragazzi frequentare corsi in lingua dalle elementari e fino alla scuola secondaria. E poi ci sono il Conservatorio e l’Accademia di Belle Arti: insomma, un apparato di alta formazione degno di una metropoli. Non solo. Vantiamo il più importante istituto di ricerca italiano, i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, un settore dello spazio tra i più avanzati del Paese, con Thales Alenia, Leonardo, Telespazio, accompagnate da un sistema di piccole imprese collegate, in una filiera che va allargandosi. E ancora il polo farmaceutico, con Dompé e Sanofi che sono divenuti hub importanti e strategici. E ancora il tecnopolo, gestito finalmente in modo serio, che ospita una serie di attività che stanno crescendo. Inoltre, il territorio è attraversato dalla banda larga, per non parlare della sperimentazione del 5G, dei sottoservizi, dell’investimento di 17 milioni di Enel nella smart grids accompagnato dalla scelta del Comune dell’Aquila di investire sulla mobilità sostenibile”.

E poi, ci sono le risorse, in parte ancora da spendere, provenienti dal 4% dei fondi per la ricostruzione destinati allo sviluppo economico. Sono condizioni sufficienti? “Ciascuna da sola non è sufficiente, il problema è che devono trovare il modo di interagire, di costruire una rete”, ha sottolineato Giovanni Lolli; “soltanto così, L’Aquila potrà davvero ambire a divenire città della conoscenza e dell’alta formazione, invertendo il trend che vede le medie città in difficoltà e qualificandosi, anzi, come polo attrattivo”.

Alcuni passi in questa direzione sono stati fatti: “Non è un caso che Zte abbia deciso di investire qui, così come Open Fiber; a L’Aquila si sono collocati progetti di ricerca strategici per il paese: penso a Darkside sulla materia oscura, ad Emerge, con Fiat che sperimenterà a L’Aquila l’automobile connessa in collaborazione con l’Università, alla space economy, su cui la Regione ha investito 10 milioni di euro. In questi anni, abbiamo messo in campo per l'innovazione circa 150 milioni di euro di fondi pubblici, a vario titolo”. L’Aquila, però, non può ancora dirsi città della conoscenza: “abbiamo posto le basi – ha riconosciuto Lolli – ora manca una strategia”. D’altra parte, un investimento così importante di risorse pubbliche ha avuto ricadute relative sul territorio, in termini di occupazione: “se domani dovesse chiudere il call center E Care, che occupa 320 persone, verrebbero annullati completamente i benefici degli investimenti piovuti sul territorio”. Soldi buttati? “Dobbiamo intenderci”, ha ammonito Lolli: “i nuovi centri di produzione moderna passano necessariamente dai driver, dalla impresa e dalle università: l’occupazione verrà se saremo in grado di costruire un ambiente culturale e tecnologico che stimolerà la nascita di nuove aziende. Non è ancora accaduto, è la frontiera su cui lavorare” e per cui è necessario, aggiungiamo noi, prima che sia troppo tardi, definire una strategia di lungo respiro.

In questo senso, sarà decisiva la qualità del vivere: “lo sviluppo tecnologico si fonda sulla creatività, ed i creativi scelgono posti attrattivi e dove è piacevole abitare: L’Aquila è la quinta città monumentale in Italia, il suo centro storico sarà strategico, così come l’ambiente naturale, le istituzioni culturali e, certo, i servizi che sapremo offrire”. Una città che dovrà essere aperta, e connessa: “guai a chiuderci”, l’avvertimento di Lolli. E’ chiaro che un ruolo fondamentale giocherà anche la capacità di creare una rete di infrastrutture adeguata.

Sulla stessa lunghezza d’onda il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi: “Con Giovanni Lolli e gli altri attori, istituzionali e non, ci interroghiamo e confrontiamo spesso e la domanda più frequente è: che fare? Purtroppo, la capacità della classe dirigente di saper interpretare i cambiamenti, di progettare il futuro, si scontra con i ritmi della politica, con i problemi della quotidianità che fanno sfuggire la prospettiva. Ecco, in questo senso il decennale dovrà segnare anche una svolta concettuale, d’approccio: non ciò che è stato, ma ciò che c'è ancora fare. Padroneggiare pienamente le opportunità che la città, e il territorio, possono offrire: in questo senso, abbiamo perso un po’ di occasioni, in passato”, le parole del primo cittadino. Che poi ha sciorinato alcuni numeri, dati interessanti per fare sintesi: “stando al rapporto ‘Ecosistema urbano’, L’Aquila è la sesta provincia in Italia per numero di laureati; d’altra parte, l’Abruzzo è una delle prime regioni per abbandono di laureati: significa che i nostri giovani, che qui formiamo, emigrano, in particolare nel nord Italia, un problema che riguarda le regioni del mezzogiorno e che significa per il centro sud una perdita di 2 miliardi di euro a fronte dei 3 miliardi di indotto che i giovani laureati portano al nord in termini di consumi. Ecco, una delle sfide per il futuro sarà mettere in rete il sistema della formazione e del lavoro, creando opportunità per i giovani laureati”. Va in questa direzione il lavoro che il Comune dell’Aquila sta facendo con Università e Gssi per costituire una fondazione, un collegio di merito per mettere a disposizione degli studenti una parte considerevole del patrimonio immobiliare dell’Ente “per creare una diffusa rete di accoglienza per i ragazzi più meritevoli”.

Altro dato: “nel 2017, l’agenzia per la coesione territoriale ha censito che la quota di aziende abruzzesi che ha approfittato di almeno una agevolazione di ‘Industria 4.0’ è aumentata dell’8.2%; tuttavia, le imprese che aderiscono sono in gran parte grandi industrie. In questo senso, c’è una iniziativa da mettere in campo, ancora soltanto abbozzata, di costituire a L’Aquila l’unico digital innovation hub di Regione Abruzzo, una opportunità per le piccole e medie imprese del territorio d’accedere agli incentivi per la digitalizzazione”.

Biondi ha parlato anche di turismo, pur chiarendo che “non può essere l’unica risposta, come immagina qualcuno; ci sono dati incoraggianti: nel 2017, L’Aquila ha registrato oltre 57 mila visitatori, la prima città d’Abruzzo dopo le principali località costiere. Ecco perché abbiamo chiesto ulteriori risorse sul piano industriale di Invitalia per il rilancio del comprensorio del Gran Sasso”. E poi, si è scommesso sulla mobilità elettrica: “abbiamo destinato 8 milioni – ha tenuto a sottolineare Biondi - sullo sviluppo urbano sostenibile, e ulteriori risorse verranno dalle economie della metropolitana di superficie, per una riconversione quasi totale del parco mezzi del Comune e della società partecipata del trasporto pubblico Ama”. Ed a proposito della qualità dei servizi, Biondi è voluto tornare sul tema della qualità dei servizi sanitari, “messi a dura prova dalle politiche di contenimento dei costi”, e anche da una sorta di “disattenzione per le aree interne, col progetto di realizzazione di un Dea di II° livello che procede spedito tra Chieti e Pescara, al contrario che sull’asse tra L’Aquila e Teramo; badate, non è affatto secondario”. Ed ha perfettamente ragione.

Ultima modifica il Martedì, 30 Ottobre 2018 08:12

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