Di Paola Giuliani, Dina del Tosto e Giovanni Cialone*. Nei giorni scorsi, sono comparsi sulla stampa e sui social articoli che raccontavano le proteste di alcuni cittadini di Tempera avverso il progetto di valorizzazione che il Comune dell'Aquila intende realizzare nella Riserva Regionale delle Sorgenti del Vera, col tentativo d'impedire l’ingresso alla riserva ai partecipanti ad un workshop fotografico con spintoni e petardi. Come se l’area protetta fosse il giardino privato di qualcuno e non un bene collettivo.
Le note giornalistiche riportano una versione, proviamo a raccontare l’altra con una breve premessa.
La L.R. 70/1983 ha istituito il Parco territoriale attrezzato "Sorgenti del fiume Vera", dopo 20 anni, a seguito di pressanti richieste dei cittadini e del mondo ambientalista; la L.R. n. 15/2004 ha poi trasformato il Parco attrezzato in Riserva Naturale Guidata. Nel passaggio da parco a riserva è stata fondamentale la scoperta di un piccolo Plecottero endemico dell’area e probabile relitto glaciale; insetto che vive lo stadio preimmaginale in acqua per trasformarsi in tarda primavera in farfalla e che vive pochissimo, giusto il tempo di riprodursi.
La presenza di questo plecottero è garanzia della qualità dell’acqua: ha bisogno infatti di una temperatura costante (intorno agli otto gradi) e muore in ambienti appena inquinanti.
L’esistenza del plecottero (Plecoptera) del genere Taeniopteryx è accertata nella prima parte del coro del fiume. La Giunta comunale, con deliberazione n. 574/2005, ha affidato l'incarico della redazione del Piano di Assetto Naturalistico (PAN) all'Università degli Studi dell'Aquila, Dipartimento di Scienze Ambientali. Il PAN è stato adottato con deliberazione del Consiglio comunale n. 135/2008, con il parere favorevole del consiglio di circoscrizione. Dopo ben 13 anni dall’istituzione della riserva, la Regione - il 6 giugno 2017 - ha approvato definitivamente il Piano di Assetto Naturalistico, anche su pressione del comitato di gestione.
E’ perfettamente legittimo, oggi, se si hanno argomentazioni scientificamente provate, non essere d’accordo sui contenuti dello stesso, bisogna chiederne e farne approvare uno nuovo. Fino ad allora, il PAN vigente è quello con cui bisogna operare.
Queste le semplice regole della democrazia.
Nei trentacinque anni trascorsi, le associazioni ambientaliste hanno proposto ripetutamente alle varie amministrazioni succedutesi dei progetti di gestione, tutti arenatisi per opposizione dei locali. Ora, purtroppo, si sta riproponendo la medesima situazione. Con deliberazione di Consiglio Comunale n. 21 del 21 marzo 2016, il massimo consesso comunale ha stabilito che il Comitato di Gestione della Riserva è composto da tre membri, che resteranno in carica per cinque anni, individuati su proposta della Giunta comunale. In particolare, fanno parte dell’organismo un dirigente del Comune dell’Aquila, con funzioni di presidente, con adeguata competenza in gestione e sviluppo delle aree protette, un istruttore direttivo tecnico del Settore Ambiente, con laurea in Scienze ambientali e adeguata specializzazione nella tutela delle acque, un rappresentante, nominato dal sindaco, delle associazioni ambientaliste con sede nel Comune dell’Aquila ed aventi finalità statutarie volte alla conservazione, salvaguardia e valorizzazione del patrimonio della natura e del patrimonio storico, archeologico ed architettonico.
Il comitato di gestione nominato ed oggi in carica ha presentato, pubblicamente, in due convegni tenutisi l’anno passato (uno al Renzo Piano ed uno a Tempera), le linee guida per la conservazione della riserva e le azioni sostenibili possibili nel breve e medio periodo proponendo anche rapporti con il “di fuori” per poter allargare gli orizzonti di una riserva tanto piccola.
In breve, la summa delle azioni proposte:
- Interventi di valorizzazione e fruizione della riserva naturale delle sorgenti del vera - restauro e recupero di edifici di archeologia industriale per la realizzazione di un centro visita, realizzazione di un sistema informativo ambientale multimediale (finanziato con i fondi POR FESR Abruzzo 2014-2020 per 300.000 euro). Le acque del Vera e dei suoi canali, in epoca protoindustriale, sono state utilizzate come forza motrice per una serie di opifici ormai abbandonati. Le valchiere, la rameria, la cartiera, la centrale elettrica, il pastificio ed i mulini hanno rappresentato, fino ai primi del 900, le “industrie” più importanti dell’area aquilana insieme a quelle del lago di Vetoio. Nella zona A della riserva, sono ancora presenti resti di edifici di archeologia industriale che possono essere recuperati. In particolare, l’edificio della centrale elettrica su due piani sarà restaurato ed adibito a centro servizi della riserva e si renderà energeticamente autosufficiente con una piccola centrale elettrica “galleggiante”. Per trattare le acque nere sarà realizzato un piccolo cmpo di fitodepurazione La vecchia cartiera, semidiroccata e ricoperta da rigogliosa vegetazione, sarà invece messa in sicurezza e recuperata a rudere con un restauro “romantico” alla Ruskin. Un piccolo ponticello pedonale collegherà la ex centrale elettrica - centro visite. Per recuperare biodiversità ed al fine di riconquistare gli ambienti acquatici che si vanno “banalizzando”, in collaborazione con l’Università dell’Aquila facoltà di Scienze, saranno campi sperimentali con piante tipiche delle zone umide, scomparse in alcune parti della riserva. Per migliorare la fruizione dell’area, si intende realizzare anche un sistema informativo turistico ambientale fornito gratuitamente ai visitatori che gli accompagnerà nella “narrazione “ durante la visita e dotato anche di un QR code aggiornato.
- Parco del Gran Sasso. La Riserva è alimentata dalla falda basale del Gran Sasso. La portata costante delle sorgenti si è ridotta a seguito del terremoto del 2009 di circa 400 l/s . Esiste un rapporto diretto, sotterraneo, con il massiccio del Gran Sasso e quindi con il Parco del Gran Sasso e monti della Laga. A ben leggere, esisteva anche un collegamento di superficie con un percorso di mezzacosta che passava tangente alle sorgenti ed arrivava ad Assergi, superando la piana di Cesarano. Una strada meno accidentata di quella delle gole della Madonna di Appari, e che rappresentava la via di valle per Aragno ma anche per Assergi. Con il Parco del Gran Sasso Laga si intende stabilire una sinergia e sistemare, con sole opere di ingegneria naturalistica, questa mulattiera che collegherà direttamente la Riserva al nodo di Assergi (esattamente all’ingresso della valle del Vasto) da dove si diparte la sentieristica del Parco favorendo le percorrenze a piedi ed a cavallo o in bici.
- Parco Agrario Periurbano del Vera e dei suoi Canali: è un progetto presentato al GAL Gran Sasso Velino ed al Comune dell’Aquila. Esso rappresenta la continuità naturale della Riserva delle Sorgenti de Vera verso valle. Oggi, anche a seguito del terremoto, nell’area tra Tempera, Paganica, Onna e San Gregorio la commistione tra città e campagna assume le principali manifestazioni negative. La città, come un’ameba, entra senza rispetto e senza pianificazione sui terreni agricoli. Rimangono ancora terreni irrigabili ma sono sottoposti alla continua pressione antropica che tenta di aggredirli con tentacoli irrispettosi di ogni elementare progetto urbanistico. Dobbiamo considerare marginali questi terreni e “resistenti” quei pochi che si ostinano a coltivarli. Eppure l’area ricompresa tra le frazioni menzionate era ed è fortemente vocata ad una agricoltura di qualità, con terreni tutti irrigati dall’acqua delle sorgenti attraverso chilometri di canali artificiali. Quest’area è stata per secoli, insieme a quella della Rivera, l’orto della città di L’Aquila ed ancora oggi, nella situazione di marginalità descritta, vi troviamo culture di pregio. Tra l’altrom oltre ai fagioli ed alla patata turchesa (presidi slow food) si coltivano ortaggi, grani antichi e mais. La Riserva Naturale Regionale delle Sorgenti del Fiume Vera, con le sue strutture potrà essere il naturale luogo dove coinvolgere e poi gestire , attraverso un processo partecipato la popolazione locale ed in particolare gli agricoltori “Il Parco Agrario Periurbano del Vera e dei suoi Canali.
- Gli orti collettivi sono pratiche che hanno sempre più successo perché permettono di riappropriarsi di quelle conoscenze basiche perdute e di trasferirle agli altri; gli orti ono esempi di esperienze vere di socializzazione. Gli orti collettivi accanto agli “orti professionali” saranno realizzati nella zona della riserva sottoposta ad esproprio. All’interno del sistema degli orti, potrebbero trovare una giusta collocazione alcune sperimentazioni, anche di carattere terapeutico come gli orti per le persone diversamente abili, l’orto dei nonni, l’orto a scuola, l’orto della pace, l’orto botanico ecc.
- Museo all’aperto. Il rudere della vecchia cartiera ospiterà la ricostruzione grafica della cartiera e degli antichi opifici, un museo all’aperto e il laboratorio “la carta della Cartiera” che, attraverso il recupero dei metodi antichi, produrrà carta di qualità. Nella parte restaurata a rudere sarà allestito, utilizzando passerelle in legno, uno spazio per rappresentare gli elementi naturalistici della riserva con un piccolo giardino botanico delle piante “semplici”.
- La carta della Cartiera. A scopo didattico, ma anche ricreativo ed economico, una piccola parte dei locali recuperati potrà essere utilizzata per un laboratorio per la produzione di carta con metodi artigianali ricordando il lavoro che si è svolto per secoli a Tempera. La produzione, se pur in quantità ridotta, sarà di altissima qualità.
- Gli attori. Riserva Naturale Regionale del fiume Vera, Parco nazionale del Gran Sasso e monti della Laga, UNIVAQ Facoltà di Scienze, Comune di L’Aquila, Istituto Abruzzese Aree Protette (IAAP), GAL Gran Sasso Velino, Italia Nostra, Slow Food, Mercato Contadino “Nutrire L’Aquila”, Associazione dei produttori del Fagiolo di Paganica, Associazioni locali, associazioni di Categoria, cittadini.
Per realizzare la prima parte del programma descritto si è partiti dal recupero degli edifici esistenti. Il progetto, proposto e finanziato dalla Regione, prevede 'interventi di valorizzazione e fruizione della riserva, restauro e recupero di edifici di archeologia industriale per la realizzazione di un centro visita' ed è coerente con le indicazioni del PAN che a proposito del rudere dove realizzare il centro visita testualmente recita: il fabbricato 'si trova a circa 200 metri dalla cartiera sulla sinistra idrografica, circondato da prati, ed è nella posizione ottimale per ospitare la Direzione della Riserva. E’ accessibile sia dal “Sentiero 2 - Panoramico”, sia dal “Sentiero 3 - Dalla Rameria alla Cartiera” grazie alla realizzazione di un passaggio sul fiume'. Anche in questo caso il recupero andrebbe effettuato con materiali adeguati e nel rispetto dell’architettura originaria.
Per una migliore funzionalità della struttura, in relazione alla sua destinazione d’uso, si potrebbe anche prevedere un ampliamento, architettonicamente compatibile e coerente con la struttura stessa, fino ad un massimo del 35% del volume. Al primo piano di questo edificio, seppur di piccole dimensioni, potrebbero essere ospitati, come detto, gli uffici della Direzione della Riserva, ed al piano terra si potrebbero realizzare, invece, degli spazi di accoglienza in cui ricevere i visitatori e fornire loro materiali descrittivi dell’Area Protetta; inoltre da questa struttura potrebbero partire le visite guidate. In alternativa, totale o parziale, alle destinazioni d’uso proposte, l’edificio potrebbe anche essere adibito a punto di ristoro e di ospitalità (anche se limitato a pochi posti letto).
Naturalmente, per recuperare e mettere in sicurezza gli edifici di archeologia industriale sarà necessario, ad esempio, realizzare sottofondazioni così come sarà necessario realizzare basamenti per reggere il ponticello sul fiume. Opere che vanno eseguite con attenzione e con piccoli mezzi, rinaturalizzando poi l’intero come succede in tutte le ree protette e nei siti Natura 2000 per i progetti approvati.
I lavori di cui si tratta prevedevano anche la realizzazione di un piccolo campo di fitodepurazione (meno di 20 mq) ad uso del centro servizi. La fitodepurazione è un metodo di trattamento delle acque reflue utilizzato in aree delicate e che garantisce ottime qualità in uscita. Realizzata in quel posto serviva anche come elemento didattico per spiegare agli studenti un metodo naturale per trattare acque nere. Questa soluzione non è piaciuta ad alcuni cittadini che la considerano inquinante ed è stata stralciata nel progetto esecutivo. A questo proposito è giusto fare una chiosa: qualche giorno fa, è stato inviato dalla Regione al Comitato di gestione della riserva un progetto con la richiesta di realizzare un campo di fitodepurazione a servizio di un fabbricato privato da riparare proprio sopra le sorgenti. Firma il progetto un tecnico locale che, più di altri, ha opposto resistenza per la realizzazione dell’impiantino a valle a servizio dell’edificio da restaurare.
Per carità la protesta è legittima, bisogna difendere il territorio ma gli argomenti debbono essere sostanziosi, scientificamente provati e bisogna farlo sempre. Nello specifico, qualche anno fa è stato tagliato il bosco ripariale in sponda sinistra del Vera: solo qualche ambientalista ha cercato di opporsi, nessuno dei cittadini di Tempera ha alzato un dito, nemmeno quando sono stati utilizzati mezzi meccanici fino a ridosso delle sponde per rimuovere i tronchi. Il depuratore della frazione è noto che non funziona a dovere ed inquina le acque pulite del fiume Vera, anche qui nessun interesse. Ed ancora: tra Tempera e Collebrincioni c’è la più grande concentrazione di cave del territorio aquilano: impatti ambientali e modifiche del paesaggio agrario costruito sono una realtà. Già nel primo convegno sul Vera, tenutosi nel lontano 1988, fu lanciato l’allarme di un possibile inquinamento delle sorgenti da materiali eventualmente sversati dalle cave a monte.
Questa, in breve, la storia recente di un luogo dove si possono ancora leggere le drammatiche trasformazioni sociali ed economiche dei secoli passati. Dai primi mulini cistercensi alle ramerie, gualchiere e cartiere passando per le lavandaie, la canapa ed i lupini fino agli orti ripariali. La memoria storica e le conoscenze basiche si vanno rapidamente perdendo come si va perdendo il rapporto tra la gente ed il fiume, fonte di vita fino a qualche generazione fa. Per i giovani, quando lo frequentano, il Vera è solo un luogo ludico, ed anche il piano di ricostruzione nega in qualche modo questo rapporto atavico “voltando le spalle” al corso d’acqua.
Il tentativo che si sta facendo e si intende fare anche nel prossimo futuro è quello di recuperare almeno una parte di questa storia, salvaguardando gli aspetti storico archeologici e naturalistici, rendendo la riserva un luogo dove i giovani ed i giovanissimi possano “confrontarsi” con l’acqua “pulita”. Cosa rarissima in questi tempi.
*Comitato di Gestione della Riserva Naturale Guidata Regionale “Sorgenti del Fiume Vera”