Com'è che si dice? “Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace”: vale a dire, la bellezza è negli occhi di chi guarda. Per lungo tempo anche i sociologi più affermati avevano sostenuto la teoria che l'attrattività fosse superficiale, arbitraria e soprattutto estremamente variabile e differente nelle diverse culture.
Ovviamente, ci fa comodo pensare che siamo tutti belli a modo nostro, che l'amore è cieco e che la bellezza è una cosa alquanto soggettiva. Indubbiamente, nel corso dei secoli e dei decenni, senza volerci spingere troppo indietro con gli anni, si può notare come gli standard di bellezza siano cambiati parallelamente alle mode che influenzavano altri aspetti delle nostre vite. Sarà anche per questo che si tende a concepire l'attrattività, intesa nel senso di desiderabilità fisica, volubile ed effimera.
Due, soprattutto, sono le teorie che sembrano supportare tale visione:
- la prima è il “behaviorismo” (o psicologia comportamentale), approccio sviluppato agli inizi del '900 da John Watson, basato sull'assunto che il comportamento esplicito è l'unica unità di analisi scientificamente studiabile dalla psicologia. A proposito dell'attrazione, gli psicologi comportamentisti sostengono che essa è determinata dalle gratificazioni che una persona ci offre. Ossia, il grado di attrazione corrisponderebbe al profitto della relazione calcolato attraverso una stima di costi e benefici. Questo li porta a sostenere che saremmo attratti dalle persone che durante il nostro sviluppo hanno avuto su di noi un impatto positivo (inevitabilmente diverse da individuo a individuo);
- la seconda teoria è stata avallata dalla scoperta etnografica della variabilità culturale dell'attrattività. Se i Maori in Nuova Zelanda trovano particolari tipi di tatuaggi sulle labbra attrattivi e i Yanomamo della Foresta Amazzonica apprezzano i piercing al naso o sulle guance, allora sicuramente gli altri standard di bellezza rivelano la loro natura arbitraria e culturalmente determinata.
Le teorie della biologia evoluzionista, al contrario, sembrano sfatare questo imperituro mito dell'amore cieco. In particolare, quella della scelta del partner ha creato potenti motivazioni per abbattere le posizioni per lungo tempo mantenute dai sociologi e dal senso comune.
Ad oggi sappiamo con sicurezza che per ogni specie, dagli scorpioni ai pavoni, dai tassi agli ippopotami, l'apparenza fisica solitamente conta molto. Essa, infatti è capace di trasmettere qualità critiche per la valutazione della riproduttività (ad esempio, la salute, la fertilità, la dominanza etc etc...). E noi uomini non rappresentiamo un'eccezione.
Nella selezione del partner il successo è rappresentato dalla scelta di un compagno fertile, poiché quelli che falliscono non avranno discendenza. Tutti quelli che oggi vivono sono il prodotto di una lunga e letteralmente ininterrotta linea di antenati che ebbero successo. Se qualcuno avesse fallito in questa scelta critica, noi non saremmo stati qui oggi. Nonostante si dia per scontato questa riflessione, ogni moderno umano ha ereditato la preferenza verso un partner che possa garantirgli il successo nella continuazione della specie.
Gli indicatori che i nostri antenati associavano alla fertilità, secondo tale teoria, sarebbero diventati parte del nostro standard di bellezza.
In entrambi i sessi, ad esempio, questi includono gli indicatori della salute. Nelle donne, essendo la fertilità direttamente proporzionale all'età, caratteri di giovinezza risultano essere prominenti negli standard di attrattività (pelle chiara, labbra piene, occhi lucenti e altri segni legati alla fertilità che ora sono noti far parte del mosaico dello standard universale di bellezza). Gli standard femminili che riguardano l'attrattività degli uomini, invece, sono molto più complessi (ovviamente, mi viene naturale aggiungere), sia perché i giudizi delle donne sull'attrattività dell'uomo riguardano contesti diversi - indicatori dello stato sociale, interazioni positive con i bambini, essere visti con donne attraenti – sia perché c'è una maggiore varianza di cosa le donne trovano attraente in un uomo. Dati empirici dimostrano che c'è molto meno consenso tra le donne su quale uomo sia attraente rispetto al consenso che si trova fra gli uomini riguardo quale donna sia attraente.
La teoria che la bellezza è negli occhi di chi guarda nel senso della superficialità, arbitrarietà ed infinita varietà culturale può essere dismessa con sicurezza.
La domanda che si genera, a questo punto, è la seguente: sicuramente oggi viviamo le nostre relazioni in maniera più libera e svincolata dall'obbligo della discendenza. Ma siamo così sicuri che la scelta del nostro partner sia altrettanto libera e svincolata da quelli che sono i nostri istinti biologici?
Ludovica LeMieValigie