Qualche settimana fa su diversi mezzi di stampa locali e sui social si è parlato di una stagione estiva particolarmente felice per la città dell’Aquila sotto il profilo turistico. Le ragioni di questo dinamismo sono state variamente interpretate: “rinnovato interesse per la città in ricostruzione”, “effetto decennale”, Perdonanza, e così via.
Stime degli operatori e percezione soggettiva possono oggi avvalersi di informazioni più puntuali provenienti dall’Osservatorio sul Turismo della Regione Abruzzo. Si tratta di dati ancora provvisori ma sufficientemente strutturati per farsi un’idea plausibile di come si è mosso il mercato turistico locale negli ultimi anni e, in particolare, l’estate scorsa, l’estate del boom.
Abbiamo poi chiesto ad un gruppo di operatori una valutazione qualitativa di alcune delle dinamiche osservate sia in chiave personale sia ricavata da contatti con la clientela (sono stati coinvolti 13 alberghi e 20 B&B corrispondenti complessivamente al 46% della ricettività locale in termini di posti letto).
Abbiamo infine provato a “sprovincializzare” le informazioni raccolte mescolandole dentro tendenze più generali ed esorcizzando qualche tabù.
Vi lasciamo con tante domande e poche risposte.
Gli anni del declino e quelli della ripresa
Superata la crisi dei debiti sovrani, che aveva compresso i consumi nazionali incluse le spese per viaggi, il sistema turistico nazionale ha avviato una fase di ripresa.
Come si vede dal grafico 1, nel quadriennio 2015-2018 il movimento turistico ha ricominciato a spingere quasi con eguale intensità sia nelle destinazioni del Centro Nord sia del Mezzogiorno.
Nello stesso quadriennio, tuttavia, mentre le presenze turistiche (il numero di notti trascorse nelle strutture ricettive) sono aumentate in media nel paese di oltre il 3% all’anno, in Abruzzo la crescita media annua è stata piuttosto blanda (0,8%) e nel capoluogo di regione è stata negativa (-1,3%).
A partire dal 2018 si sono manifestati segnali di ripresa ma è ben evidente come, purtroppo, terremoti ed eventi climatici negativi abbiano lasciato il segno: l’Abruzzo è ancora sotto di sedici punti percentuali rispetto al livello di dieci anni fa, L’Aquila di quasi quaranta.
Un’ottima annata?
Nei primi otto mesi di quest’anno vi è stata un’accelerazione ed il periodo estivo ha contribuito in maniera rilevante a questo rilancio, soprattutto nel capoluogo regionale dove le presenze risultano aumentate di quasi l’8% rispetto all’estate 2018 (mesi da giugno ad agosto). In realtà, per L’Aquila il mese di massimo afflusso turistico del 2019 è stato maggio: secondo le stime fatte a quel tempo dagli organizzatori, i Campionati Universitari Nazionali avrebbero portato in città “circa quattro mila persone tra studenti ed accompagnatori”. In effetti, tra il 16 ed il 25 maggio scorsi i dati dell’Osservatorio indicano 3.600 arrivi presso le strutture ricettive della città per un totale di oltre 8 mila presenze.
Al netto di tale episodio, il picco di visitatori si registra nel mese di agosto e, considerando la presenza del più rilevante evento della città, la Perdonanza, è su questo mese che vanno concentrate le attenzioni, più una breve appendice nel mese di settembre. Nel grafico 3 è rappresentata la media degli arrivi giornalieri nel mese di agosto e nella prima settimana di settembre del quadriennio 2015-2018 (considerando gli anni singolarmente il profilo non presenta mutamenti significativi).
In linea generale, la curva disegna un profilo non dissimile da quello di molte altre destinazioni italiane: una prima parte con ampie oscillazioni ma di complessiva stabilità, il momento di picco a cavallo del Ferragosto, la seconda metà del mese con andamento essenzialmente declinante movimentata da qualche rimbalzo. Tali rimbalzi talvolta coincidono con alcuni dei momenti più popolari della Perdonanza, nelle varie edizioni, ma nel complesso i flussi turistici medi giornalieri sono inferiori a quelli della prima parte del mese (anche se si guardano i pernottamenti). Il 2015 segna anche l’avvio dell’iniziativa “Jazz italiano per…” che dall’Aquila si è poi estesa alle “terre del sisma”.
Questi tre micro intervalli sono turisticamente così sintezzabili:
- periodo di Ferragosto (12-18 agosto): 276 arrivi in media al giorno;
- periodo della Perdonanza (23-29 agosto): 208 arrivi in media al giorno;
- periodo del Jazz Italiano (1-6 settembre): 241 arrivi in media al giorno.
Ad agosto 2019 è andata più o meno nello stesso modo. Cambiano i livelli assoluti (gli arrivi di turisti nell’agosto scorso hanno superato quelli del 2018, eccetto il periodo dal 23 al 29) ma il profilo temporale è simile, anzi, la tendenza declinante del dopo Ferragosto sembra più accentuata rispetto agli anni passati. Piccoli rimbalzi negli arrivi si riscontrano in corrispondenza di alcuni specifici eventi della Perdonanza ma il rimbalzo positivo più ampio lo incontriamo il 31 agosto, prima delle due giornate del “Jazz Italiano per le terre del sisma”.
Rispetto all’estate 2018 gli operatori locali hanno indicato un aumento della propria attività per lo più compreso tra “leggero” e “significativo”.
Dunque, i dati disponibili sembrerebbero sostanzialmente confermare le valutazioni qualitative dei responsabili delle strutture.
Si è trattato di un boom? Difficile a dirsi. Quando si viene da anni durissimi è più evidente la risalita, ma non era scontato che si verificasse ed occorre fare di tutto perché si confermi.
Domanda delle cento pistole: chi e perché sceglie L’Aquila come destinazione?
Il “decennale” del sisma del 2009 ha giocato un ruolo nell’orientare le decisioni di vacanza? Innumerevoli servizi giornalistici, reportage, documentari, interviste, riportati da testate nazionali ed internazionali, una fiction, hanno probabilmente acceso la curiosità di visitare una città storica in via di ricostruzione, all’atto di riscoprire se stessa, col favore di una cornice ambientale gradevole, la montagna media e alta a portata di mano, un’altitudine sufficiente a garantire frescura e, se non bastasse, l’ombra rigenerante di un cortile ottocentesco appena restaurato. Nella mente del viaggiatore laziale, toscano, lombardo, anche abruzzese, e statunitense e tedesco, per dire le principali provenienze di agosto, ognuna di queste tessere deve, a un certo punto, essersi combinata con le altre abbozzando una tutto sommato valida motivazione di vacanza. Soprattutto fra coppie o gruppi maturi di visitatori alla ricerca di ambienti accoglienti con comode possibilità di accesso e di prezzi non respingenti, in genere più bassi di altre destinazioni più strettamente montane (come quelle del Parco Nazionale d’Abruzzo, per esempio). Così ci riferiscono gli albergatori.
Ma quello del “decennale” è un effetto destinato a durare? Il turismo della ricorrenza funzionerà ancora l’anno prossimo? Il racconto dell’esperienza vissuta a L’Aquila da parte del turista, in tutte le sue forme (come descrive qui chiaramente il direttore dell’hotel Federico II), accenderà la curiosità di altri verso la nostra città? Anche perché, sempre secondo le testimonianze raccolte dagli operatori, il viaggio a L’Aquila dell’estate scorsa non era connesso a nessun evento specifico, men che meno alla Perdonanza, che praticamente nessuno conosceva. Pochi visitatori arrivano con una qualche conoscenza del patrimonio materiale, del territorio, molti lo scoprono al momento, grazie anche alle indicazioni degli albergatori.
Le ultime edizioni della Perdonanza Celestiniana hanno richiamato decine di migliaia di persone, la sua azione si sviluppa in vari altri momenti dell’anno, è entrata nelle scuole attraverso diversi progetti. Ha promosso la sua candidatura a patrimonio immateriale dell’Unesco ma la sua dimensione vigente è quella di “festa tradizionale della provincia aquilana” (così recitano gli atti di candidatura). E potrebbe bastare così.
L’eventuale ingresso nelle liste dell’Unesco porterà risultati positivi sotto il profilo turistico, genererà economie, incrementerà il capitale sociale, come sostiene buona parte della letteratura sull’argomento, ma non saranno automatici e nemmeno così iperbolici come quelli indicati in precedenti iniziative di candidatura [qui]. A una precisa condizione, tuttavia: eventi di questo tipo, in particolare quelli con radici storiche e tradizionali plurisecolari, per essere riconoscibili e diventare oggetto di attenzione, anche internazionale, devono assicurare caratteristiche di stabilità nel tempo, di linearità, nei contenuti, nella formula, nell’identità di fondo. Devono avere continuità nelle varie edizioni.
Questo dovrebbe valere anche per gli altri appuntamenti di origine locale ma con giusta ambizione nazionale: jazz italiano, festival montagna, per dirne alcuni, senza risentire dell’uggia del momento e anche per evitare la deriva “eventificio”.
È andata così? Questo aspetto critico andrebbe visto positivamente perché apre vere e proprie praterie per chi abbia voglia e lungimiranza di impostare una programmazione aperta ed allettante anche per quelli di fuori oltre che dentro le mura.
L’Aquila è una città certamente interessante dal punto di vista artistico e culturale, è identificabile come una città d’arte, ma se usciamo fuori dai confini nazionali, le cose assumono una prospettiva diversa. Già nel 2017 la società di ricerca tedesca IPK, nel suo World Travel Monitor®, un enorme database che raccoglie informazioni su più del 90% della domanda turistica mondiale, indicava che a livello globale i flussi turistici verso la città per la prima volta avevano superato quelli diretti verso le località balneari. È possibile che il buon risultato del turismo culturale che si rivolge a L’Aquila - al pari di decine di altre città storiche italiane - non stia dentro questa tendenza globale? Che è anche una formidabile tendenza demografica, va ricordato. Se così fosse, questo dovrebbe indurre cambiamenti notevoli nell’atteggiamento degli operatori e degli enti locali che dovrebbero fare di tutto pur di inserirsi in questa grande catena del valore ed intercettarne una sia pur piccolissima parte, farsene nicchia e coltivarla nel tempo.
C’è poi una domanda: fino a che punto la città d’arte riassume in sé l’intera motivazione di viaggio? Uno studio di due anni fa [qui] basato sui dati dell’indagine Eurobarometer (condotta su un campione rappresentativo in ognuno dei 28 paesi UE) indicava che solo la metà dei viaggi in città (quando considerati vacanza principale dell’anno) sono fatti per motivi culturali. Per quanto ricche di opere artistiche le città si visitano per molti e diversi motivi. Allo stesso modo, per quanto la retorica municipale individuale e collettiva continui a celebrare L’Aquila come “la quinta città d’Italia per opere d’arte” i motivi che vi attirano ogni anno migliaia di viaggiatori sono molteplici, mutevoli, si intersecano e si accavallano gli uni con gli altri.
Gli operatori lo sanno bene e ce lo suggeriscono chiaramente anche attraverso le loro risposte, ma ci sarebbe bisogno come il pane di rilevazioni più approfondite e sistematiche per ricostruire in dettaglio l’identikit del visitatore. Perché, diciamoci la verità, di chi viene da queste parti, raccolto in preghiera sul sagrato di Collemaggio o abbracciato raggiante alla croce di vetta del Corno Grande, noi sappiamo meno di niente.
Il turista mordicchia ma non fugge C’è una specie di paura ancestrale verso il turismo mordi-e-fuggi, a causa delle presunte scarse ricadute sull’economia locale. In effetti, anche nel racconto degli operatori, molti turisti considerano L’Aquila un breve interludio nel mezzo di un viaggio verso altre destinazioni, a loro volta breve interludio verso altre destinazioni ancora. Turisti che spesso vengono da lontano “nell’ambito di un viaggio tra nord e sud del paese”.
Ma quale dovrebbe essere la lunghezza minima di un soggiorno per poter essere accettata anche dai più arditi antagonisti del mordi e fuggi? Intanto osserviamo una cosa. Secondo una nota Eurostat del luglio scorso [qui], dal 2015 in poi il 44% degli italiani dai 16 anni in su non può permettersi una vacanza fuori casa di almeno una settimana.
In secondo luogo, se guardiamo al modo in cui il mercato definisce le tipologie di viaggio, il viaggio multidestinazione è al momento uno dei prodotti più ricercati. Ce lo dice, tra le altre, anche una recentissima ricerca della Banca d’Italia sul turismo in Italia [qui]: “La domanda turistica si fa sempre più complessa. I viaggi si configurano sempre più spesso come un insieme di brevi periodi trascorsi in un elevato numero di località…. “.
Con riferimento all’intero 2018 la permanenza media a L’Aquila è stata di 1,8 notti, a Roma 2,2, a Venezia 2,3. Come la mettiamo?
Anche in questo caso si tratterebbe di ampliare la conoscenza. Quali sono gli itinerari più adatti? Ci sono itinerari emergenti? Chi fa lunghi tragitti Nord-Sud e chi non supera mai una certa distanza? Quali sono le attività che hanno appagato di più le aspirazioni del turista? Era tutto scontato e previsto oppure la vacanza è stata un’occasione per fare nuove scoperte?
Come facciamo a costruire, modificare e migliorare la nostra offerta se non attraverso la conoscenza di questi aspetti?
Alberto Bazzucchi CRESA/ISNART (Istituto Nazionale Ricerche Turistiche)