Si è tenuta oggi, presso la sala consiliare Tullio De Rubeis, la conferenza stampa di presentazione del primo di una serie di progetti del FAI (Fondo per l'ambiente italiano) che coinvolgeranno i neo-restaurati palazzi storici aquilani.
Il 12 ed il 13 aprile, le porte del Palazzo Cappa Camponeschi verranno aperte alla cittadinanza per mostrarne il nuovo splendore. Il restauro ed il ripristino del palazzo (costato due milioni ed 800mila euro) è infatti quasi terminato, salvo per le allacciature ai servizi. In occasione dell'iniziativa Fai, il palazzo sarà sede di un'esposizione di cinque quadri, provenienti dalla collezione della Casa Museo Signorini Corsi.
Il capo delegazione FAI dell'Aquila, Andrea Tatafiore, ha ricordato come il FAI abbia dimostrato il suo impegno subito dopo il sisma, con il finanziamento della Fontana delle 99 Cannelle, primo monumento della città recuperato.
"Con questa iniziativa, - ha spiegato - vogliamo dare l'opportunità agli aquilani di conoscere i palazzi aquilani. Grazie all'aiuto dello storico Elpidio Valeri, abbiamo potuto dare anche un contributo formativo all'evento: saranno infatti i giovani ragazzi delle scuole che accompagneranno i cittadini durante la visita".
"Per altro, - conclude Tatafiore - la Casa Museo Signorini Corsi, con la sua collezione, nel pre-sisma non ha avuto un grande ruolo all'interno della città e questa è stata una grande ingiustizia, a cu adesso possiamo porre rimedio".
Il palazzo Signorini Corsi è un palazzo storico situato in via Patini che, dal 1967 viene utilizzato come museo grazie all'affidamento al Comune, da parte dell'allora avvocato Luigi Signorini Corsi, di tutta la collazione di quadri e mobili d'arte. Per il momento ancora inagibile: nel 2010 è stato approvato il progetto che prevede un costo di recupero di 650mila euro.
Presente alla conferenza, anche lo storico Elpidio Valeri che ha sollevato questioni di grande rilevanza. "In passato - ha ricordato - queste cose riguardavano poche persone, vi era un élite culturale che conduceva e godeva dell'arte prodotta, oggi invece c'è la necessita di coinvolgere il maggior numero di persone per distribuire a tutti questo patrimonio immenso che ci rimane".
"Contrariamente a quanto dicono, - ha affermato lo storico - la città è viva; dire che è morta è sbagliato perché significa ammettere l'incapacità di dominare una realtà sì difficile, ma che può essere superata. Noi - ha proseguito - siamo sempre stati esposti ai terremoti: questo territorio è stato 'modellato' dai terremoti ma da sempre i cittadini hanno affrontato da soli le conseguenze della distruzione. Non dobbiamo dimenticarci che è la prima volta nella storia che un'intera città viene rifatta a spese dello Stato".
Lo storico ha poi spiegato ai presenti come Palazzo Cappa Camponeschi sia stato il caposaldo del quartiere di Santa Maria Paganica, quartiere che rivestiva un ruolo dominante nel Trecento.
"All'inizio del secolo, nel 1308, - ha sottolineato- c'era solo la chiesa circondata da orti, giardini e vigneti. A fine Trecento nasce Palazzo Camponeschi, come casa di campagna della famiglia Camponeschi che andava lì in villeggiatura. Per molto tempo resta isolato, e solo nel Seicento vengono costruite altre abitazioni, poi demolite per costruire l'adiacente Palazzo Ardinghelli. Alla fine del Settecento, infine, la famiglia Cappa compra Palazzo Camponeschi, e da allora è sempre stata lì".
A curare e studiare le opere che verranno esposte è stata Paola Carfagnini della direzione regionale dei Beni Culturali. "La selezione delle opere in questione è stata basata su due criteri: un formato ridotto che ne facilitasse l'esposizione e la scelta di autori ed epoche diverse, per esaltare l'eterogeneità della collezioni Signorini. Si tratta di cinque opere, tra cui due tele con soggetti naturalistici dell'artista Carl Ruther e un dipinto su tavola del pittore della scuola senese, Martino di Bartolomeo.
"Per noi questo evento è una grande gioia", ha commentato l'assessora alla cultura Betty Leone.
"Certo - ha ammesso - avremmo potuto essere più veloci in altre condizioni, se avessimo avuto altre condizioni, ma la riappropriazione da parte dei cittadini della propria identità civica, è un segno simbolico di grande valore".
"Si dibatte sempre - continua l'assessora - su la questione pietre e cittadini, cioè se le pietre abbiano una relazione con i cittadini o solo con il turismo e con l'economia. Penso che questo evento testimoni che le pietre sono innanzitutto l'identità di una città e si deve partire dai giovani perché la ricostruiscano e sono utilizzabili poi anche a fini economici, come finestra sul mondo".
"In questa iniziativa, - ha concluso - si parte anche dalla storia di una famiglia aquilana che ha guardato all'arte con un'idea di mecenatismo che all'epoca era molto più spinta che adesso, e alla quale bisognerebbe un po' tornare. Abbiamo di nuovo bisogno di mecenati: il problema è riuscire ad avere mecenati che abbiano il senso del valore pubblico di quello che fanno".