Sabato, 09 Maggio 2020 14:44

Verso una mobilità elettrica e sostenibile (non sono sinonimi)

di  Gabriele Curci *

Colgo l’occasione dell’ottima iniziativa del Comune dell’Aquila riguardante gli incentivi all’acquisto di auto e bici elettriche [qui] per alcuni commenti sulla transizione che il mondo e anche la nostra città si apprestano a vivere con travolgente rapidità nei prossimi (pochi) anni. Transizione che va gestita e disegnata con intelligenza, considerando le molteplici sfaccettature dei problemi sociali ed economici (oltre che ambientali) che si tenta di andare a risolvere.

Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), il 2020 sarà l’anno in cui le emissioni di CO2 subiranno la maggior riduzione della storia industriale, con un balzo negativo superiore alla crisi finanziaria del 2008, alla Seconda Guerra Mondiale e alla Grande Depressione degli anni 1930 [qui].

Quanto di preciso? Si stimano quasi 3 miliardi di tonnellate di CO2 in meno dalla produzione di energia. Si potrebbe pensare che questo sia pressappoco un azzeramento delle emissioni, considerato in relazione al quasi azzeramento dei nostri spostamenti quotidiani. Invece è l’8% in meno rispetto al 2019. Non 80%, non la metà (50%): 'solo' -8%.

Questa riduzione sta sfavorendo l’uso di combustibili fossili (petrolio, gas naturale) e incrementando la richiesta da fonti rinnovabili. Senz’altro i consumi “casalinghi” sono aumentati e quelli da trasporto personale diminuiti (si vedano, ad esempio, i grande-frattellici grafici che Google ha messo a disposizione: qui). Ma il grosso delle emissioni è ancora lì, nonostante le enormi restrizioni, e questo ci dice almeno due cose:

  • una riduzione ambiziosa e consistente delle emissioni di CO2 (es. l’Europa ha delineato un obiettivo di azzeramento al 2050, qui) implica necessariamente un approccio sistemico, che modifichi nel profondo la produzione industriale e le abitudini di consumo finali;
  • i sacrifici individuali possono servire a lanciare un segnale, a indicare un cambio di mentalità, ma non sono risolutivi.

Il passaggio a un impianto produttivo più basato sull’energia elettrica sembra essere una via necessaria per contenere gli effetti delle alterazioni climatiche (si veda ad esempio l’Exponential Road Map, qui). Ma come arrivarci? La produzione e l’acquisto di nuovi mezzi di trasporto elettrici sono senz’altro aspetti importanti che possono aiutare ad andare nella giusta direzione, ma che prese come misure isolate non possono essere efficaci e anzi possono addirittura esasperare i problemi che si propongono di risolvere.

Partiamo dal computo basilare delle emissioni di un veicolo, in termini di emissioni di CO2 a persona (utile a confrontare diverse tipologie di mezzo di trasporto, es. autobus e macchine):

Emissione (grammi CO2 / persona) = Fattore di Emissione (grammi CO2 / km) / numero di passeggeri x chilometri percorsi (km)

Il fattore di emissione è quello che denota la “pulizia” del veicolo, che varia con il tipo di carburante (benzina, diesel, elettrico …) e il tipo di percorso (urbano, autostrada …). Qui, per approfondire. Ad esempio, per un’auto a benzina o GPL è intorno ai 180 gCO2/km, per una diesel o metano 160 gCO2/km, per un’ibrida benzina-elettrica 110 gCO2/km. Per l’alimentazione elettrica quello che conta di più è l’emissione di CO2 dovuta alla produzione di energia per caricare le batterie. Se si considera un fattore di emissione da produzione di energia di 400 gCO2/kWh [qui], un’auto completamente elettrica emette circa 50 gCO2/km, ovvero circa un terzo di un’auto a combustione interna e la metà di un’auto ibrida.

Questo fattore di emissione può essere abbassato se si introducono più fonti rinnovabili, che abbasserebbero il fattore di emissione per la produzione di energia.

Come si può ben vedere dalla formula, ridurre il fattore di emissione non è però l’unico modo di ridurre le emissioni dei veicoli: gli altri due modi sono:

  • aumentare il numero di passeggeri;
  • diminuire il numero di chilometri percorsi.

E qui veniamo al collegamento più diretto con i suddetti fattori sociali ed economici collegati ai trasporti, ovvero a quello che è la “sostenibilità” dei trasporti in senso generale. L’uso praticamente esclusivo dell’automobile privata non solo non permette di ridurre i due ultimi fattori menzionati in modo efficace, ma induce anche altri effetti di “occupazione” delle risorse economiche e territoriali molto sbilanciate. Pensate alle strade e ai quartieri sotto le vostre case: quasi tutto lo spazio è dedicato alle auto, o per parcheggio o per circolazione. Pochissimo è dedicato alle persone (penso soprattutto ai bambini e agli anziani). Ogni volta che ci spostiamo in macchina da soli, occupiamo circa 10-12 m2 per tutto il tempo e questo è un costo non immediatamente apparente, ma che si paga. Ad esempio, in termini di vivibilità dei quartieri che diventano, in definitiva, invivibili. A malapena ci si conosce con i vicini di casa, per non parlare dell’impossibilità dei bambini anche solo a pensare di uscire a tirare due calci al pallone sotto casa, i negozi di prossimità scompaiono in favore dei centri commerciali. Sono cose che non esistono più e questi sono solo esempi dei costi (e dei chilometri) nascosti.

Volendo fare un parallelo, prendere la macchina per tutti gli spostamenti è come pensare di poter mangiare tutti giorni gli hamburger e poi pretendere di non diventare obesi o non avere problemi di salute.

In questo contesto, offro un resoconto spicciolo della mia esperienza triennale di utente di bici elettriche per il traporto urbano. E’ un mezzo vero, alternativo alla macchina. Ha la forma di una bicicletta, ma in realtà è una specie di motorino. Se non l’avete mai provata, fatelo subito, affittandola o facendo un giro con quella di un amico: capirete subito di cosa si tratta, senza tanti giri di parole. Il problema della salita e del sudore scompaiono, ci si può andare in ufficio, a scuola, a fare la spesa, senza alcun pensiero. Resta quello della sicurezza stradale.

Riassumo il concetto con una frase di un mio collega: “la bici elettrica ti fa diventare L’Aquila come Bologna, ma lo stress sono le macchine”.

Ecco quest’ultima frase mette in discussione l’abusato concetto di libertà. La libertà è quella cosa che finisce quando inizia a invadere la libertà degli altri. Le macchine hanno invaso la libertà di tutti, proibendo a tutti gli effetti qualsiasi alternativa.

Quindi il mio plauso va al Comune per l’iniziativa sugli incentivi ed esorto i concittadini ad utilizzarlo con intelligenza e visione: bene l’auto elettrica, ma è un’altra auto in strada e solo parzialmente meno inquinante, nell’immediato futuro. Datevi una possibilità di rinnovamento vero con la bici elettrica, anche più di una a famiglia. Informatevi su quelle prodotte in Italia, ce ne sono di eccezionali. Di auto in famiglia vedrete, ne basterà una sola nella maggior parte dei casi.

E al Comune: parafrasando al contrario Ritorno al Futuro, “abbiamo bisogno di strade”. Strade per tutti, non solo per le macchine. Spazi sotto casa e intorno ai negozi di quartiere non esclusivamente adibiti a parcheggi o transito veicoli, ma con fasce protette per permettere di camminare in tranquillità e sicurezza. Segnaletiche stradali che abituino tutti alla presenza di persone e bici, non solo di auto. Controlli stringenti sul rispetto dei limiti di velocità, soprattutto in prossimità di abitazioni e negozi. Percorsi ciclabili segnalati e ben visibili anche dagli automobilisti.

Di questo abbiamo bisogno per vivere e prosperare meglio, in una città più pulita e accogliente.

*Gabriele Curci

Professore associato

Dip. Scienze Fisiche e Chimiche e CETEMPS

Università degli Studi dell’Aquila

 

Ultima modifica il Sabato, 09 Maggio 2020 16:21

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