Lunedì, 01 Giugno 2020 21:11

Covid, come l'emergenza sta cambiando (in peggio) il nostro modo di pensare

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Il lockdown è finito e la riapertura delle regioni è cosa imminente.

Abbiamo riflettuto molto e sperato che lo stravolgimento sociale ed economico, culturale e psicologico, indotto dalla pandemia ci restituissero, per incanto, un mondo migliore.

Ma l’incanto si sa appartiene alle fiabe e la vita sulla Terra da quando fummo cacciati dal paradiso terrestre e condannati a lavorare con sudore e partorire con dolore, favola non è più. E così sperimentiamo che i tratti più deteriori della nostra società si sono acuiti.

Ad onor del vero non è solo così, ma anche così.

Molte decisioni obtorto collo sono state prese e hanno portato dei miglioramenti, l’uscita dai vincoli economici è stato un obbligo per non morire, un po' di redistribuzione del reddito (sempre troppo poco, diremo in seguito) si è vista, qualche diritto a pochi dei tanti invisibili è stato riconosciuto.

Psicologicamente, l’esperienza clinico-terapeutica ce lo conferma, la chiusura per molte persone è stata un’occasione per trovarsi e ritrovarsi, per avere finalmente del tempo sganciato dalle oppressioni quotidiane, non più un tempo puntillistico ma finalmente tempo liberato da tante incombenze.

Molti genitori hanno avuto la possibilità di osservare i propri figli per ore, e non solo nel dopo scuola accompagnandoli nelle mille attività con le quali opprimiamo i nostri bambini, inseguendo il mito moderno della performance.

Naturalmente questa è una descrizione parziale, in contesti problematici le dis-regolazioni emotive dei più piccoli sono cresciute, genitori soli in appartamento con bambini piccoli hanno vissuto momenti difficili; per altri la privazione della socialità è stata una prova difficile. Tanti sono finiti in difficoltà economica, molti, troppi, e le società vedono di nuovo, ulteriormente crescere le disuguaglianze.

Quello che colpisce però è proprio la rigidità unilaterale che si è manifestata ed inflazionata: se sono stato male quanto vissuto è stato oggettivamente sbagliato, se sono stato bene quanto vissuto è stato oggettivamente giusto. Gli uni sono lontani dagli altri, senza un minimo di empatia e comprensione reciproca.

La società si scinde continuamente su polarità opposte ed estremizzate che più si confrontano più si chiudono ed estremizzano, una vera scissione archetipica che Jung avrebbe notato con preoccupazione e angoscia, la stessa scissione che notò prima dell’avvento del nazismo (Jung era svizzero e molto conosciuto e attivo in Germania).

Ci siamo divisi tra aperturisti e chiusuristi e accusati reciprocamente di assassinio individuale “per colpa tua si diffonde il virus” o collettivo “state uccidendo economicamente una nazione e il suo popolo”; poi tra monopattinisti e anti-monopattinisti e giù con trasmissioni televisive in cui ci si accusava, di nuovo, reciprocamente, di assassinio stradale o ecologico; poi è venuto il turno della movida con esito identico.

La scissione più eclatante, senza la minima comprensione dello spirito dell’altro, in questo caso il legislatore, si è avuta però sul termine “congiunto” e “fidanzato/a”. Si è spaccato il capello in quattro, “per fidanzata si intende anche la ex? E se siamo in crisi? E se ci si vedeva solo da poco? E se ho l’amante?” Questo cavillare infinito che si è riproposto anche in Parlamento, specchio, se possibile, peggiore del cosiddetto paese reale, ha indotto il legislatore a “difendersi” producendo atti pieni di articoli e norme.

Il risultato di questo cavillare è stato una iper-burocratizzazione ulteriore, il contrario di quello che si voleva ottenere. Una vera eterogenesi dei fini. Ognuno si arrocca su una posizione, pronto a fare fuoco sull’altro.

La cosa che stupisce è che l’arroccamento non è su posizioni ideologiche o su differenti visioni del mondo ma su questioni amministrative e di vita quotidiana che richiederebbero solo un po' di equilibrio.

Ma le società frammentate, individualiste, impaurite, affogate nelle diseguaglianze e prive di punti di riferimento sono abitate da individui scissi, che, al pari dei bambini, tendono a dividere tutto in buono e cattivo. E come può una società così regredita cogliere l’occasione per volgere in positivo, in senso evolutivo, l’accadimento pandemico?

Esempi eclatanti di questo irrigidimento unilaterale si sono registrati anche nella nostra piccola città.

Il fatto che L’Aquila sia risultata covid-free, praticando noi il distanziamento fisico e sociale da secoli, ha rappresentato per molti l’occasione per chiuderci ulteriormente nel nostro municipalismo (che come ricorda lo storico Colapietra è qualcosa di più del provincialismo).

L’isolamento da sempre lamentato - soprattutto se la via di uscita sono costosissime grandi opere e mai un potenziamento dei servizi alla persona- rischia di diventare isolazionismo e in un contesto asfittico il dibattito diviene oltre che polarizzato, più che modesto, povero.

E allora assistiamo a richieste di appelli e ordinanze nelle quali chiedere a chi viene da fuori comune di non fermarsi nei ristoranti e, ancor di più, negli alberghi e nei B&B, senza minimamente pensare, dimostrazione di mancanza di empatia e comprensione, che c’è chi vive di questo.

Polemiche infinite per avere l’ospedale covid, aperto invece a Pescara anche con ragioni fondate come numero di abitanti, focolai presenti, economicità e velocità dell’opera da realizzare (tra l’altro la proposta della Reiss-Romoli da trasformare in ospedale era oggettivamente oscena).

La volontà di realizzare l'ospedale all’Aquila è stata resa vana non dalla superbia dell’odiata Pescara ma dall’incomprensibile polemica sulla messa a disposizione temporanea dell’Hotel Cristallo per ospitare i pazienti covid.

Si noti che la polemica sarebbe stata giustificata se basata sull’organizzazione sanitaria e sulla gestione di quel plesso ma non certo se fondata, come è stata, sul colpo mortale inferto al turismo! Ad oggi l’hotel Cristallo è chiuso e il colpo mortale al turismo è tornato ad essere rappresentato dall’odiato Parco del Gran Sasso, al soldo degli ambientalisti pescaresi e questo delirio solipsistico e paranoide è sostenuto da quasi tutti gli amministratori locali.

Il punto più basso è stato toccato però da un post indignato del sindaco, che espone al pubblico ludibrio e ne chiede la gogna, alcuni scriteriati ragazzotti che hanno sdraiato dei paletti di plastica.

A seguire dibattitto con tanto di vittimismo del sindaco che denuncia l’impossibilità della pubblica amministrazione di continuare la manutenzione cittadina a causa del danno arrecato, condito con un po' di deluchismo che tanto va di moda. Sarebbe stato sicuramente più opportuna l’istallazione di un cartello nel quale fare appello al senso civico, da apporre sul luogo, piuttosto che dare un palcoscenico a quel gesto e a suoi autori, che nella società dello spettacolo equivale a rinforzare quel comportamento scellerato. Ma anche il sindaco vive nella società dello spettacolo e la polarizzazione conviene a tutti, al sindaco in cerca di like e ai giovani ragazzotti in cerca di notorietà e identità forte per quanto negativa e le due cose non si escludono anzi si sommano.

Per tornare dal locale al globale, a proposito di polarizzazione non può non essere citato il caos scatenato negli USA dall’ennesima uccisione da parte della polizia di un cittadino afroamericano. Infernale è la scena, di nuovo la società dello spettacolo, che vede la vittima urlare agonizzante e l’assassino in posa disinvolta.

Di fronte a ciò, alle città che bruciano, agli amministratori di Minneapolis che cercano con fatica enorme un punto di equilibrio, l’intervento di Trump che minaccia spari e repressione, senza la minima comprensione della rabbia altrui, ri-polarizza il tutto. Come ultimo esempio come non citare i tentativi dei grandi gruppi industriali di affrontare la crisi non toccando i profitti degli azionisti, utilizzando casse integrazioni, sgravi, licenziamenti e sostegno statale pur di non intaccare il profitto milionario per continuare a vivere in un lusso al di là dell’immaginabile, dove fa glamour ordinare champagne da 1000 euro e lasciarne metà in bottiglia, alla faccia del lavoratore il cui stipendio è di mille euro appunto.

Jung diceva che quando gli opposti si allontanano e si polarizzano troppo allora emerge un elemento nuovo e dirompente, da lui chiamato Simbolo, che nella psiche individuale può manifestarsi sotto forma di sintomo come il panico, l’ansia, la depressione, una qualche forma di dipendenza; nella psiche collettiva questo elemento può avere connotati distruttivi e necrofili come il razzismo, la violenza verso i più deboli, la mancanza di solidarietà e a volte la guerra.

 

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