Anticipato dal singolo Kurt Cobain, è uscito lo scorso febbraio Vol. 3 Il cammino di Santiago in taxi, nuovo album del cantautore calabrese Brunori Sas (al secolo Dario Brunori), una delle più fulgide e talentuose realtà della musica italiana contemporanea.
Già vincitore di un Premio Ciampi e di un Premio Tenco, con all'attivo tre dischi e una lista lunghissima di collaborazioni e progetti paralleli (colonne sonore, featuring ecc.), Brunori Sas suonerà questa sera al SET Action Stage (inizio del concerto ore 23, qui tutte le informazioni sui biglietti e gli orari) con la sua band. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per questa intervista.
Seconda volta all'Aquila, dopo lo spettacolo di qualche anno fa a Piazza D'Arti. Cosa ti ricordi di quella serata? E come sta andando il tour, che risposta stai avendo dal pubblico?
Il tour sta andando in maniera sorprendente. C'eravamo fermati per un anno e mezzo e non sapevamo quale sarebbe stata la reazione al nuovo disco ma devo dire che sta andando tutto benissimo. Abbiamo fatto pienoni un po' ovunque, nelle grandi città ma anche in provincia. Sono positivamente sorpreso. Lo spettacolo che stiamo facendo, musicalmente parlando, è quello che finora mi soddisfa di più. All'Aquila siamo venuti a suonare nel 2012. Fu una serata straordinaria, mi ricordo soprattutto tanta energia positiva. Noi arrivammo con un po' di timore, perché i nostri spettacoli sono sempre un po' ridanciani e festaioli e magari avremmo potuto essere fuori luogo. Invece c'era un desiderio di festa e di allegria che mi rincuorò molto.
Parliamo del tuo ultimo album, Vol. 3 Il cammino di Santiago in taxi. In copertina c'è una tua foto in primo piano, quasi avessi voluto suggerire che, rispetto agli altri due, è un disco maggiormente incentrato su di te e sul tuo lato intimista. E' così?
In parte sì. Il primo disco era un disco molto mio, nasceva come un piccolo romanzetto di formazione, era legato a molti avvenimenti autobiografici. Nel secondo avevo cercato di guardare fuori. Questo qui lo considero una ricerca di un equilibrio tra i due. Mi premeva raccontare delle cose strettamente personali, di vita interiore. Molti brani sono nati da riflessioni che ho fatto nel periodo di stop dal tour precedente. Per quanto riguarda la foto, mi piaceva l'idea di collegare il nuovo disco con il primo, dove invece in copertina c'era la mia faccia da bambino. Qui invece c'è la mia faccia barbuta e uno sguardo tra il dubbioso e lo spaventato.
Una volta erano i cantautori a intitolare i loro album Vol 1, Vol. 2 ecc. Quella di cantautore è un'etichetta che ti va stretta?
Preferisco non avere definizioni, non perché mi senta artista poco definibile ma perché in generale mi piace che ci sia un'attitudine all'ascolto non legata a un'etichetta particolare. Sicuramente in quello che faccio c'è molto della canzone d'autore e sarebbe sciocco da parte mia negarlo. Però il mio intento è quello di essere libero. Ho sempre ascoltato tanta musica diversa e mi piace che ci sia una componente musicale libera dall'idea del cantautorato classico, anche a livello testuale, perché così non sento la responsabilità di dover parlare per forza di determinati argomenti, anche se l'epoca forse lo richiederebbe.
Avete registrato con lo studio mobile di Vinicio Capossela in una chiesa di un ex convento di frati cappuccini. Come mai questa scelta?
Volevo fare un disco fuori dallo studio di registrazione. All'inizio l'idea della chiesa non c'era e non c'erano neanche le canzoni. Desideravo solo che il nuovo disco fosse realizzato non in uno studio sia perché volevo provare un'esperienza nuova sia perché lo studio in qualche modo mi inibisce, perché sento che sto registrando. Volevo un'atmosfera che, in qualche modo, mi facesse dimenticare che eravamo lì a registrare, una situazione libera da legacci di orari. Volevo sentirmi libero, insieme ai ragazzi della band, di andare a suonare quando ne avevo voglia, un po' come se fosse una sala prove. Abbiamo avuto la fortuna di trovare un posto gestito da alcuni miei amici, un ex convento di Cappuccini che ora è un ristorante con camere e salone per convegni ed eventi. Il convento ha una chiesa e ci è stata data l'opportunità di fare tutto lì, di vivere lì per 15 giorni. Una grossa mano ce l'ha data anche il produttore, Taketo Gohara. Ha capito perfettamente quello che volevamo fare, ha catturato il nostro spirito e la nostra attitudine da “buona la prima”. La sensazione che ho avuto alla fine delle registrazioni è stata di un'assenza totale di stress e di pressione.
C'è un brano del disco al quale sei particolarmente legato o che incarna meglio, secondo te, il suo significato complessivo?
Sicuramente Arrivederci tristezza è un pezzo che ha un significato importante però devo dire che una cosa buona di questo disco, rispetto agli altri, è che non c'è una canzone che spicca rispetto alle altre. È un disco abbastanza omogeneo e me ne rendo conto anche dal vivo. È stato concepito come una totalità.
Domani è il Record Store Day. Com'è costituita la tua dieta musicale? Utilizzi siti come Spotify o sei ancora affezionato al vecchio vinile?
Sono molto libero da questo punto di vista. Uso tantissimo Spotify perché è comodo e mi permette di ascoltare tanta roba che magari non conosco ma ho anche tanti vinili. Collego il vinile a una parte della giornata in cui mi prendo del tempo per ascoltare delle cose che mi piacciono, che di solito sono cose vecchie. Non ho un modo di ascolto prediletto. La passione per i vinili comunque è forte. Vol. 3 lo abbiamo stampato anche in vinile e per il Record Store Day usciranno le ristampe, sempre su 33 giri, anche del Vol 1 e 2.