Una formula, quella del festival diffuso, da mantenere; un programma da arricchire con convegni e tavole rotonde; una dimensione internazionale da raggiungere coinvolgendo media e giornalisti stranieri.
Il futuro del “Jazz italiano per le terre del sisma” passa attraverso questi tre punti fermi. A elencarli è Luciano Linzi, direttore artistico – insieme a Ada Montellanico e Simone Graziano - della sesta edizione della manifestazione, che si è chiusa, con successo, domenica.
“Il bilancio è molto positivo, siamo molto felici” afferma Linzi, una delle figure di maggior rilievo nel mondo del jazz italiano, essendo anche direttore della Casa del Jazz di Roma, membro del direttivo dell’associazione I-Jazz e direttore artistico di JazzMI, festival jazz che dal 2016 si svolge a Milano in autunno.
Quella appena archiviata, dice Linzi, malgrado le restrizioni e i limiti imposti dalle norme anti Covid, è stata un’edizione “dove si sono respirati la stessa magia e lo stesso feeling degli anni passati. Non è stato semplice adeguarsi ai protocolli e anzi ringrazio ancora Angelo Valori che si è occupato del coordinamento generale tenendo i rapporti con tutte le istituzioni. Certo le presenze sono state inferiori rispetto alle scorse edizioni ma il pubblico è stato partecipe, accettatando con buon senso e pazienza tutte le procedure e le misure di sicurezza, e i musicisti sono stati contenti di venire o di tornare all’Aquila. Per molti di loro era la prima volta su un palco dopo il lockdown”.
Secondo Linzi, “Jazz italiano per e terre del sisma” ha acquisito ormai una sua fisionomia ben precisa. La formula adottata sin qui – quella della maratona musicale diffusa in più location del centro storico – funziona e non va cambiata: “Questo festival è la più bella vetrina del jazz italiano che sia ma esistita e molta della sua fortuna si basa sul fatto che tutto il centro viene animato con concerti e eventi culturali. Questa è sicuramente una chiave vincente, che andrà mantenuta. Così come andrà conservato il mix di tributo alla storia, attenzione al presente e sguardo al futuro che contraddistingue il programma. Un’altra strada che continueremo a percorrere è quella delle produzioni originali. Quest’anno abbiamo avuto sia quella di Enrico Intra con la big band del conservatorio sia gli omaggi a Gianni Lenoci, Aldo Bassi e Carlo Conti, tutti progetti pensati appositamente ed esclusivamente per L’Aquila”.
Per quanto riguarda il futuro, spiega sempre Linzi, “ci piacerebbe affiancare, al programma musicale, eventi come convegni, tavole rotonde, simposi e workshop rivolti ai tanti operatori musicali che in Italia lavorano nell’ambito della musica jazz. Vogliamo che il festival diventi un punto di riferimento anche per loro. E poi vorremmo dare all’evento un respiro più internazionale coinvolgendo giornalisti musicali stranieri, portare qui critici e esperti e far conoscere loro le meraviglie di questo territorio”.
Intanto, sono stati resi noti i direttori artistici che cureranno l’edizione 2021. Si tratta di Paolo Damiani, violoncellista e contrabbassista, già responsabile del dipartimento jazz del conservatorio Santa Cecilia di Roma; Rita Marcotulli, pianista e compositrice di fama mondiale; Alessandro Fedrigo, bassista e direttore artistico del festival Sile Jazz, manifestazione che da otto anni si svolge nel Trevigiano.