di Gianfranco Giustizieri - Lodevole l'iniziativa del Comune dell’Aquila di posizionare quattro panchine letterarie in punti strategici del capoluogo abruzzese, come richiamo turistico e decoroso arredo urbano.
I brani riportati sulle panchine sono di quattro grandi autori legati al passato della città: Ernest Hemingway, Alda Merini, Carlo Emilio Gadda ed Ignazio Silone.
Panchine eleganti dalla forma che invoglia alla sosta, panchine di lettura che riportano alla memoria brani letti da milioni di lettori, panchine di memoria per illustri penne che hanno onorato la letteratura mondiale, panchine conoscitive per ogni passante. La speranza è di un rispetto dovuto, di una attenzione lunga nel tempo, di una inviolabilità perenne da imbratti osceni.
Ma, purtroppo c’è sempre un ma; una sospensione, una riflessione dovuta, un pensiero per chi conosce la storia letteraria di questa città e un richiamo per chi sembra disconoscerla o addirittura dimenticarla.
Forse i nostri Amministratori sono troppo giovani o non hanno nel loro bagaglio culturale un nome che si dovrebbe ricordare, un nome che ha onorato la letteratura italiana del ‘900, un nome conosciuto oltre confine, un nome le cui opere sono ancora studiate, tradotte, un nome a cui recentemente è stato dedicato un Convegno nazionale proprio nella sua città.
Quel nome è Laudomia Bonanni (L’Aquila 1907 – Roma 2002). Diciassette opere letterarie, oltre 1260 elzeviri apparsi sui maggiori quotidiani e riviste, racconti disseminati in pubblicazioni varie, una molteplicità di premi nazionali, una continua attenzione da parte dei critici letterari più importanti, riconoscimenti da Montale, Bellonci, de Céspedes, Giannessi, Eco, etc., un elenco infinito, e poi in primo piano l’amore per la sua città, L’Aquila, le cui tracce sono nei romanzi e negli scritti.
L’Aquila dei vicoli e dei palazzi, L’Aquila delle chiese e dei monumenti, L’Aquila della gente e della memoria, L’Aquila “biscottata dal sole dei secoli che ancora serba la sua faccia autentica”!
Peccato, veramente peccato per una trascuratezza marcata, per una dimenticanza che sembra voluta.