Lunedì, 06 Giugno 2022 13:23

Tavola rotonda su famiglia e natalità e apertura di un Centro Aiuto alla Vita, Fuori Genere: "I nostri corpi non sono la vostra propaganda"

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Il 26 maggio al Palazzetto dei Nobili si è tenuta una tavola rotonda su “Famiglia e Natalità” alla quale sono intervenuti Lorenzo Malagola, della Fondazione De Gasperi, e Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia.

"Questo genere di iniziative - denuncia l'associazione Fuori Genere - non fanno altro che sottolineare quanto tutte le persone che promuovono e perseguono determinati obiettivi siano profondamente lontane dalla realtà del nostro territorio e da chi lo abita. Viviamo in un paese in cui i dati sulla disparità retributiva, sulla disoccupazione femminile, sulle molestie e sulle violenze subite nei luoghi di lavoro sono allarmanti: la differenza nel tasso di occupazione delle donne si aggira intorno al 50% (contro il 68% degli uomini), il tasso scende ulteriormente per le madri, con il più basso livello di occupazione in Ue (Eurostat 2022); il 31,5% delle donne, poi, ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale e sono ben un milione e 404 mila le donne che hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro (Istat 2022)".

Insomma, prima di parlare di procreazione, natalità e assistenza alla maternità ci si dovrebbe interrogare su problemi che urgentemente andrebbero risolti:

  • "ogni stato membro dell’UE dovrebbe garantire posti in asili nido o servizi per la prima infanzia ad almeno il 33% dei bambini sotto i tre anni: l’Abruzzo ha una copertura del servizio inferiore di circa tre punti sulla media nazionale. All’interno della regione, inoltre, il dato si riduce ulteriormente nelle province di L’Aquila e Pescara (dati Openpolis 2022);
  • ci sono gravi carenze di personale denunciate in questo mese in molti reparti di Ginecologia e Ostetricia della Regione. Nell’ospedale di Avezzano, ad esempio, dovrebbero esserci 14 ostetriche: ce ne sono invece solo 8;
  • in Abruzzo non c’è alcuna certezza sui fondi per il sostegno a centri anti violenza e alle case rifugio. A mesi di distanza dalle determinazioni dei dipartimenti competenti, i soldi non sono ancora a disposizione di associazioni e cooperative che si occupano quotidianamente delle donne che subiscono maltrattamenti. Questa è una situazione di precarietà non più tollerabile; la percentuale degli obiettori di coscienza negli ospedali pubblici è altissima, e in piena linea con quella nazionale;
  • in Abruzzo l'80% dei medici è obiettore;
  • il numero dei consultori è basso se rapportato al numero delle persone che ne ha bisogno; inoltre la maggior parte dei consultori sono privati e non gratuiti, oppure cattolici".

A fronte di questi dati allarmanti, l'affondo di Fuori Genere, "ci chiediamo cosa intendano queste persone quando dicono di occuparsi della vita e della famiglia, di sostenerne la crescita e lo sviluppo. Ci chiediamo cosa comporti, secondo loro, scegliere di avere dei figli e delle figlie laddove persistono delle questioni prioritarie da risolvere e che non possono più essere ignorate".

Appena qualche giorno dopo della tavola rotonda, è comparsa sui giornali la notizia della prossima apertura di una sede operativa del Centro Aiuto alla Vita (Cav) Ospedale Buzzi, già attivo su scala nazionale, per sostenere come si legge nel testo “le donne in difficoltà a causa di una gravidanza inattesa o indesiderata, seguendole fino al parto e nel periodo di prima infanzia del neonato, e per prevenire e contrastare maltrattamenti e violenze domestiche, sostenere la famiglia nel disagio sociale, nella relazione di coppia: conflittualità genitoriale intermediazione e assistenza, tutela dei minori”.

"Troviamo che promuovere uno spazio che contemporaneamente si pone come obiettivi quello di occuparsi di gravidanze inattese e percorsi di fuoriuscita dalla violenza nonché di sostegno alle relazioni di coppia, sia spaventoso oltre che non utile per la vita delle persone coinvolte. Una donna che si rivolge ad un CAV - Centro Anti Violenza, cerca un luogo in cui trovare riposo e iniziare a ricostruirsi passo dopo passo. Per fare questo, ha bisogno di operatrici formate, di psicologhe, di avvocate, di un sostegno a tutto tondo in un percorso personalizzato di fuoriuscita dalla violenza, basato sull’autodeterminazione e senza limiti di tempo".

Sono inaccettabili quindi, per modalità e contenuti, le scelte fatte per la promozione di questo progetto: "è a dir poco bizzarro e fuorviante l’utilizzo dell’acronimo CAV (Centro Aiuto alla Vita) che risulta identico a quello dei CAV (Centri Anti Violenza), così come è fuorviante l’auto-attribuzione dello stesso ruolo, se consideriamo che nella mission del Centro Aiuto alla Vita sparisce una colonna portante del testo di legge che regolamenta i Centri Anti Violenza, ovvero quella sulla “tutela della salute della donna”, che è la finalità primaria della normativa nazionale".

Cosa significa dunque per un’associazione femminista e transfemminista occuparsi della vita delle donne e delle soggettività con utero, delle famiglie, dei figli e delle figlie, delle persone tuttə? "Significa chiedere politiche a sostegno della maternità e della genitorialità condivisa, dunque l’estensione incondizionata delle indennità - di maternità, di paternità e parentale - a tutte le tipologie contrattuali. Significa pretendere il finanziamento e il potenziamento dei servizi pubblici per l’infanzia, nonché l’accesso universale agli stessi; significa pretendere il rafforzamento dei servizi e delle infrastrutture a sostegno delle donne disabili e delle politiche reali che non lascino la cura dei familiari e delle persone anziane 'naturalmente' solo alle donne. Significa in sostanza occuparsi di qualcosa che riguarda la società tutta, affinché ogni persona che ne fa parte possa esserne salvaguardata e anche prendersene cura".

"Chiediamo al Sindaco di una città che è stata ed è ancora il più grande cantiere d’Europa la costruzione di nuove infrastrutture sociali - conclude Fuori Genere - capaci di liberare i nostri tempi di vita invece di costringerci una volta di più tra le mura domestiche; la garanzia del diritto all’abitare, sempre più urgente dal momento che le condizioni di precarietà lavorativa rappresentano un forte ostacolo alla conquista di una soluzione abitativa stabile e dignitosa per le donne e per le soggettività più vulnerabili. Non ci riconosciamo in politiche salva-coscienze che strumentalizzano la vita delle donne e delle altre soggettività, con il falso e ignobile obiettivo di salvarle, utilizzandole di fatto solo per finanziare progetti vuoti nelle pratiche e pieni di tanta retorica. Faremo tutto quanto in nostro potere per far sì che questo non accada! I nostri corpi non sono la vostra propaganda".

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