Mercoledì, 11 Gennaio 2023 16:20

La questione iraniana raccontata da un iraniano

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Chiedono cose semplici come diritti civili e libertà culturali. Sono richieste semplici, ma hanno una potenza incredibile, una potenza che riduce piano piano il potere degli Ayatollah. La protesta dei giovani iraniani sta accendendo il fuoco del dibattito politico internazionale. Una partita aperta. Gli Ayatollah tentano di far fronte al grande Satana dell’Occidente ma i giovani iraniani combatteranno sui social media, nelle piazze e nelle sedi politiche internazionali. I diritti umani sono intoccabili ad Est come ad Ovest.

La protesta monta sempre di più e questo rende difficile al regime capire come agiranno i manifestanti e come si stanno organizzando. La protesta si è allargata anche a livello territoriale perché si è passati dalle piccole città del Kurdistan fino a tante altre città dell’Iran. Abbiamo fatto qualche domanda a Esmail Mohades,un ingegnere che si è laureato all’Università dell’Aquila ed è autore di importanti studi sulle migrazioni e sulla società iraniana. Ha pubblicato diversi libri.

C'è stata un'evoluzione nelle varie manifestazioni di protesta in Iran?

In un certo senso sì. Ricordiamo che la rivolta, che ormai possiamo dire maturata in una vera e propria rivoluzione, è scoppiata il 16 settembre 2022 in seguito all’uccisione di Mahsa Amini, la ragazza 22enne curda iraniana. Dopo le prime settimane dove i giovani, soprattutto le ragazze con un coraggio esemplare, con lo slogan “Donna, Vita, Libertà” hanno sfidato lo spietato regime teocratico, ora dopo quattro mesi la protesta si è radicalizzata. Lo slogano che più risuona in tutte le 281 città dove dilaga la rivolta è “ Morte a Khamenei! Morte al dittatore!”. I manifestanti chiedono senza se e senza ma il rovesciamento del regime dittatoriale al potere in Iran dal 1979. I manifestanti ora, rispetto all’inizio delle proteste, sono più decisi e motivati e soprattutto più organizzati nel proseguire verso l’obiettivo che è il rovesciamento del regime.

Ci sono spazi di organizzazione e dibattito per i manifestanti?

Il regime al potere in Iran è totalitario, non ammette nessun tipo di dissidenza né sociale né politica. Dopo pochi giorni dall’insediamento, febbraio 1979, ha imposto il velo obbligatorio alle donne; ha tolto un diritto elementare e simbolico alle donne, come ammonimento di comportamento per tutta la società. Dal 1981 fino al 1985 il regime per consolidare il potere dittatoriale ha dovuto fucilare oltre 40 mila persone. Nell’estate dell’88, alla fine della guerra Iran-Iraq, in poche settimane ha impiccato almeno 30 mila prigionieri politici, per bloccare la dissidenza. Per un lungo periodo si è parlato in Occidente di un balletto di posizioni in Iran tra “oltranzisti” e “riformisti” dialettica del tutto inesistente ed inventata. In Iran non c’è alcuno spazio per il dibattito. Non a caso parte una rivoluzione la cui causa è la drammatica uccisione di una ragazza, per una ciocca di capelli ribelli.

In questa rivoluzione sembra non esserci un leader, è un vantaggio o un punto debole?

Sostenere che la rivoluzione in atto in Iran non abbia leader non risponde al vero. Non si può attuare una rivolta che dura 120 giorni senza pause contro un regime spietato e armato fino ai denti. In Iran ci sono 17 servizi d’intelligence che sorvegliano, prevengono e reprimono la dissidenza. È vero non c’è un leader di Palazzo, come nel 1979 quando i giochi internazionali hanno costruito la leadership dell’ayatollah Khomeini da imporre su una magnifica rivoluzione democratica di popolo. In Iran ci sono le Unità di resistenza che sono ramificate nella società e alimentano e guidano la rivolta, naturalmente nel rigido regime militarizzato sono sotto traccia. La leadership agisce nelle piazze, nelle strade dell’Iran e il regime stesso nelle accuse che lancia per demonizzare conferma nei fatti la loro esistenza. Nella società contemporanea, e quella iraniana ne ha tutte le caratteristiche, è tramontata da molto tempo l’idea che il cambiamento sia generato dal leader carismatico la cui immagine e parola muova le masse.

Le istanze delle donne sono state il cuore della protesta. La loro figura è ancora centrale?

La rivoluzione iraniana è sicuramente femminile, con le sue istanze profondamente democratiche e di liberazione. Ecco perché si rigetta un ritorno della monarchia, che in Iran è stata dittatoriale, ecco perché gli uomini partecipano massicciamente. D’altronde se dovessimo indicare il regime iraniano con una sola parola lo definiremmo “misogino”. Perciò è naturale che la rivola sia guidata dalle donne. Detto questo, bisogna ammirare il coraggio delle giovani o meno giovani donne iraniane che con una consapevolezza senza precedenti lottano per rivendicare i loro diritti e i diritti degli altri. Credo che il mondo dovrà imparare qualcosa dalla rivoluzione femminile in atto in Iran.

È una protesta nuova rispetto a quelle passate, quali sono le differenze?

La novità di questa ondata di protesta è che tutti i ceti della società e tutte le etnie del Paese vi partecipano. L’altra novità è che tutti chiedono all’unisono il rovesciamento del regime, con tutte le sue bande. Insomma il regime, all’ultimo stadio della sua esistenza, tenta inutilmente sebbene con la ferocia di sempre a salvarsi. Vi è un ulteriore elemento di novità che la rivoluzione è per la democrazia e nessuno la potrà deviare, come in passato. Un altro slogan fortemente indicativo che percorre il Paese è “Morte all’oppressore, sia mullà sia sciah!”. Nei palazzi delle cancellerie occidentali non dispiacerebbe poter costruire un’alternativa “ammodo” per sostituire l’attuale regime. Tralasciando il ricolo concetto di esportazione della democrazia, la vera domanda è: l’Occidente vuole davvero la democrazia in Iran, sopporterebbe un Iran democratico?

Il governo iraniano sta reprimendo brutalmente soprattutto le minoranze come curdi e baluci. È una strategia o un segno di debolezza degli Ayatollah?

È vero il regime iraniano con i pasdaran ha provocato e represso molto fortemente due regioni di confine, per strumentalizzare la loro reazione come i tentativi di separatismo. Ma ha avuto una ferma risposta di coesione che inorgoglisce ogni patriota. L’Iran è un Paese molto variegato composto da diverse minoranze etniche e religiose, ma tutti amano profondamente il loro Paese. Non a caso l’Iran detiene una storia e una civiltà millenaria.

Qual è il ruolo dei pasdaran in questa situazione?

Il Corpo dei pasdaran, Corpo delle guardie della rivoluzione islamica, come si evince dal suo nome è una milizia che ha il compito di tutelare la rivoluzione islamica. Come si evince dal nome in cui non appare la parola Iran, il ruolo dei pasdaran è la difesa e l’esportazione dell’integralismo islamico. Dopo la fine della guerra con l’Iraq, pian piano queste milizie armate sono penetrate nella sfera economica ed ora hanno in mano oltre il 56% dell’economia del Paese. Quindi questa forza di repressione difende sostanzialmente i propri interessi che sono tutt’uno con la sopravvivenza del regime teocratico.

Fermo restando la censura feroce qual è la sua opinione su quello che viene riportato dai media occidentali?

Buona parte dei mass media dei Paesi liberi e democratici hanno sposato felicemente la politica di appeasement delle cancellerie occidentali. Hanno partecipato a diffondere la propaganda spacciata dalle stanze buie del regime, rendendola di volta in volta appetibile ai loro lettori – e non mancano esempi in tal senso neanche in questi giorni drammatici per l’Iran -. Hanno taciuto su quarant’anni di sofferenza di un intero popolo e dato alito ai vacui e inesistenti progetti di “riformismo” e “moderatismo” in seno al disumano regime teocratico di Teheran. I mass media occidentali non hanno mai effettuato un’autocritica sull’inganno che hanno avuto sul personaggio Khomeini e sul suo ruolo nella rivoluzione del 1979. Ma ciò che oggi umilia di più e che questi sedicenti esperti della questione iraniana continuano a voler insegnare agli iraniani ciò che loro stessi non sanno.

Ultima modifica il Mercoledì, 11 Gennaio 2023 16:50

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