Riceviamo e volentieri pubblichiamo, un intervento del prof. Enrico Perilli, sulle vicende relative alla guerra in atto, tra Russia e Ucraina. Il prof. Perilli insegna Psicologia all'Università dell'Aquila, attualmente ricopre anche la carica di Presidente Regionale dell'Ordine dei Psicologi ed è stato consigliere comunale, nella nostra città, per tre consiliature.
L'Ucraina è un paese devastato: si contano ormai milioni di profughi interni o rifugiati all’estero, per milioni di cittadini rimasti in patria la vita è difficilissima, senza elettricità, senza riscaldamento e in molti casi anche senza acqua e senza lavoro.
I morti civili sono migliaia, i soldati uccisi in battaglia superano i centomila per quanto non siano mai stati ufficialmente comunicati dati credibili dal governo ucraino che, al contrario, quotidianamente aggiorna il macabro bollettino dei morti russi; l’osservatorio Analisi Difesa stima che solo a Soledar potrebbero essere deceduti 10/12000 soldati ucraini e complessivamente nella battaglia di Bakhmut oltre 25000,il 60% delle infrastrutture strategiche e primarie è distrutto, il bilancio economico è sostanzialmente in default, il 20% del territorio, le zone più produttive e il quasi totale accesso al mare, è in mano ai russi, la burocrazia di stato ampiamente corrotta, da sempre.
Questa è la fotografia di una immane tragedia. Sforzandoci di utilizzare nell’analisi non solo le categorie morali che, evidentemente, pongono la Russia come un paese guerrafondaio e spietato ormai da quando Putin ne è leader incontrastato: la Georgia, la Cecenia, la Siria, sono paesi in cui l’esercito russo ha combattuto per anni con ferocia e crudeltà, ma adoperando categorie politiche che si fondano sul principio di realtà e di opportunità dovremmo comprendere che l’attuale strategia NATO di sostenere l’Ucraina rifornendola di armi e soldi a fondo perduto, condannerà quel paese a scomparire.
È evidente che l’esercito ucraino non potrà ricacciare la Russia dal Donbass e dalla Crimea, non avendone la forza e se ciò dovesse accadere spingerebbe l’armata russa all’ uso di armi nucleari. Rischio quotidianamente ripetuto dal Cremlino “una potenza nucleare non può perdere una guerra”, e chiaro anche agli USA che “ballano” sulla “linea rossa” da non oltrepassare. La Russia oltre ad essere attualmente una potenza nucleare, ha una storia imperiale secolare, “la Terza Roma”, e nella guerra in corso sta difendendo anche e principalmente il suo posto nel mondo e nella storia.
Tutto ciò dovrebbe indurci a introdurre la diplomazia e non i carri armati. Al contrario, inviamo mostruose quantità di armi, che stanno finendo e finiranno sempre di più nelle mani della criminalità organizzata e delle organizzazioni terroristiche, basandoci sulla strategia dell’illusionismo, cioè ribaltando la verità di fronte all’osservatore, incentivandolo a guardare altrove, con trucchi e bugie, mentre la violenta e cruda realtà è sotto gli occhi.
Nulla, in questo momento, è più illusorio della comunicazione: Putin è malato terminale, Putin sta per essere rovesciato, il popolo russo sta per rivoltarsi, l’esercito russo ha terminato gli armamenti, i coscritti non arriveranno mai al fronte, la Russia è isolata dal mondo. Questi sono alcuni dei temi ripetuti sotto forma di mantra quotidiano per indurre il convincimento nelle opinioni pubbliche occidentali che la guerra sta per finire con la sconfitta della Russia, giustamente punita. Sorvolando sulle enormi responsabilità occidentali è del tutto evidente che siamo di fronte ad un rullo propagandistico perennemente in azione, ultimo esempio la notizia che 50 carri armati in primavera risolveranno il conflitto.
Al contrario, ci sono fatti ai quali non diamo l’importanza dovuta e che meriterebbero, come le visite del presidente di Confindustria, al seguito del ministro di turno, nella devastata ucraina che lasciano il posto alle dichiarazioni del direttore del Messaggero, una delle testate più impegnate nell’illusionismo comunicativo, che candidamente sostiene che dobbiamo fornire armi per poi avere il diritto di sedere alla realizzazione del Piano Marshall per la ricostruzione. Questo dovrebbe porci un tema etico e invece la discussione, sempre mantenuta su questo piano, improvvisamente scivola su quello di realtà e opportunità. L’uccisione di Dugina, la figlia del filosofo/consigliere di Putin, in Russia, in un attentato, difficile da attribuire solo al servizio segreto ucraino.
L’incidente aereo nel quale è rimasto mortalmente coinvolto tutto il vertice del Ministero dell’Interno ucraino a qualche ora dagli arresti per corruzione di alti dirigenti ministeriali. Su questi e tante altri fatti dovrebbe centrarsi l’attenzione dei cronisti ed analisti che invece preferiscono notizie, per lo più false, sulla guerra al fronte.
La Repubblica in pochi giorni ha dato la notizia della conquista da parte ucraina di Kreminna, mai avvenuta, e del consumo di droghe da parte dei militari russi, accusa curiosamente speculare a quella della propaganda russa che definisce Zeleski il “tossicodipendente di Kiev”. Probabilmente la guerra durerà ancora a lungo, la Russia e la Cina si stanno attrezzando su tempi lunghi, atteggiamento tipico di quelle culture che hanno modalità di essere al mondo meno centrate sul “qui ed ora” e sull’individualismo e più centrate su una visione a lungo, termine spesso imposta dallo Stato.
Guerra che sta ferendo profondamente anche il tessuto sociale russo, milioni di russi hanno parenti in Ucraina e nei confronti dell’Ucraina sentimenti ambivalenti e complessi. Il destino di quel paese, ad oggi, appare segnato: la parte orientale finirà nella Federazione Russa e nella sfera di influenza russa, la parte occidentale nella NATO e nel blocco sovranista (vedesi l’apologia per la figura di Bandera) dei paesi ex-URSS capeggiati dalla Polonia.
E l’Italia? L’Italia con un po’ di coraggio in più e con una classe politica di altra statura avrebbe potuto giocare il ruolo che ora sta rivestendo la Turchia, mediazione, diplomazia e tutela dei propri interessi, tra l’altro, ruolo e funzioni storicamente appartenute al nostro paese. Il governo Draghi, voluto fortemente da chi in occidente preparava questa guerra da anni, ha immediatamente collocato il nostro paese in una posizione di totale sottomissione, al contrario di Francia e Germania che, a fasi alterne, mostrano iniziative autonome.
Non stupisce che il PD, partito esclusivamente di governo, si sia acconciato in questa inerzia, stupisce e un po’ dispiace, invece, ascoltare intellettuali raffinati come Cuperlo pronunciare frasi superficiali e banali che neanche Mughini… Andando avanti così, l’Ucraina smetterà di esistere, il carnefice sarà Putin ma quelli che dovevano aiutarla le hanno inferto il colpo fatale, in attesa del Piano Marshall per la ricostruzione, con buona pace dei milioni di ucraini finiti nel cinico tritacarne della storia.