Si è tenuta ieri, al Gran Sasso Science Institute (Gssi), la presentazione del film "Luciana Castellina, comunista", un ritratto sincero ed appassionato realizzato dal regista Daniele Segre. L'iniziativa chiamata non a caso "una testimonianza di generazione" ha visto, dopo la proiezione del film, l'incontro con Luciana Castellina e con Segre, coordinato dal Comitato territoriale Arci L'Aquila.
La sala del Gssi si è riempita e tra i presenti c'erano anche diversi giovani che hanno azzardato delle domande. Forse in molti saranno stati spinti dalla curiosità, oltre che da un certo senso di ammirazione ma il ritratto che fa Segre non mira affatto a sacralizzare la figura di Castellina piuttosto a raccontarla. Certo, dalla sua storia emerge una vita straordinaria, piena di viaggi, attivismo politico e senso di 'libertà di fare' a cui in fondo tutti aspiriamo.
Già, perché Luciana Castellina ha avuto una carriera non solo da politico ma anche da giornalista - a causa della pubblicazione della rivista Il Manifesto verrà radiata dal partito per molti anni - e da scrittrice. Nella sua infanzia però il sentimento antifascista era ancora qualcosa di poco diffuso, relegato solo a chi era in galera ed in esilio. Le condizioni agiate di famiglia la facevano rientrare a pieno titolo in quella che allora avrebbero chiamato "borghesia". Un'etichetta che, insieme a quella di donna, ha dovuto lavorare a lungo per lavarsi via, come a dimostrare di meritarsi ciò che insieme agli altri compagni stava costruendo.
'Compagni' e 'comunisti' risuona oggi come qualcosa di arcaico e ormai lontano, e forse lo è, ma ciò che è certo è che la storia del nostro Paese è stata segnata da personaggi che credevano fermamente in quegli ideali. Oggi è tutto diverso, lo sappiamo. Lei stessa ha affermato: "I vecchi partiti non li ricostruiremo più per come sono stati ma la loro sostanza sì". Per sostanza, Castellina intende la coesione tra uguaglianza e libertà, un binomio che nella storia fatica a stare insieme e che invece, con il comunismo, appunto, si voleva realizzare.
Sentire parlare di uguaglianza e libertà è piuttosto strano. In molti crediamo di vivere in una società egualitaria, altri sono fermamente convinti che così non sarà mai ed ad altri, semplicemente, non importa. Effettivamente se si guarda a quegli anni e ad oggi, la differenza che salta all'occhio è l'eclissarsi della partecipazione. Castellina dice che si tratta di una partecipazione che si esprime "a suono di tweet". Ci sono da considerare però molti aspetti e cioè che il mondo dei social network è diventato un canale della politica e che poter commentare un post del presidente del consiglio può darci l'illusione di 'dire la nostra'. Accontentarsi di questo, però, è l'errore più grande che si possa fare. Certamente, come per noi non è facile comprendere la generazione di Castellina, per lei può forse essere difficile capire come la partecipazione "virtuale" a volte possa fare il suo corso ed unire in qualche modo le persone. Siamo d'accordo però che un commento su Facebook non potrà mai sostituire la minuziosa quanto impegnativa impresa di mettersi a ragionare intorno ad un tavolo.
Quanto alla sfiducia nella politica, secondo Castellina, "c'è perché non c'è più la politica, non perché ce n'è troppa. La politica è quando si hanno a disposizione degli strumenti per poter realmente incidere sulla vita delle persone, invece ormai tutto è deciso dal capitale finanziario, tutte le decisioni sono state privatizzate. Bisogna r-impadronirsi delle decisioni".
Come fare, anche per la Castellina, resta un dilemma. Anche se credo che avallare questa tesi per cui la politica non ha più potere decisionale possa spingere ad un maggiore disinteresse. Se è vero che noi cittadini saremo sempre preda dell'andamento dei mercati, è pur vero che tutti i giorni vengono deliberate leggi che magari riguardano proprio il nostro caso personale ma di cui non vogliamo essere a conoscenza. Basta guardare ciò che avviene a livello locale per rendercene conto. Credere di essere impotenti di fronte ad ogni problema è ciò che ci rende veramente tali.
Insomma, di fronte al susseguirsi di foto, articoli e racconti di Luciana Castellina il rischio è che si cada nella nostalgia, senza altre prospettive. Nel lavoro di Segre - ultimo di una serie di ritratti delle più importanti personalità culturali italiane - emerge invece la volontà di portare avanti un cinema che abbia una "utilità pubblica".
"Mi sembrava ovvio - ha dichiarato a NewsTown Daniele Segre - trattenere nella mia memoria ed offrire alla memoria di tutti la storia di queste personalità che ho avuto la fortuna di incontrare. Ognuna nel suo campo ha dato molto alla cultura italiana".
"Non lo faccio per soldi, - ha aggiunto - lo faccio perché ci credo e voglio dare un contributo al mio Paese per crescere anche attraverso la cultura ed il cinema".
"Per me - ha concluso Segre - presentare questo film qui a L'Aquila ha un significato molto importante. Con L'Aquila ho iniziato un rapporto come direttore didattico del Centro Sperimentale di Cinematografia Abruzzo e questo è il mio primo incontro pubblico con la città. E' anche l'occasione per iniziare un rapporto con la città nelle vesti di regista, che è una cosa bellissima".