Eutanasia legale: un tema scomodo, spinoso nel nostro paese. Eutanasia è una parola tabù, un argomento da evitare se possibile. Eppure è un problema sociale, una realtà che riguarda tanti di noi, che sfiora le corde della nostra sensibilità come nel dicembre scorso, quando Mario Monicelli si è suicidato gettandosi dal quinto piano del reparto di urologia dell’Ospedale San Giovanni di Roma. Aveva da tempo un cancro alla prostata in fase terminale. Come lui, ogni anno, sono un migliaio i malati che, non potendo ottenere l’eutanasia, scelgono il suicidio. Il grande regista, qualche tempo prima di andarsene, aveva spronato gli aquilani: “dovete avere il coraggio non di restaurarla, ma di ricostruirla la città”, aveva detto. “Siete aquilani, porca miseria, siete abruzzesi: e fatelo no!”. Un invito appassionato a riprendersi la città così come lui, qualche tempo dopo, si sarebbe ripreso la libertà strappata via dalla malattia.
La libertà di scelta, che vuol dire decidere di vivere e anche di morire. Stamane, al Ridotto del Teatro comunale, si è parlato proprio di questo: del diritto ad una vita libera.
Un incontro per discutere, riflettere, e presentare la proposta di legge di iniziativa popolare per legalizzare l’eutanasia promossa dall’associazione Luca Coscioni con l’adesione dei Radicali italiani, dell’Uaar (Unione atei e agnostici razionalisti), di Exit Italia e degli Amici di Eleonora Onlus.
C’erano Liana Moca dell’Uaar provinciale, Mario Di Gregorio, docente in storia della scienza e delle tecniche, Roberto Di Masci dei Radicali d’Abruzzo, Sandro Francavilla, docente universitario di endocrinologia e Mina Welby, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni e, da anni, volto della battaglia per l’eutanasia legale nel nostro paese. L’ultimo gesto d’amore, parafrasando il titolo del suo ultimo libro, verso il marito Piergiorgio che, nel 2006, smosse le coscienze degli italiani battendosi per il suo diritto all’autodeterminazione.
Una battaglia che da allora non si è mai interrotta: ben più della metà degli italiani, a leggere le rilevazioni statistiche diffuse in questi anni, sarebbero a favore dell’eutanasia legale. Vorrebbero poter scegliere, in determinate condizioni, una morte opportuna invece che imposta nella sofferenza. I vertici dei partiti e la stampa nazionale, però, preferiscono non parlarne: niente si dice su come si muore in Italia, niente si dice sulle legislazioni vigenti negli altri paesi europei.
Ad oggi, nel nostro paese, chi aiuta un malato terminale a morire rischia fino a 12 anni e il diritto costituzionale a non essere sottoposti a trattamenti sanitari contro la nostra volontà è troppo spesso violato. La conseguenza è il rafforzamento della piaga dell'eutanasia clandestina che dell'accanimento terapeutico.
Se si vuole davvero cambiare le cose, bisogna darsi da fare: è per questo che, stamane, da L’Aquila, si è voluto ribadire l’invito a sostenere la legge di iniziativa popolare. Servono 50mila firme entro settembre per poterla presentare e costringere, finalmente, il Parlamento a discuterla.
Qui, invece, le Istruzioni per firmare e raccogliere le firme.